41
da Storia sociale dell’arte di Arnold Hauser Storia dell’arte Einaudi 1

Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

da Storia socialedell’arte

di Arnold Hauser

Storia dell’arte Einaudi 1

Page 2: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

Edizione di riferimento:Arnold Hauser, Storia sociale dell’arte. Volume quar-to. Arte moderna e contemporanea, trad. it. di AnnaBovero, Einaudi, Torino 1955, 1956 e 1987Titolo originale:Sozialgeschichte der Kunst und Literatur, C. H. Beck,München

Storia dell’arte Einaudi 2

Page 3: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

arte moderna e contemporanea

Capitolo quinto

Nel segno del film

Il «Novecento» comincia dopo la prima guerra mon-diale, cioè fra il 1920 e il 1930, come l’«Ottocento» eracominciato solo con il 1830. La guerra incide sull’evo-luzione, in quanto spinge a una scelta fra possibilitàdiverse. Le tre tendenze principali nell’arte del nuovosecolo hanno tutte dei precedenti ottocenteschi: il cubi-smo in Cézanne e nei neoclassici, l’espressionismo inVan Gogh e in Strindberg, il surrealismo in Rimbaud eLautréamont. Questa continuità nell’evoluzione artisti-ca corrisponde al persistere delle stesse condizioni eco-nomiche e sociali. Il Sombart limita a centocin-quant’anni l’età aurea del grande capitalismo e la con-sidera conclusa con lo scoppio della guerra mondiale.Anzi, nel fenomeno dei cartelli e dei trusts degli anni1895-1914 egli scorge un fenomeno di senilità del siste-ma e un indizio di crisi imminente. Ma prima del 1914soltanto i socialisti parlano di crollo; gli ambienti bor-ghesi sono consci del pericolo socialista, ma non credo-no alle «interne contraddizioni» dell’economia capitali-stica né all’irreparabilità delle sue crisi occasionali. Difronte a queste non si pensa a una crisi del sistema. Que-sto atteggiamento sostanzialmente fiducioso dura perfi-no nei primi anni del dopoguerra e, se si prescinde daquel ceto medio che deve lottare con tremende diffi-

Storia dell’arte Einaudi 3

Page 4: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

coltà, lo stato d’animo della borghesia non è disperato.La vera crisi economica s’inizia nel 1929 con il crackamericano che prepara la fine della congiuntura bellicae postbellica e rivela chiaramente le conseguenze dellamancanza di un regolamento internazionale della pro-duzione e della distribuzione.

Ora a un tratto si sente parlare dappertutto di crisidel capitalismo, di fallimento del liberismo e dellasocietà liberale, di catastrofe imminente e di minacciarivoluzionaria. La storia del quarto decennio è la storiadi un periodo di critica sociale, di realismo e di attivi-smo; le posizioni politiche si fanno piú radicali, e ci siva persuadendo che può giovare soltanto una soluzioneradicale, o, in altri termini, che i partiti di centro hannofatto il loro tempo. Ma piú di tutti la borghesia è con-sapevole della propria crisi e nei suoi circoli si parla dicontinuo della fine dell’epoca borghese. Fascismo e bol-scevismo concordano nel considerare il borghese uncadavere vivente e nel volgersi con la stessa intransi-genza contro il principio liberale e parlamentare. Gliintellettuali in gran parte si affiancano ai governi auto-ritari, chiedono ordine, disciplina, dittatura, si entu-siasmano per una nuova Chiesa, una nuova scolastica,un nuovo bizantinismo. Per gli intellettuali snervati esconcertati dal vitalismo di Nietzsche e di Bergson, ilfascismo è attraente, perché offre il miraggio di valoriassoluti, saldi, indiscutibili, e la speranza di liberarsi dalfardello della responsabilità che razionalismo e indivi-dualismo sempre comportano. Dal comunismo invecel’intellettuale si ripromette un piú immediato contattocon larghi strati del popolo e la fine del suo isolamen-to sociale.

In questa condizione precaria i portavoce della bor-ghesia liberale non sanno far di meglio che accentuare itratti comuni del fascismo e del bolscevismo, compro-mettendo l’uno e l’altro. Essi mettono in rilievo l’im-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 4

Page 5: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

pudente realismo proprio di entrambi, e indicano nellosfrenato predominio della tecnocrazia la comune radicedi quelle forme organizzative e politiche1. Trascurano abella posta le differenze ideologiche tra i vari regimiautoritari e li presentano come pure «tecniche», cioècome campo d’azione esclusivo del funzionario di par-tito, dell’amministratore politico, dell’ingegnere dellamacchina sociale, insomma del «dirigente», del manager.C’è senza dubbio una certa analogia tra le varie formedi regolamentazione sociale, e, se si parte dal puro fattodel tecnicismo e dell’uniformità ad esso inerente, c’èpersino analogia fra Russia e America2. Nessun appara-to statale può oggi rinunziare del tutto ai «dirigenti».Essi esercitano il potere politico in nome di masse piúo meno grandi, come ai tecnici tocca guidar fabbriche eagli artisti dipingere o scrivere. Ma il problema è sem-pre e solo questo: nell’interesse di chi viene esercitatoquesto potere? Non c’è potente al mondo che oggi osiconfessare di non mirare unicamente al bene del popo-lo. Da questo punto di vista noi ci troviamo effettiva-mente in una società di massa e in una democrazia dimassa. In ogni caso, le masse partecipano alla vita poli-tica almeno nella misura dello sforzo che occorre fare pertrarle in errore.

Nulla è piú tipico dell’attuale filosofia della culturadel fatto che si attribuiscano l’inaridimento e l’esterio-rità della cultura moderna a questa «rivolta dellemasse»3, che viene avversata in nome dello spirito e del-l’anima. Allo spiritualismo, per lo piú alquanto confu-so, che sta alla radice di questa filosofia aderiscono quasisenza distinzione gli estremisti di destra e di sinistra.Spesso le due parti intendono con ciò cose affatto diver-se e conducono la loro battaglia contro la brutale visio-ne meccanicistica, gli uni avversando il positivismo, glialtri il capitalismo. Tuttavia fin verso il 1930 gli intel-lettuali si dividono nei due campi in modo molto ine-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 5

Page 6: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

guale. La maggioranza è consciamente o inconsciamen-te reazionaria e, affascinata dalle idee di Bergson,Barrès, Charles Maurras, Ortega y Gasset, Chesterton,Spengler, Keyserling, Klages e cosí via, apre la strada alfascismo. Il «nuovo Medioevo», la «nuova cristianità»,la «nuova Europa» sono il vecchio mondo romanticodella reazione; e la «rivoluzione nella scienza», la mobi-litazione dello «spirito» contro il meccanicismo e ildeterminismo scientifico non sono che «l’inizio dellagrande reazione mondiale contro l’indirizzo democrati-co e sociale»4 dell’illuminismo.

In quest’epoca della «democrazia di massa» si cercadi dare una nobiltà alle proprie pretese ed esigenze innome di gruppi sempre piú vasti, e a Hitler riesce per-sino il tiro di nobilitare la stragrande maggioranza delsuo popolo. Questo nuovo «modo democratico di sta-bilire un’aristocrazia» comincia contrapponendo l’Oc-cidente all’Oriente, all’Asia e alla Russia. Occidente eOriente vengono contrapposti come ordine e caos, auto-rità e anarchia, stabilità e sovvertimento, razionalismodisciplinato e sfrenato misticismo5; e l’Europa del dopo-guerra, affascinata dalla letteratura russa, viene messa inguardia contro il caos, a cui essa paga il suo tributo conil culto di Dostoevskij e il «karamazovismo»6. Al tempodi De Vogüé la Russia e la sua letteratura non eranoancora «asiatiche», anzi rappresentavano il genuino cri-stianesimo da proporre a modello all’Occidente pagano.Certo, allora in Russia c’era ancora lo zar. Del resto, inuovi crociati non credono piú di poter salvare l’Occi-dente e vestono la loro disperata visione politica di unpessimismo universale sulle sorti della civiltà. Sono riso-luti a seppellire tutta la civiltà occidentale insieme conle loro speranze politiche e, veri eredi del decadentismo,ammettono il «tramonto dell’Occidente».

La grande ondata reazionaria del secolo provoca incampo artistico il rifiuto dell’impressionismo: fatto que-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 6

Page 7: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

sto che rappresenta nella storia dell’arte una svolta, unacesura in certo senso piú profonda di ogni altra verifi-catasi nello sviluppo stilistico dal Rinascimento in poi,dato che quelle avevano lasciato ogni volta sostanzial-mente intatta la tradizione del naturalismo. Un’oscilla-zione pendolare tra formalismo e antiformalismo c’erasempre stata, ma dopo la fine del Medioevo mai si eramesso in dubbio che fosse compito dell’arte attingerefedelmente la propria verità dalla natura e dalla vita. Inquesto senso l’impressionismo rappresentò veramenteun punto d’arrivo, la conclusione di un processo duratopiú di quattro secoli. Soltanto l’arte postimpressionisti-ca rinuncia per principio ad ogni illusione realistica edesprime il suo senso della vita attraverso la deformazio-ne consapevole degli oggetti naturali. Cubismo, costrut-tivismo, futurismo, espressionismo, dadaismo e surrea-lismo con eguale risolutezza rifiutano il naturalismo,cioè l’atteggiamento di consenso verso la realtà che erastato dell’impressionismo. Ma questa evoluzione è pre-parata dallo stesso impressionismo: esso non perseguivainfatti una rappresentazione integratrice della realtà, néstabiliva un confronto tra il soggetto e la totalità di unmondo obiettivo; anzi aveva segnato l’inizio di quelprocesso che si è chiamato «annessione» della realtà permezzo dell’arte7. Il postimpressionismo non può piúconsiderarsi in nessun modo riproduzione della natura;il suo rapporto con essa consiste unicamente nel violen-tarla. Al massimo si può parlare di una specie di natu-ralismo magico, della produzione di oggetti che esisto-no accanto alla realtà, ma non vogliono sostituirla. Difronte alle opere di Braque, Chagall, Rouault, Picasso,Henri Rousseau, Klee, nonostante tutte le loro diffe-renze, ci pare sempre di trovarci in un altro mondo, inun soprammondo che, per quanti tratti esibisca dellarealtà consueta, rappresenta un modo d’essere che la tra-scende ed è con essa incompatibile.

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 7

Page 8: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

Ma l’arte moderna si oppone all’impressionismoanche per un altro aspetto: perché è «brutta» per prin-cipio e rinunzia all’armonia e alla bellezza cromaticadell’impressionismo. Nella pittura essa distrugge i valo-ri «pittorici», nella poesia il sentimento e la perfezionedell’immagine, nella musica la melodia e la tonalità.Essa è una fuga angosciosa di fronte a ogni cosa gradi-ta e piacevole, puramente decorativa e seducente. GiàDebussy contrappone al sentimento dei romantici tede-schi il tono freddo e la nuda struttura armonica, e conStrawinsky, Schönberg e Hindemith l’antiromanticismoarriva ad un «antiespressivo» che rinnega ogni legamecon la musica del sensitivo Ottocento. Il poeta, il pit-tore, il musicista vogliono attingere dall’intelletto, nondal sentimento; si accentua cosí ora la purezza dellastruttura, ora l’estasi di una passione metafisica, ma adogni costo si vuole sfuggire al compiaciuto estetismo del-l’età impressionistica. Già l’impressionismo era consa-pevole della situazione di crisi dell’estetismo moderno,ma soltanto l’arte successiva ne sottolinea l’aspetto grot-tesco e insincero. D’onde la lotta contro ogni senti-mento voluttuoso, edonistico, e lo squallore, l’oppres-sione, il tormento di Picasso, Kafka e Joyce. L’avver-sione al sensualismo dell’arte precedente, il desiderio didissolvere il mondo illusorio vanno tant’oltre da rifiu-tarne anche i mezzi espressivi e, come Rimbaud, ci sivorrebbe creare un proprio linguaggio artistico. Schön-berg inventa il sistema dodecafonico; e giustamente èstato detto che, in ogni suo quadro, Picasso sembravoler riscoprire l’arte della pittura.

La lotta sistematica contro i mezzi espressivi con-venzionali, e quindi la dissoluzione della tradizione arti-stica ottocentesca, s’inizia nel 1916 con il dadaismo, cheè un fenomeno di guerra, una protesta contro la civiltàche ha condotto alla guerra, cioè una forma di disfatti-smo8. Il senso di tutto il movimento sta nell’opposizio-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 8

Page 9: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

ne alle forme già pronte, alle frasi stereotipe, comode,ma inefficaci perché tanto logore da falsare l’oggettorappresentato e distruggere la spontaneità dell’espres-sione. Il dadaismo, che in ciò concorda perfettamentecon il surrealismo, si sforza di giungere all’espressioneimmediata, è quindi un movimento essenzialmenteromantico. Suo bersaglio è quell’insincerità formale dicui già Goethe era conscio e che aveva dato l’impulsodecisivo alla rivoluzione romantica. Da allora tutta l’e-voluzione letteraria era stata una contesa con le formetradizionali e convenzionali della lingua, cosí che la sto-ria della letteratura del secolo scorso si può considera-re, almeno fino a un certo segno, storia di un rinnova-mento linguistico. Ma l’Ottocento non fa che cercare unequilibrio tra il vecchio e il nuovo, tra i modelli tradi-zionali e la spontaneità dell’individuo; il dadaismo inve-ce esige l’annullamento dei modi correnti e abusati.Esso vuole un linguaggio interamente spontaneo e cosífonda la sua estetica su una contraddizione. Infatti,come farsi intendere – né il surrealismo vi rinunzia –negando e distruggendo ogni mezzo adeguato? Il criti-co francese Jean Paulhan distingue due categorie di scrit-tori a seconda dei loro rapporti con la lingua9. Quelli chetendono a distruggerla, cioè romantici, simbolisti e sur-realisti, che vorrebbero escluderne del tutto il luogocomune, le forme convenzionali, stereotipe, e per scan-sare questi pericoli si rifugiano nell’ispirazione pura,vergine, primitiva, costoro Paulhan li chiama «terrori-sti». Essi lottano contro ogni solidificazione e cristal-lizzazione della viva, fluida, intima vita dello spirito,contro tutto ciò che si esteriorizza come istituzione,cioè contro ogni cultura. Paulhan li ricollega a Bergson,e nel loro sforzo di preservare l’immediatezza e l’origi-nalità dell’esperienza interiore vede l’influsso dell’in-tuizionismo e della teoria dell’élan vital. Gli scrittori del-l’altro campo, quelli cioè che sanno benissimo che luo-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 9

Page 10: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

ghi comuni e forme stereotipe sono il prezzo da pagareper farsi intendere, e che la letteratura è comunicazio-ne e quindi lingua, tradizione, forma «logora» e perciòstesso chiara e immediatamente comprensibile, egli lichiama gli eloquenti, i «retori». Ritiene che la loro posi-zione sia l’unica possibile, perché l’applicazione coe-rente del «terrore» in letteratura significherebbe il silen-zio assoluto, il suicidio intellettuale, da cui i surrealistipossono salvarsi soltanto ingannando continuamente sestessi. Infatti non c’è convenzione piú rigida e angustadella dottrina surrealista, né pratica d’arte piú monoto-na e scipita di quella dei surrealisti intransigenti. La«scrittura automatica» è assai meno elastica di quellaguidata dalla ragione e dal senso critico, e l’inconscio –o ciò che di esso portiamo alla luce del giorno – è moltopiú povero e semplice della coscienza. Ma nella storiadell’arte dadaismo e surrealismo non tanto valgono perle opere dei loro esponenti ufficiali, quanto come denun-cia del vicolo cieco in cui si trovava la letteratura allafine del simbolismo, della sterilità di una convenzioneletteraria ormai avulsa dalla vita10. Per Mallarmé e i sim-bolisti qualunque cosa venisse loro in mente, era espres-sione del loro intimo essere; era una fede mistica nella«magia della parola» che li rendeva poeti. Per dadaistie surrealisti è dubbio che l’uomo possa esprimere qual-cosa di obiettivo, esteriore, formale, razionalmenteorganizzato; e, ancor piú, è dubbio che tale espressioneabbia in se stessa un valore. Essi pensano che è «inam-missibile che un uomo lasci traccia di sé»11. Cosí al nichi-lismo della cultura estetizzante se ne sostituisce un altroche mette in dubbio non solo l’arte, ma tutta la condi-zione umana. Infatti, come dice il manifesto dei dadai-sti, «misurato col metro dell’eterno, è futile ogni agireumano»12.

Ma la tradizione di Mallarmé non s’interrompe. I«retori» André Gide, Paul Valéry, T. S. Eliot e forse

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 10

Page 11: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

l’ultimo Rilke, nonostante l’affinità col surrealismo, con-tinuano la tendenza simbolistica. Sono i rappresentantidi un’arte formale ardua e squisita, i fedeli della «magiadella parola», e la loro poesia nasce dallo spirito della lin-gua, della letteratura, della tradizione. L’Ulysses diJoyce, e The Waste Land* di T. S. Eliot sono del 1922,e vi risuonano le due note fondamentali della nuova let-teratura: l’opera di Joyce si muove nell’ambito dell’e-spressionismo e del surrealismo, quella di Eliot nel-l’ambito del simbolismo e del formalismo. In comunehanno la posizione intellettualistica, ma mentre in Eliotl’elemento decisivo è l’«esperienza culturale», in Joyceè l’«esperienza originale». La distinzione di questi con-cetti viene da Friedrich Gundolf che li usa nell’intro-duzione al suo libro su Goethe, esprimendo cosí unoschema tipico del suo tempo13. Nell’esperienza cultura-le l’ispirazione scaturisce dalla cultura storica, dalla tra-dizione intellettuale, dal patrimonio ideale e formaledella letteratura; nell’esperienza originale, direttamen-te dai fatti della vita e dai problemi dell’esistenza. PerT. S. Eliot e Paul Valéry il principio è sempre un pen-siero, un’idea, un problema; per Joyce e Kafka, un’e-sperienza irrazionale, una visione, un’immagine metafi-sico-mitologica. La distinzione concettuale di Gundolfrileva una dicotomia in tutto il campo dell’arte nuova.Cubismo e costruttivismo da un lato, espressionismo esurrealismo dall’altro, rappresentano rispettivamentetendenze al rigorismo formale e alla distruzione dellaforma, che per la prima volta vengono a contrapporsicon tanta asprezza. La situazione è tanto piú singolare,in quanto i due stili opposti rivelano le piú strane com-mistioni e combinazioni, sí che spesso si ha l’impressio-ne di un dissidio intimo piuttosto che di due tendenzein gara. Picasso, che riunisce in sé nel modo piú imme-diato le varie correnti stilistiche, è oggi l’artista piú rap-presentativo. Ma non si è detto ancora tutto quando lo

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 11

Page 12: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

si definisce un eclettico e lo si caratterizza come un«maestro del pastiche»14, quando si afferma ch’egli vuolsolo mostrare in qual misura possegga le regole dell’ar-te, contro le quali si rivolta15, e lo si paragona a Strawin-sky ricordando come anche questi avvicendi i proprimodelli e per la musica moderna «valorizzi» ora Bach,ora Pergolesi, e poi di nuovo Ωajkovskij16. L’eclettismodi Picasso significa la distruzione cosciente e premedi-tata dell’unità della persona; le sue imitazioni sono pro-teste contro il culto dell’originalità; la sua deformazio-ne della realtà, che cerca sempre nuove forme, solo perdimostrarne con piú evidenza l’arbitrio, vuole anzitut-to suffragare la tesi che «natura e arte sono due cosecompletamente diverse». Picasso si fa giocoliere, pre-stigiatore, parodista per opporsi alla concezione roman-tica con la sua «voce interiore», il suo «cosí e non altri-menti», l’orgogliosa autodeificazione dell’artista. E nonsolo egli rinnega il romanticismo, ma anche il Rinasci-mento, che al romanticismo in certo modo apre la viacon il concetto di genio e l’idea di unità nell’opera enello stile. Egli rompe completamente con l’individua-lismo e il soggettivismo, rinunzia interamente all’artecome espressione inconfondibile della personalità. Lesue opere sono annotazioni e commenti alla realtà; nonpretendono di valere come immagine del mondo e deltutto, sintesi ed epitome dell’esistenza. Con l’uso indi-scriminato dei diversi stili, Picasso compromette i mezziespressivi dell’arte in maniera radicale, come i surreali-sti con la loro rinunzia alle forme tradizionali.

Il nuovo secolo è pieno di contrasti cosí profondi el’unità della sua visione è cosí minacciata, che il princi-pale, spesso l’unico tema dell’arte diventa la congiun-zione degli estremi, la sintesi delle massime contraddi-zioni. Il surrealismo che all’inizio, come osserva AndréBreton, s’imperniava esclusivamente sul problema dellinguaggio, cioè dell’espressione poetica, e che, come noi

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 12

Page 13: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

diremmo con Paulhan, voleva farsi comprendere senzai mezzi adeguati, si sviluppò in un’arte che fondava lasua visione sulla natura paradossale di ogni forma, sul-l’assurdità di tutta l’esistenza. Il dadaismo, dalla dispe-razione per tutte le forme culturali, giungeva ad invo-care l’annientamento dell’arte e il ritorno al caos, spin-gendo all’estremo il romanticismo di Rousseau. Il sur-realismo, che integra il metodo del dadaismo con la«scrittura automatica»17 già con questo esprime la fedeche dal caos – cioè dall’inconscio, dall’irrazionale, dalsogno, dalle regioni incontrollate dell’anima – nasca unanuova conoscenza, una nuova verità, una nuova arte. Isurrealisti sperano la salvezza dell’arte – che essi ripu-diano in quanto tale, proprio come i dadaisti, ammet-tendola solo come semplice veicolo di una conoscenzairrazionale – dal tuffo nell’inconscio, nel prerazionale,nel caos. Se essi adottano il metodo psicanalitico del-l’associazione libera, cioè dello sviluppo automatico deipensieri, delle idee e della loro riproduzione senz’alcu-na censura razionale, morale, estetica18, è perché credo-no di aver trovato cosí una ricetta per restaurare labuona, vecchia ispirazione romantica. Finiscono cosìper tornare alla razionalizzazione dell’irrazionale e almetodo imposto alla spontaneità. Si tratta però di unmetodo incomparabilmente piú pedante, dogmatico erigido di quello propriamente artistico, nel quale l’irra-zionale e l’intuitivo è dominato attraverso l’intelligen-za artistica, il gusto e la critica e, invece di un ciecoabbandono, prevale la riflessione. Quanto piú fecondodella ricetta surrealista era il procedimento di Proustche, ponendosi in uno stato di sonnambulismo non tur-bato da alcuna inibizione, si abbandonava alla correntedei ricordi e delle associazioni con la passività ipnoticadi un medium19, ma nello stesso tempo sapeva conser-vare un suo rigore di pensiero e sapeva condurre la crea-zione artistica con la piú alta consapevolezza20. Freud

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 13

Page 14: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

stesso par che abbia penetrato il trucco del surrealismo.Poco prima di morire, egli disse a Salvador Dalì, che glifece una visita a Londra: «Quel che m’interessa nellaSua arte non è l’inconscio, ma la coscienza»21. E certa-mente voleva dire: «M’interessa non la simulata para-noia, ma il metodo della simulazione».

L’esperienza fondamentale dei surrealisti è la sco-perta di una «seconda realtà» inscindibilmente amalga-mata alla realtà comune, empirica, ma pur cosí diversache noi possiamo parlarne solo per via di negazione edimostrarne l’esistenza attraverso le fessure, le lacunedella nostra esperienza. Questo dualismo trova la suaespressione piú chiara nelle opere di Kafka e di Joyceche, pur senza alcun diretto rapporto con il surrealismo,sono surrealisti in senso lato, come del resto la maggiorparte degli artisti d’avanguardia del nostro secolo. Ed èquesta stessa scoperta che permette al surrealismo dicogliere quel che è proprio del sogno e di fare della suaambigua realtà il proprio ideale artistico. Il sogno diven-ta per esso il paradigma della sua immagine del mondo,in cui reale e irreale, logica e fantasia, volgarità e subli-me costituiscono un’indissolubile e inspiegabile unità.Ma lo scrupoloso naturalismo dei particolari e l’innatu-rale arbitrio dei rapporti, che il surrealismo deriva dalsogno, non solo ci dànno il senso di una vita su due pianidistinti, in due sfere diverse, ma suggeriscono che que-ste regioni dell’essere sono cosí compenetrate che l’unanon può venire subordinata22 né contrapposta all’altra23.

Il dualismo dell’essere non è certo un’idea nuova e lacoincidentia oppositorum ci è nota già dalla filosofia diNicolò Cusano e di Giordano Bruno; ma il duplicesenso, il doppio fondo dell’esistenza, l’insidia, la sedu-zione che per l’intelletto umano si cela in ogni singolofenomeno della realtà non furono mai cosí intensamen-te sentiti. Solo il manierismo aveva messo in luce cosícruda il contrasto tra concreto e astratto, senso e spiri-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 14

Page 15: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

to, sogno e veglia. E al manierismo riporta anche l’insi-stenza dell’arte moderna, non tanto sulla coincidenzadegli opposti, quanto sul carattere fantastico di questacoincidenza. L’acuto contrasto fra la riproduzione foto-graficamente esatta dei particolari e la gran confusionedei loro raggruppamenti, che si riscontra, per esempio,in un Dalì, corrisponde, pur su un piano molto inferio-re, alla predilezione per il paradosso del dramma elisa-bettiano e della lirica dei «poeti metafisici» del Seicen-to. Ma tra lo stile di Kafka e di Joyce, in cui una prosaassai sobria e spesso addirittura comune va insieme allapiú delicata trasparenza dell’idea, e quello dei poetimanieristici del Cinque e Seicento la differenza di livel-lo non è piú cosí grande. In un caso come nell’altro ilvero soggetto è l’assurdità della vita, che risulta tantopiú sorprendente e impressionante quanto piú realisticisono gli elementi dell’insieme che è essenzialmente fan-tastico. La macchina da cucire e l’ombrello sul tavoloanatomico, la carogna dell’asino sul pianoforte, o il nudofemminile che si può aprire come un cassettone, insom-ma tutte le forme di giustapposizione e simultaneità incui vengono costretti il non simultaneo e l’inconciliabi-le, esprimono unicamente il desiderio di introdurre,certo in modo assai paradossale, unità e concatenazionenel nostro mondo disgregato. S’impadronisce dell’arteuna vera mania della totalità24. Pare che ogni cosa sipossa collegare con qualsiasi altra, che ognuna possaesprimere anche qualcosa di diverso da se stessa e inclu-da in sé la legge del tutto. Con ciò è connesso in certomodo anche lo svilimento dell’uomo, il cosiddetto «disu-manarsi» dell’arte. In un mondo in cui tutto è signifi-cativo o tutto equivalente l’uomo perde la sua premi-nenza e la psicologia la sua autorità.

La crisi del romanzo psicologico è forse il fenomenopiú spiccato della nuova letteratura. Le opere di Kafkae di Joyce non sono piú psicologiche nel senso in cui lo

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 15

Page 16: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

erano i grandi romanzi del secolo scorso. Alla psicologiaKafka sostituisce una specie di mitologia; e in Joyce l’a-nalisi del particolare è sí psicologicamente corretta, allostesso modo che i particolari di un dipinto surrealistasono naturalisticamente ineccepibili, ma manca un eroein cui la rappresentazione trovi il suo centro psicologi-co, e manca anche una sfera psicologica, come realtà asé nella totalità della vita. Veramente già con Proust ilromanzo comincia a perdere il suo carattere psicologi-co25: con lui, che è il piú grande maestro dell’analisi delsentimento e del pensiero, il romanzo psicologico toccai suoi fastigi, ma nello stesso tempo ha inizio la disinte-grazione della psiche come particolare entità. In quan-to, cioè, tutta la realtà diventa contenuto della coscien-za, e le cose acquistano il loro significato unicamentenell’esperienza psichica, non si può piú parlare di psi-cologia com’è intesa in Stendhal, Balzac, Flaubert,George Eliot, Tolstoj o Dostoevskij. Nel romanzo del-l’Ottocento anima e carattere si contrappongono comepolo opposto al mondo e alla realtà, e la psicologia nonè se non il rapporto antitetico tra soggetto e oggetto, ioe non-io, intimità e mondo esterno. Ora il dominio ditale psicologia cessa con Proust. A lui non importa piútanto caratterizzare la singola personalità – bench’eglisia un appassionato ritrattista e caricaturista – quantoanalizzare il meccanismo psichico in sé. L’opera sua èuna summa non solo nel senso corrente, in quanto ci dàuna rappresentazione completa della società moderna,ma anche perché descrive tutto l’apparato psichico del-l’uomo moderno: inclinazioni, impulsi, talenti, automa-tismi, comportamenti razionali e irrazionali. L’Ulysses diJoyce è la diretta continuazione del romanzo proustia-no; qui si tratta letteralmente di un’enciclopedia dellamoderna cultura occidentale, cosí com’essa si riflette neltessuto dei motivi di cui è fatto un giorno della vita diuna metropoli. Questo giorno è il vero eroe del roman-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 16

Page 17: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

zo. Dopo aver rinunciato alla trama, il romanzo moder-no ora rinuncia anche al protagonista. Invece del fluiredegli eventi, Joyce descrive il fluire dei pensieri e delleassociazioni; invece del singolo eroe, il flusso dellacoscienza, un interminabile, continuo monologo inte-riore. Dovunque si insiste sulla continuità del movi-mento, sul «continuum eterogeneo», sull’immagine calei-doscopica di un mondo disintegrato. Del concetto berg-soniano del tempo si dà una nuova interpretazione, chene costituisce insieme un affinamento e una deviazione.Ormai si insiste soprattutto sulla simultaneità dei con-tenuti della coscienza, sull’immanenza del passato nelpresente per l’individuo, come per la razza e l’umanità,sul costante confluire dei diversi tempi, sul fluidoamorfo dell’esperienza interiore, sulla mancanza di spon-de lungo il fiume del tempo da cui l’anima è portata,sulla relatività di spazio e tempo, cioè l’impossibilità didistinguere e definire in quale mezzo il soggetto simuova. In questa nuova concezione del tempo concor-rono si può dire tutti i fili della trama che dà sostanzaall’arte moderna: l’abolizione del contenuto nell’arte, ladiseroicizzazione della letteratura, la distruzione dellapsicologia nel romanzo, la «scrittura automatica» delsurrealismo e, soprattutto, la tecnica del montaggio e lacommistione di spazio e tempo nel film. Infatti il nuovoconcetto del tempo, il cui tratto fondamentale è la simul-taneità e la cui essenza sta nella spazializzazione deltempo, in nessun’altra forma si esprime con tanta effi-cacia come in questa arte recentissima, coetanea dellaconcezione bergsoniana. La consonanza fra i mezzi tec-nici del film e le caratteristiche del nuovo concetto deltempo è cosí perfetta, che si è portati a pensare i moditemporali dell’arte moderna come nati dallo spirito dellaforma cinematografica e a vedere nel film la forma d’ar-te tipica dell’attuale momento storico, anche se non lapiú valida sul piano estetico.

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 17

Page 18: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

Sotto molti rapporti, il teatro è il mezzo artistico piúsimile al film; anzi, l’unico veramente simile, per l’u-nione di forme spaziali e temporali ch’esso realizza. Maquel che si svolge sulla scena è in parte spaziale, in partetemporale; di regola, anzi, si tratta di elementi spazialie temporali, ma non mai di elementi spazio-temporali,come nel film. Il quale si distingue dalle altre arti essen-zialmente perché nella sua visione del mondo spazio etempo si confondono: il primo assumendo un caratterequasi temporale, il secondo un carattere in certo gradospaziale. Nell’arte figurativa, come del resto anche sullascena, lo spazio è e rimane statico, immobile e immuta-to, senza meta né direzione; noi siamo liberissimi dimuoverci in esso, perché è omogeneo in ogni sua partee nessuna presuppone temporalmente le altre. In questospazio le fasi del movimento non sono stadi, gradi suc-cessivi di sviluppo, la loro progressione è del tutto libe-ra. Il tempo della composizione letteraria – soprattuttodel dramma – ha invece una direzione determinata, unalinea di sviluppo, uno scopo obiettivo, indipendentedall’esperienza temporale dello spettatore; non è unsemplice recipiente, ma una successione ordinata. Ilcarattere e la funzione che spazio e tempo presentanonel dramma mutano radicalmente nel film. Lo spazioperde il suo carattere statico, la sua inerte passività perfarsi dinamico; nasce, per cosí dire, davanti ai nostriocchi. È fluido, illimitato, aperto, un elemento che hala sua storia, i suoi momenti, le sue tappe, i suoi stadiirripetibili. L’omogeneo spazio fisico assume cosí lecaratteristiche del tempo storico composto di elementieterogenei. Le singole fasi del movimento infatti nonsono piú della stessa specie, né le singole porzioni dellospazio di ugual valore; certe posizioni vengono cosí adassumere una qualificazione particolare: alcune assumo-no nello sviluppo dell’esperienza spaziale una certa prio-rità, altre rappresentano il culmine dell’esperienza stes-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 18

Page 19: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

sa. Il primo piano, ad esempio, non ubbidisce soltantoa criteri spaziali, ma rappresenta uno stadio da rag-giungere e superare nel decorso del film. In un buon filmi primi piani non sono distribuiti a capriccio né arbitra-riamente; non sono cioè indipendenti dall’intimo svi-luppo della scena, né inseriti a casaccio, ma soltanto làdove la loro energia virtuale può e deve esplicarsi. Infat-ti un primo piano non è un taglio e un’inquadratura persé stante; è sempre soltanto parte di una scena piúampia, come quelle figure en repoussoir** che in undipinto barocco stanno in primo piano e introducononello spazio del quadro un movimento e un’instabilitàsimile a quelli dei primi piani nella struttura spaziale delfilm.

Ma come se nel film spazio e tempo fossero unitiattraverso uno scambio reciproco di funzioni, all’attua-lizzarsi e temporalizzarsi dello spazio corrisponde ilcarattere quasi spaziale che assumono le relazioni tem-porali, cioè una certa libertà nella successione dei loromomenti. Nel tempo del film noi ci moviamo come disolito ci avviene solo nello spazio, cioè liberissimi dicambiar direzione: passiamo dall’una all’altra fase deltempo, come da una stanza all’altra, separiamo i singo-li stadi nello sviluppo degli eventi e li raggruppiamo super giú secondo criteri di ordine spaziale. In breve, iltempo qui perde la sua ininterrotta continuità e la suadirezione irreversibile. Si può fermarlo nei primi piani,invertirlo nelle visioni retrospettive, recuperarlo nelleimmagini della memoria e saltarlo nelle visioni del futu-ro. Fatti paralleli, simultanei, possono venir mostratil’un dopo l’altro, come possono apparire contemporaneifatti distanti nel tempo, per mezzo della doppia esposi-zione o del montaggio alterno; quel che è prima puòapparir dopo, e viceversa. Nella concezione del tempoil film è affatto soggettivo e manifestamente eterodos-so di fronte alla realtà empirica e al dramma. Nella

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 19

Page 20: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

realtà empirica il tempo è un ordine uniformementeprogressivo, perfettamente continuo, assolutamente irre-versibile, in cui gli avvenimenti si susseguono come «sultrasportatore a nastro». Nel dramma veramente essonon s’identifica affatto con quello empirico – di qui lamolesta impressione prodotta sulla scena da un orologioche segna l’ora vera – e l’unità di tempo, prescritta dalladrammaturgia classica, può persino essere interpretatacome radicale eliminazione del tempo reale; tuttavia lerelazioni temporali nel dramma hanno piú punti di con-tatto con la cronologia della realtà empirica che il corsodel tempo nel film. Cosí nel dramma, o almeno duran-te l’atto, è mantenuta l’ordinaria continuità temporale.Gli avvenimenti si susseguono anche qui, come nellavita, secondo la legge di una progressione che nonammette né interruzioni, né salti, né ripetizioni, néinversioni, e segue un ritmo assolutamente costante:cioè entro le singole parti (atti o scene) non subiscealcun acceleramento, ritardo o arresto. Nel film invecenon solo varia il tempo dell’evento, la velocità degliavvenimenti che si susseguono, ma spesso lo stesso cri-terio di misurazione, per l’uso dell’acceleratore o del ral-lentatore, per la diversa lunghezza del taglio o il nume-ro dei primi piani.

La logica della messa in scena proibisce al dramma-turgo quella ripetizione di momenti e periodi, che nelfilm è spesso la fonte del piú intenso effetto estetico. Èvero che sovente anche il dramma tratta retrospettiva-mente parte della storia, risalendo all’antefatto; ma que-sto per lo piú avviene in forma indiretta, sia facendoneun racconto continuo, sia inserendone allusioni qua e lànel dramma. Ma la ripresa, nel corso di un’azione, dimomenti di sviluppo già superati e il loro diretto inse-rimento nella continuità dell’evento attuale, nel pre-sente drammatico, non è consentita dalla tecnica deldramma, o meglio lo è soltanto ora, forse appunto per

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 20

Page 21: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

influsso del film o della nuova concezione del tempo dif-fusa dal romanzo moderno e acuita dal film. La mobi-lità della macchina da presa è una possibilità tecnica chesenz’altro spinge il film alla trattazione discontinua deltempo e gli fornisce agevolmente il mezzo di rendere piúintensa una scena interpolandovi incidenti eterogenei, oframmentando una stessa scena in parti diverse di unapellicola. Cosí il film spesso ci fa l’effetto di una manoche scorra piacevolmente su una tastiera, di qua e di là,a destra e a sinistra. Sovente il film ci presenta l’eroecome un giovane all’inizio della sua carriera, poi, risa-lendo nel passato, come un bimbo; poi, nel procederedell’azione, lo rivediamo uomo maturo e, dopo averseguito per un certo tempo il corso della sua vita, finia-mo col vederlo, dopo morte, redivivo nel ricordo di unparente o di un amico. In questa discontinuità tempo-rale lo sviluppo a ritroso del racconto si combina conpiena libertà, senz’alcun legame cronologico col suo pro-cedere in avanti, e attraverso questi iterati rivolgimen-ti del continuum temporale si intensifica al massimoquella mobilità che è essenziale dell’esperienza cinema-tografica. Ma una vera e propria spazializzazione deltempo il film la raggiunge solo con la rappresentazionesimultanea di azioni parallele. Soltanto la percezionedella simultaneità di avvenimenti diversi, disgiunti nellospazio, trasporta lo spettatore in uno stato ambiguo fraspazio e tempo, che pretende ai caratteri di entrambi.Dove le cose sono insieme vicine e lontane – vicine neltempo e lontane nello spazio – si realizza quel rapportospazio-temporale, quella bidimensionalità del tempo cheè il medium specifico del film e il principio fondamen-tale della sua rappresentazione.

Relativamente presto ci si rese conto che la con-temporaneità di due serie di avvenimenti è tema essen-zialmente cinematografico. Da principio questa simul-taneità era semplicemente indicata, e in modo affatto

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 21

Page 22: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

meccanico, mediante la coincidenza di due orologi o conaccorgimenti analoghi; la tecnica dello svolgimentoalterno di due azioni distinte e del montaggio alterna-to delle loro singole fasi si sviluppò soltanto a poco apoco. Ma piú tardi ne troviamo esempi ad ogni passo.E non importa se si tratti di due partiti, due rivali o duesosia; la struttura del film è sempre dominata dall’in-crocio e dall’intersezione delle linee d’azione, dalle duefacce dell’avvenimento e dalla simultaneità delle azio-ni contrastanti. Il celebre finale dei primi film di Grif-fith, oggi ormai classici, dove l’esito dell’azione incal-zante dipende da chi arriva primo alla meta – il trenoo l’automobile, l’intrigante o la staffetta del re, l’as-sassino o il salvatore – è diventato, con la sua tecnica,a quel tempo rivoluzionaria, delle immagini che si alter-nano di continuo accendendosi e spegnendosi in unlampo, il paradigma dell’azione cinematografica insituazioni analoghe.

L’odierna esperienza del tempo consiste soprattuttonell’esser consapevoli dell’attimo in cui viviamo, nellachiara coscienza del presente. Le cose attuali, contem-poranee, connesse l’una all’altra in quest’ora presente,possiedono per l’uomo odierno un senso e un valorespeciale e, alla luce di questa coscienza, il nudo fattodella contemporaneità acquista ai suoi occhi un grandesignificato. Il suo mondo spirituale è permeato dall’ideadell’attualità e della contemporaneità, come il Medioe-vo da quella della trascendenza e l’illuminismo da quel-la dell’avvenire. Egli sente la grandezza delle sue città,i prodigi della sua tecnica, la varia ricchezza del suomondo intellettuale, le segrete profondità della sua psi-cologia nella contiguità, nella connessione, nell’intrecciodi cose e avvenimenti. Il fascino della simultaneità, lascoperta che da un lato lo stesso uomo, nello stessoistante, vive esperienze cosí diverse, indipendenti einconciliabili, e dall’altro diversi uomini in diversi luo-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 22

Page 23: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

ghi spesso vivono la stessa esperienza, che in diversipunti della terra, affatto isolati l’uno dall’altro, accadenello stesso tempo la stessa cosa, questo universalismoche la tecnica moderna ha rivelato all’uomo è forse lavera origine della nuova concezione del tempo e dellatecnica saltuaria e discontinua con cui l’arte modernadescrive la vita. Il carattere rapsodico del nuovo roman-zo, che lo differenzia cosí nettamente da quello tradi-zionale, è anche il suo tratto piú cinematografico. Ladiscontinuità dell’intreccio e della rappresentazionedelle singole scene, il sorgere improvviso di pensieri e distati d’animo, la relatività e l’incoerenza nella misura deltempo è ciò che in Proust e in Joyce, in Dos Passos e inVirginia Woolf ci ricorda i tagli, le dissolvenze e leinterpolazioni del film; ed è semplice magia cinemato-grafica il modo con cui Proust raffigura due incidenti,tra cui forse sono corsi trent’anni, piú vicini di altri inrealtà divisi soltanto da due ore. Come in Proust passa-to e presente, sogno e meditazione si danno la mano aldi là del tempo e dello spazio, come la sensibilità,seguendo sempre nuove tracce, erra nel tempo e nellospazio e come in questo infinito e sconfinato fluire deirapporti svaniscono i limiti di spazio e di tempo, cosíprecisamente avviene in quella dimensione spazio-tem-porale in cui si muove il film. Proust non fa cenno didate o di età; noi non sappiamo mai bene quanti anniabbia l’eroe del suo romanzo, e anche la cronologia degliavvenimenti per lo piú rimane oscura. Esperienze evicende non si connettono in lui mediante la loro con-tiguità temporale, e il tentativo di delimitarle e ordinarlecronologicamente gli parrebbe tanto piú irragionevole inquanto, per lui, ogni uomo ha le sue esperienze tipiche,periodicamente ripetute. Fanciullo, giovine, adulto, infondo egli vive sempre la stessa esperienza; il senso diun incidente spesso gli si scopre soltanto molti annidopo ch’egli lo ha vissuto e sofferto; ma egli non può

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 23

Page 24: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

distinguere i sedimenti degli anni trascorsi da quel cheporta l’ora attuale. Non si è forse in ogni istante dellavita lo stesso fanciullo, lo stesso malato, lo stesso soli-tario straniero dai nervi vigili, sensibili, inquieti? Nonsi è forse in ogni caso della vita l’uomo capace di que-sta o di quella esperienza e che nel ripetersi degli ele-menti tipici delle proprie esperienze possiede l’unicaprotezione contro il tempo che passa? Non si svolgonoforse tutte le nostre esperienze contemporaneamente?E questa simultaneità non è proprio la negazione deltempo? E non è questa una lotta per recuperare quelmondo interiore che va perduto nello spazio e neltempo?

Anche Joyce non fa che lottare per ricuperare questainferiorità e l’immediatezza delle esperienze, quando alpari di Proust lascia che il tempo rompa gli argini in cuiscorre ordinato e sommerga ogni punto fisso. Anche inlui l’ordine cronologico delle esperienze cede alla com-mutabilità dei contenuti della coscienza. Anche in lui iltempo è un percorso senza direzione fissa, lungo il qualeci si sposta qua e là. Ma egli va oltre lo stesso Proustnella spazializzazione del tempo e ci presenta gli avve-nimenti interiori non solo in sezione longitudinale, maanche trasversale. Immagini, idee, fantasie, ricordi gli sipresentano assolutamente improvvisi e in contiguitàimmediata; della loro origine quasi non si tiene conto,contiguità e simultaneità sono gli unici aspetti su cui siinsista. La traduzione del tempo nello spazio in Joyce vatant’oltre che, conoscendo anche approssimativamentel’insieme dell’Ulysses – e non solo, come è stato detto,dopo una prima lettura – se ne può intraprendere la let-tura da dove si vuole e leggere i singoli capitoli nell’or-dine che si preferisce. Il lettore ne ritrae un’impressio-ne essenzialmente spaziale, poiché il romanzo nondescrive soltanto l’aspetto di una metropoli, ma in certomodo ne adotta la struttura, la rete di vie e piazze in cui

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 24

Page 25: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

si va gironzolando senza meta, e il vagabondaggio fini-sce dove e quando si vuole. È chiaramente indicativo delcarattere cinematografico di questa tecnica che Joycenon abbia scritto i capitoli del suo romanzo seguendoquella che sarebbe stata la loro successione definitiva,ma – come suole accadere nella lavorazione dei film –l’abbia fatto prescindendo dal procedere della trama edabbia atteso a piú capitoli insieme.

La concezione bergsoniana del tempo, caratteristicadel film, si ritrova, se pur non sempre cosí evidente, intutti i generi e in tutte le correnti dell’arte odierna. Lasimultanéité des états d’âme*** è l’esperienza fonda-mentale comune alle varie correnti della pittura moder-na, al futurismo italiano e all’espressionismo di Chagall,al cubismo di Picasso e al surrealismo di Giorgio deChirico. Bergson scoperse il contrappunto dei processipsichici e la struttura musicale dei loro nessi. Come nel-l’audizione musicale noi percepiamo il rapporto fra ogninota e tutte le precedenti, così, nelle esperienze piúprofonde e vitali, noi realizziamo sempre tutto quelloche abbiamo esperimentato e assimilato nel corso dellanostra vita. Quando comprendiamo noi stessi, leggiamonella nostra anima come in uno spartito; sciogliamo ilgroviglio caotico dei suoni traendone una ingegnosapolifonia. Ogni arte è un gioco con il caos; essa gli siavvicina sempre piú pericolosamente e gli sottrae regio-ni psichiche sempre piú vaste. Se c’è un progresso nellastoria dell’arte, è appunto questa crescente conquista neidomini del caos. Con la sua analisi del tempo, il films’inserisce in questo processo; sono ormai traducibili inimmagini visive esperienze che prima si potevano espri-mere solo in forma musicale. Ma l’artista che dovrebberiempire di vita effettiva questa possibilità, questa formaancor vuota, non è ancora venuto.

La crisi del film, che sembra svilupparsi in malattiacronica, dipende anzitutto dal fatto che esso non trova

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 25

Page 26: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

i suoi poeti, o, per meglio dire, i poeti non trovano lavia del film. Avvezzi all’assoluta libertà fra le loro quat-tro pareti, essi ora dovrebbero tener conto di produtto-ri, direttori, registi, soggettisti, operatori, architetti etecnici d’ogni specie, senza che lo spirito di tale coope-razione, anzi l’idea di una produzione artistica in comu-ne, abbia ancora raggiunto ai loro occhi l’importanza chesarebbe necessaria. Si ribellano al pensiero che la crea-zione di un’opera d’arte venga affidata a un organismocollettivo, a un’«azienda»; e considerano umiliante perl’arte che in decisioni, di cui spesso non si può dar ragio-ne neppure a se stessi, abbia a prevalere un’imposizio-ne estranea o, nel caso migliore, una maggioranza. Essidovrebbero adattarsi a una condizione, dal punto divista dell’Ottocento, affatto insolita e innaturale. Glisforzi dispersi e incontrollati dell’arte moderna urtanoqui per la prima volta contro un principio che è l’oppo-sto della loro anarchia. Infatti una produzione artisticafondata sulla collaborazione già di per sé rivela una ten-denza all’integrazione, di cui – a prescindere dal teatro,dove tuttavia si tratta di riprodurre, non di produrreopere d’arte – non c’erano piú stati esempi validi dopoi cantieri del Medioevo. E quanto lontana sia ancora laproduzione dei film da una vera comunità di lavoro arti-stico, lo mostra non solo l’incapacità della maggior partedegli scrittori di accordarsi con il cinematografo, maanche un fenomeno come Chaplin, che nei suoi filmcrede di dover fare da sé quanto piú è possibile: la partedel protagonista, la regia, il soggetto, la musica. Ma seanche fossimo soltanto all’inizio dell’organizzazione, setutto ciò non fosse che la cornice per ora ancora vuotadi un nuovo metodo d’integrazione, tuttavia anche qui,come in tutta la vita economica, sociale e politica dioggi, si tende a organizzare, senza di che il nostromondo materiale e intellettuale rischia di andar in pezzi.Anche in questo campo si tratta della stessa antitesi che

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 26

Page 27: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

dappertutto ricorre nella vita sociale del nostro tempo:democrazia e dittatura, differenziazione e integrazione,razionalismo e irrazionalismo cozzano aspramente l’unocontro l’altro. Ma se già in campo economico e politicouna pianificazione non sempre può risolversi con la sem-plice imposizione di criteri ordinatori, tanto meno ciòpuò avvenire in campo artistico, dove ogni violenza allaspontaneità, ogni forzato livellamento del gusto, ogniregolamento istituzionale dell’iniziativa del singolo com-porta pericoli gravi, se pur non proprio mortali comeabitualmente si crede.

Ma in un tempo di estrema differenziazione e di raf-finatissimo individualismo come si dovrà procedere perarmonizzare e integrare gli sforzi individuali? Come, inpratica, rimediare al fatto che i film tecnicamente piúriusciti spesso si fondano su miserrime invenzioni lette-rarie? Non si tratta della semplice contrapposizione diregisti incapaci e capaci scrittori, ma di due fenomeninon contemporanei: il poeta solitario, isolato, autonomoe i problemi del film che si possono risolvere solo col-lettivamente. L’apparato collettivo della produzionecinematografica anticipa una tecnica sociale di cui nonsiamo ancora esperti, come a suo tempo l’invenzionedella macchina fotografica anticipava una tecnica arti-stica che allora nessuno sapeva bene come impiegare. Siè proposto, per superare la crisi del cinematografo, diriunire nuovamente le funzioni divise e, anzitutto, diaffidare a un’unica persona i compiti del regista e delsoggettista; ma si sfuggirebbe al problema, piú che risol-verlo, opponendosi alla soverchiante specializzazionesenza abolirla, e, invece d’introdurre l’organizzazioneauspicata, se ne eluderebbe la necessità. Del resto ilprincipio monistico-individualistico nell’espletamentodelle funzioni, in luogo di una divisione del lavoro orga-nizzato collettivamente, non solo risponde esteriormentee tecnicamente ai metodi del lavoro dilettantesco, ma

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 27

Page 28: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

implica una mancanza d’intima tensione che ricorda lasemplicità dei film di dilettanti. O invece si deve con-siderare tutto lo slancio verso una produzione artisticafondata sull’organizzazione come un turbamento tem-poraneo, un semplice episodio, destinato ad essere spaz-zato via dall’impetuosa corrente dell’individualismo? Eil film sarebbe, non già l’inizio di una nuova era per l’ar-te, ma solo la prosecuzione un po’ esitante della vecchiacultura ancor sempre vitale? di quella cultura indivi-dualistica cui si deve tutta l’arte posteriore al Medioe-vo? Solo in questo caso si potrebbe risolvere la crisi delcinematografo affidando a un solo individuo certe fun-zioni, quindi abbandonando il criterio del lavoro collet-tivo.

Ma la crisi del cinematografo si collega con una crisidel pubblico. I milioni e milioni di spettatori che ognigiorno, ogni ora riempiono le mille e mille sale del globo,da Hollywood a Sciangai, da Stoccolma a Città delCapo, l’unica lega che comprenda gli uomini di tutto ilmondo, hanno una composizione sociale assai confusa.Nulla unisce questi uomini, se non il fatto di riversarsinei cinematografi, fluendo e rifluendo come correnteamorfa; rimangono massa eterogenea, inarticolata, infor-me, indefinita, con la sola caratteristica, negativa, dirappresentare un insieme in cui si confondono tutte lecategorie sociali, senza che affiori alcun ceto organico echiaramente distinto per classe o per cultura. Questamassa non è un «pubblico» in senso proprio, poiché talepuò essere designato soltanto un gruppo piú o menocostante di frequentatori, capace di assicurare in certamisura la continuità di una produzione artistica. In ognitempo, un vero pubblico si forma dove c’è una possibi-lità di reciproca comprensione; se all’interno di esso leopinioni non sempre concordano, le divergenze tuttaviasi verificano su un piano comune. Ma fra le masse deicinematografi, non legate da una comune preparazione

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 28

Page 29: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

intellettuale, è inutile cercare simile possibilità. Se unfilm non le soddisfa, e cosí poco probabile che riescanoa intendersi sui motivi del rifiuto, da far presumere cheanche il generale consenso si fondi su un malinteso.

Quei gruppi omogenei e costanti di pubblico che inpassato, come intermediari fra gli artisti e il pubblicoprofano, avevano esercitato un’azione all’ingrosso con-servatrice, furono, com’è noto, dispersi col progressivodemocratizzarsi del godimento artistico. Il pubblico bor-ghese degli abbonati ai teatri statali e comunali del seco-lo scorso costituiva un corpo piú o meno omogeneo,organicamente sviluppato; ma la fine del teatro di reper-torio ne disperse anche l’ultimo residuo e da allora siebbe solo un uditorio occasionale, sebbene in certi casipiú folto che mai. In generale era quindi identico al pub-blico dei cinematografi, che dev’essere sempre ricon-quistato, e ogni volta con nuove, insolite attrazioni. Ilteatro di repertorio a spettacolo quotidiano, quello deglispettacoli in serie e il cinematografo sono stadi succes-sivi della democratizzazione dell’arte e della gradualeperdita di quella solennità che finora era stata, in gradomaggiore o minore, tipica di ogni forma teatrale. L’ul-timo passo su questa via della profanazione lo compie ilcinematografo. Infatti tuttora un teatro di città grande,con un qualsiasi spettacolo di successo, esige dal pub-blico una certa preparazione intima ed esteriore – per lopiú occorre procurarsi il biglietto in precedenza, atte-nersi a un’ora precisa, prepararsi ad aver tutta la seraoccupata –, al cinematografo invece si va all’ultimomomento, col vestito di tutti i giorni, e alla rappresen-tazione continua si accede in ogni momento. Il tono quo-tidiano del film in certa misura corrisponde al modoimprovvisato e senza pretese con cui lo spettatore si recaa vederlo.

Dagli inizi della nostra civiltà, cosí portata all’indi-vidualismo, è questo il primo tentativo di un’arte per un

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 29

Page 30: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

pubblico di massa. La democratizzazione dell’arte, che,culmina con questa affluenza delle masse al cinemato-grafo, era veramente cominciata, come sappiamo, conquella trasformazione della composizione, sociale delpubblico che al principio del secolo scorso aveva accom-pagnato il sorgere del dramma da boulevard e del roman-zo d’appendice. I successivi passaggi dal teatro privatodelle corti principesche al teatro statale e comunale e poialle imprese private, dall’opera all’operetta e alla rivista,rappresentano le singole fasi di uno sviluppo in cui lapreoccupazione maggiore e quella di attirare masse sem-pre piú vaste, per coprire le spese di sempre maggioriinvestimenti. La messa in scena di un’operetta potevaessere ancora sostenuta coi mezzi di un teatro di mediagrandezza, ma una rivista o un grande balletto dovevagià passare per varie grandi città prima di rifondere lespese dell’impresario; al finanziamento, di un grandefilm debbono contribuire gli spettatori di tutto ilmondo. Ma in questo modo l’influsso delle masse sullaproduzione artistica diventa decisivo. La loro semplicepresenza agli spettacoli ateniesi o medievali non era maivalsa a imporre direttamente all’arte una via piuttostoche un’altra, e solo quando esse pagano integralmente ilprezzo del loro divertimento le condizioni ch’esseimpongono per sborsare il loro danaro possono diventareun fattore decisivo anche per l’arte.

Qualità e popolarità dell’arte sono sempre state in unrapporto difficile. Il che non vuol dire affatto che i cetipopolari abbiano favorito per principio l’arte deteriore.Un’arte ricca e sottile è per loro, naturalmente, piú dif-ficile di un’arte semplice e poco evoluta; ma il difettodi adeguata comprensione non vieta in modo assolutoch’essi l’accettino – sebbene non proprio per il suo valo-re estetico. Il successo è per loro determinato da crite-ri estranei alla qualità. La loro reazione non si basa sulpregio artistico ma sull’impressione per cui si sentono

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 30

Page 31: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

appagati o turbati nel loro ambito personale. È natura-le che siano sensibili anche al pregio artistico, quandovenga loro presentato in un modo adeguato, cioè attra-verso un tema che sappia attrarle. Quindi le probabilitàdi successo di un buon film superano senz’altro quelledi un buon quadro o di una buona poesia. Infatti, all’in-fuori del film, oggi l’arte d’avanguardia è press’a pocoinaccessibile ai non iniziati; è essenzialmente impopola-re, perché i suoi mezzi di espressione, nel corso di unlungo, serrato processo, si sono trasformati in una spe-cie di lingua occulta. Invece anche il piú rozzo pubbli-co ha potuto apprendere agevolmente il linguaggio delcinematografo in via di formazione. Verrebbe fatto ditrarne ottimi auspici per il film, se non si sapesse chequesta intesa non è che la conseguenza di una sorta diparadisiaca puerizia e si ripete ogni volta che sorgeun’arte nuova. Forse già la prossima generazione noncapirà piú tutti i mezzi espressivi del film e certo primao poi si produrrà anche qui la frattura tra iniziati e pro-fani. Popolare può essere soltanto un’arte giovane, poi-ché ogni arte matura richiede per essere compresa laconoscenza degli stadi anteriori, ormai superati, del suosviluppo. Comprendere un’arte significa penetrare afondo la rispondenza in essa di elementi formali e con-tenutistici; finché un’arte è giovane, è naturale e chia-ro il legame fra i suoi temi e il suo linguaggio, dal sog-getto alla forma si giunge per via diretta. Col tempo leforme si sciolgono dalla materia e si fanno autonome, sisvuotano via via e infine restano accessibili soltanto a unesiguo ceto colto. Nel film questo processo di emanci-pazione delle forme è appena incominciato, e la maggiorparte dei frequentatori del cinematografo appartieneancora a quella generazione che lo ha visto sorgere, edè stata testimone della fase di immediata espressivitàdelle sue forme. Ma il processo di distacco è già in corsoe lo si coglie nella rinunzia della produzione odierna alla

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 31

Page 32: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

maggior parte dei mezzi cosiddetti «cinematografici».Gli effetti già cosí amati, che si ottenevano con gli spo-stamenti e le manovre della macchina, con i mutamen-ti delle distanze e dei ritmi, con i trucchi del montaggioe della copia, con i primi piani e le vedute panoramiche,le inserzioni e i flash-back, le aperture e le chiusure airide, le dissolvenze, tutto questo appare oggi ricercatoe innaturale, perché registi e operatori, obbedendo alleesigenze di una seconda generazione già meno pronta adintendere il linguaggio cinematografico, badano al rac-conto chiaro, piano e avvincente e credono di poterimparare dai maestri della pièce bien faite piú che daquelli del film muto.

È inconcepibile che allo stadio odierno dell’evolu-zione un’arte possa ricominciare da capo, anche se sivale di mezzi affatto nuovi, come il cinematografo. Ilsoggetto piú semplice viene pur sempre da lontano econserva certe formule epiche e drammatiche della pre-cedente letteratura. Il film, che per lo piú si rivolge a unpubblico piccolo-borghese, prende a prestito le sue for-mule dalla letteratura amena della borghesia e intrattie-ne gli spettatori di oggi con gli effetti del teatro di ieri.La produzione cinematografica deve i maggiori succes-si al fatto che la psicologia delle masse si adegua alla psi-cologia del piccolo borghese. Il tipo piccolo-borghesecome categoria psicologico-sociale ha un’estensione assaimaggiore del ceto medio inteso in senso puramentesociologico; esso comprende in numero notevole ele-menti delle classi superiori e inferiori che, in tutti queicasi in cui non sono direttamente vincolati dalle esigenzedella lotta per la vita, e anzitutto nei loro divertimenti,aderiscono senza riserve ai ceti medi. Il pubblico del filmè il prodotto di questo livellamento; e il film, se vuolessere redditizio, deve appoggiarsi soprattutto a questoceto che è il termine di confronto del livellamento intel-lettuale. Il ceto medio è sempre stato ondeggiante «fra

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 32

Page 33: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

le classi», ma specialmente da quando è sorto il «nuovoceto medio» con il suo esercito di impiegati, piccoli fun-zionari privati e pubblici, commessi viaggiatori e giova-ni di negozio; ed è sempre stato utilizzato per superarenella misura del possibile i contrasti sociali26. Esso si èsempre sentito minacciato dall’alto e dal basso, ma harinunziato ai suoi reali interessi piuttosto che alle suesperanze e alle sue prospettive immaginarie. Ha volutoessere accomunato alla borghesia dirigente, benché inrealtà dividesse la sorte dei ceti inferiori. Ma senza unachiara e netta posizione sociale non vi può essere unacoscienza unitaria né un coerente modo di pensare; e laproduzione cinematografica ha potuto tranquillamenteaffidarsi al disorientamento di questi spostati. Uno sven-tato ottimismo privo di senso critico caratterizza l’at-teggiamento del ceto medio. Esso crede che i contrastisociali non abbiano poi grande importanza e quindi vuolvedere film in cui facilmente si passa da un ceto all’al-tro. Il cinematografo soddisfa pienamente il suo roman-ticismo sociale, che nella vita viene sempre frustrato, eal quale le biblioteche circolanti non forniscono maiun’illusione cosí completa come quella del film. «Cia-scuno è l’artefice della sua fortuna»: ecco il suo massi-mo articolo di fede, e l’elevarsi del singolo nella societàè il tema fondamentale dei sogni che lo lusingano al cine-matografo. Will Hays, l’antico «zar del film», lo sape-va cosí bene che, nelle sue prescrizioni per l’industriacinematografica americana, suggeriva fra l’altro di«mostrare la vita delle classi superiori».

La fotografia in movimento poté assurgere ad artecinematografica grazie a due conquiste: l’invenzione delprimo piano, attribuita al regista americano D. W. Grif-fith; e un nuovo metodo, trovato dai russi, d’interpola-zione delle immagini, il cosiddetto taglio corto. Vera-mente, l’interruzione frequente della continuità di unascena non è invenzione dei russi; questo sistema, che è

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 33

Page 34: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

poi un mezzo per suggerire l’eccitazione e acceleraredrammaticamente il ritmo, era già da gran tempo notoagli americani; la novità dei russi fu di usare, nel tagliocorto, soltanto primi piani – rinunziando cioè a intro-durre vedute complessive d’orientamento – e di abbre-viare fino ai limiti del percettibile le singole immaginidel montaggio. Cosí i russi, per esprimere stati d’animoondeggianti, ritmi nervosi e velocità vertiginose, riusci-rono a trovare un particolare stile espressionistico chepermise effetti completamente nuovi, irraggiungibili inogni altra arte. Ma l’elemento rivoluzionario di questatecnica di montaggio non consisteva propriamente nellabrevità del taglio, nella velocità e nel ritmo con cui siavvicendano le immagini, e neppure in un ampliamen-to degli effetti possibili al film; ma nel fatto che in que-sto modo venivano a contrapporsi non piú fenomeni diun mondo obiettivo omogeneo, ma elementi di unarealtà del tutto eterogenea. Cosí Ejzen∫tejn ne L’incro-ciatore Potëmkin realizza, ad esempio, questa sequenza:uomini in affannoso lavoro, sala macchine dell’incro-ciatore; mani precipitose, ruote in movimento; faccestravolte per lo sforzo, pressione massima nei manome-tri; un torace grondante di sudore, una caldaia rovente;un braccio, una ruota; una ruota, un braccio; macchina,uomo; macchina, uomo; macchina, uomo. Due realtàaffatto diverse, una psichica e una materiale, vengonoqui collegate, e non solo collegate, ma identificate, anzil’una si sviluppa dall’altra. Un passaggio cosí coscientee premeditato da un ordine all’altro presuppone tutta-via una visione del mondo che nega l’autonomia dellesingole sfere della vita, come fa anche il surrealismo, ecome ha fatto fin dal principio il materialismo storico.

Che non si tratti qui semplicemente di similitudini,ma di identificazioni, e che il confronto delle diversesfere non sia puramente metaforico, risulta anche piúchiaro quando il montaggio non mostra piú due feno-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 34

Page 35: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

meni collegati, ma soltanto uno di essi, e non quello chelogicamente ci si aspetterebbe, ma il sostituto. CosíPudovkin nella Fine di Pietroburgo, per indicare il regi-me borghese vacillante, mostra una lumiera di cristalloche trema; invece della gerarchia burocratica, con le suemille istanze e l’irraggiungibile sommità, mostra unascala ripida, interminabile, con una piccola figura umanache sale faticosamente. In Ottobre di Ejzen∫tein il cre-puscolo degli zar è rappresentato mediante cupe statueequestri su piedistalli inclinati, tentennanti statue diBudda usate come ninnoli e idoli negri fracassati. InSciopero le esecuzioni capitali sono sostituite da scene dimattatoio. Dovunque in questi casi al posto delle ideeci sono cose, cose che svelano la natura ideologica delleidee. Mai una situazione storico-sociale ha trovatoespressione artistica piú diretta di quella che la crisi delcapitalismo e la filosofia marxistica della storia ha tro-vato in questa tecnica del montaggio. In questi film unafigura acefala, col petto coperto di decorazioni, serve adesprimere l’automatismo dell’apparato militaresco; sti-vali militari, nuovi e solidi, esprimono la cieca, brutalepotenza dell’esercito. Cosí nel Potëmkin, invece deicosacchi alla carica, rivediamo sempre quegli stivalipesanti, indistruttibili e inesorabili. Buoni stivali sonola premessa di un’efficiente, forza militare; ecco il sensodi questo montaggio pars pro toto, come l’esempio pre-cedente tratto dal Potëmkin significava che la massa vit-toriosa non è che l’incarnazione della macchina trion-fante. L’uomo con le sue idee, la sua fede, la sua spe-ranza non è che una funzione del mondo materiale chelo circonda; la dottrina del materialismo storico diven-ta nel film russo un principio formale. In ogni modo nonsi deve scordare quanto ad essa si attagli il cinemato-grafo, specialmente con la tecnica del primo piano, cheindubbiamente favorisce la descrizione delle esigenzemateriali, dando ad esse valore di moventi. Non è certo

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 35

Page 36: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

ingiustificato domandarsi se tutta questa tecnica cheporta alla ribalta la necessità materiale non sia anch’es-sa un prodotto del materialismo. Poiché non sarà puracoincidenza che il film sia creatura di quello stesso perio-do storico che ha svelato le basi ideologiche del pensie-ro, e che proprio i russi siano diventati i primi classicidi quest’arte.

I registi di tutto il mondo adottarono le formule delfilm russo, indipendentemente dalle differenze nazionalie ideologiche, confermando cosí che non appena inun’arte il processo di trasformazione da materia a formasi è compiuto, la forma può essere ripresa da altri eimpiegata come una pura tecnica, staccata dal sostratoideologico da cui è nata. In questo affrancarsi delleforme è la radice del paradosso dell’arte, che è insiemestorica e fuor del tempo, a cui Marx accenna nella Cri-tica dell’economia politica, con la sua osservazione suOmero: «È conciliabile Achille con la polvere pirica e ilpiombo?» egli domanda: «o l’Iliade in genere con il tor-chio e la rotativa? Non è necessario che il canto, il mitoe la Musa spariscano al sopravvenire della stampa e cioènon vengono meno le condizioni necessarie alla poesiaepica? Ma il problema non è che l’arte e l’epos grecosiano legati a certe forme sociali, ma piuttosto ch’essi cidiano ancora un godimento estetico e per qualche aspet-to valgano come norma e impareggiabile modello». Leopere di Ejzen∫tejn e Pudovkin sono per cosí dire l’eposeroico dell’arte cinematografica; che, anche indipen-dentemente dalle condizioni sociali che ne permisero ilsorgere, esse valgano come modelli, non meraviglia piúdel fatto che ci venga tuttora da Omero il piú alto godi-mento estetico.

Il film è la sola arte in cui la Russia sovietica abbiadato cose notevoli. L’affinità fra il giovane stato comu-nista e la nuova forma espressiva è evidente. Sonoentrambi fenomeni rivoluzionari, che percorrono strade

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 36

Page 37: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

nuove, che non hanno alcun passato storico, né tradi-zioni che li vincolino o inceppino con gli schemi dellacultura e dell’abitudine. Il film è una forma ancora ela-stica, malleabile, non ancor logora, che all’espressionedella nuova idea non oppone alcuna intima resistenza.È un linguaggio ingenuo, popolare, che si rivolge diret-tamente alle masse, uno strumento ideale di propagan-da, di cui Lenin riconobbe subito il valore. In quantoforma di divertimento del tutto nuova, non pregiudica-ta dal passato, fin dal principio apparve come del mas-simo interesse per la politica culturale comunista e subi-to si comprese quanto fosse accessibile quel suo mododi presentare le cose come un libro illustrato e qualiimmense possibilità offrisse per rendere concrete le ideeche si volevano diffondere: insomma parve fatto appo-sta per un’arte rivoluzionaria. E tanto meglio risponde-va alle funzioni assegnategli in quanto si trattava diun’arte permeata di tecnicismo. La macchina è la sua ori-gine, il suo mezzo, il suo soggetto piú adeguato. I filmvengono «fabbricati» e rimangono legati all’apparec-chio, alla macchina, in senso piú stretto che non i pro-dotti delle altre arti. La macchina nel cinema entra dap-pertutto, si interpone tra il creatore e l’opera sua, cometra lo spettatore e il suo godimento estetico. Dinamismo,macchinismo, movimento automatico sono i fenomeniprimi del film. Il correre e lo scorrere, il viaggio e il volo,la fuga e l’inseguimento, il dominio delle distanze sonomotivi cinematografici per eccellenza. Il film non è maitanto schietto come quando rappresenta il movimento,la velocità, il ritmo. I prodigi e i brutti tiri di strumen-ti, apparecchi, distributori automatici, veicoli sono frai suoi temi piú antichi ed efficaci. La vecchia «comica»esprimeva ora ingenua meraviglia, ora arrogante disprez-zo per la tecnica, ma per lo piú era una satira dell’uomopreso fra gli ingranaggi di un mondo meccanizzato. Ilfilm è anzitutto «fotografia» e già come tale è un’arte

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 37

Page 38: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

d’origine meccanica fondata sulla riproduzione27, un’ar-te popolare insomma, schiettamente «democratica»,perché riproducibile a buon mercato. È comprensibilis-simo che fin dagli inizi incontrasse il favore del bolsce-vismo, fin da allora interessato alla tecnica, incline aun’esaltazione romantica della macchina e al feticismodella tecnica, tutto volto all’efficienza e alla produtti-vità. Ed è altrettanto comprensibile che russi e ameri-cani, i due popoli piú fortemente orientati verso la tec-nica, siano stati compagni e rivali nello sviluppo di que-st’arte. Ma il film non si accordava soltanto con il lorotecnicismo, ma anche con la loro passione per l’autenti-cità del documento. Tutte le opere piú notevoli del cine-matografo russo sono in certa misura documentari, testi-monianze storiche del processo di edificazione dellanuova Russia; e ciò che v’è di meglio nel cinema ameri-cano è documento della vita quotidiana in America, delmeccanismo economico e amministrativo delle città digrattacieli e delle fattorie del Middle-West, della poli-zia e della malavita. Infatti un film è tanto piú cinema-tografico quanto piú alla sua realtà contribuiscono fattiextraumani, materiali, cioè quanto piú stretto in questarealtà è il rapporto fra uomo e mondo, persona e ambien-te, fine e mezzi.

Questa tendenza verso ciò che è positivo e autenti-co, questo amore del «documento», sono tuttavia mani-festazioni non solo dell’odierna fame di realtà, ora piúgrande che mai, ma anche del rifiuto delle tendenzeartistiche ottocentesche e soprattutto dell’intreccio bencostruito e dell’eroe individuale con la sua complessa psi-cologia. Ma questa tendenza, a cui nel documentario vaunito il rifiuto degli attori di professione, non significasolo l’aspirazione, ben nota nella storia dell’arte, amostrare la realtà senz’artificio, la verità senza belletto,i fatti genuini, cioè la vita «cosí com’è»; ma spessoanche un rifiuto dell’arte in genere. La posizione del-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 38

Page 39: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

l’esteta pare assai compromessa ai nostri giorni. Il docu-mentario, la fotografia, la cronaca, il romanzo giornali-stico, non sono piú arte come si intendeva un tempo. Fragli autori di questi nuovi generi, proprio i piú intelligentie i piú dotati non vogliono affatto che le loro produzionivengano qualificate «opere d’arte»; anzi, pensano chel’arte sia sempre stata un prodotto secondario e sia natacome strumento dell’ideologia.

E un puro strumento la si considera nella Russiasovietica. Naturalmente questo utilitarismo è anzituttodeterminato dal bisogno di porre ogni mezzo al serviziodella ricostruzione comunista e di estirpare l’estetismodella cultura borghese che, con l’art pour l’art, con la suaposizione contemplativa e quietistica, rappresenta il piúgran pericolo per la rivoluzione sociale. Proprio lacoscienza di questo pericolo impedisce agli esponentidella politica culturale bolscevica di rendere giustiziaall’evoluzione artistica degli ultimi cento anni; e, proprioperché la rinnegano, le loro vedute in fatto d’arte soncosí antiquate. In questo campo essi vorrebbero torna-re ai tempi di Luigi Filippo; e non solo per il romanzohanno in mente il realismo della metà dell’Ottocento,ma lo esigono anche nelle altre arti, specialmente nellapittura. Naturalmente in un sistema di generale pianifi-cazione e nel bel mezzo di una lotta per l’esistenza, nonsi può lasciar l’arte al suo destino. Ma ogni interventoè pericoloso, proprio per il fine che ci si propone: comestrumento di propaganda, è inevitabile che l’arte perdamolto del proprio valore, anche come semplice mezzo dipropaganda.

È vero che molti capolavori son nati in regime diassolutismo e dittatura, e che nell’antico Oriente l’arteera soggetta ai desideri di uno spietato dispotismo, nelMedioevo, alle esigenze di una rigida cultura autorita-ria. Ma coazione e censura hanno nei diversi periodi sto-rici significato ed effetto diversi. La situazione di oggi

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 39

Page 40: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

differisce dalle precedenti anzitutto perché noi veniamodopo la Rivoluzione francese e il liberalismo ottocente-sco, e di liberalismo è permeato ogni nostro pensiero,ogni nostro impulso. Si potrebbe addurre che anche ilcristianesimo dovette distruggere una cultura evoluta erelativamente libera, e che l’arte medievale prese lemosse da modestissimi inizi; ma non si deve dimentica-re che l’arte paleocristiana cominciò veramente quasi«da principio», mentre l’arte sovietica muove da unostile storicamente già molto evoluto, sebbene oggi assaiarretrato. Ma se anche si volesse ammettere che i sacri-fici richiesti sono il prezzo di un nuovo «gotico», nullaci garantisce che questo «gotico» non tornerà a svilup-parsi, proprio come nel Medioevo, come arte esclusivadi un ceto culturale relativamente esiguo.

Il compito attuale non è quello di adeguare l’arte allaristrettezza mentale delle masse odierne, ma quello diallargare per quanto è possibile il loro orizzonte. La viache conduce a una vera comprensione dell’arte passa perla cultura. Non la forzata semplificazione dell’arte, mal’educazione del giudizio estetico è il mezzo per evitarech’essa sia continuamente monopolizzata da un’infimaminoranza. La gran difficoltà, qui come in ogni altro set-tore della politica culturale, è che ogni arbitraria inter-ruzione dello sviluppo elude il problema, in quanto creauna situazione in cui esso difficilmente tornerà a pro-porsi e ne differisce quindi la soluzione. Oggi non c’èalcuna possibilità per un’arte che sia primitiva e nellostesso tempo valida. Un’arte simile non potrà mai esse-re goduta e intesa da tutti; è però possibile renderne piúampia e profonda la comprensione presso larghe massedi pubblico. Un’azione di allentamento del monopolioculturale richiede adeguate condizioni economiche esociali. Noi non possiamo far altro che batterci per ilcostituirsi di queste.

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 40

Page 41: Hauser, Arnold - Storia Sociale Dell'Arte - Arte Moderna e Contemporanea - V.nel Segno Del Film

1 hermann keyserling, Die neuentstehende Welt, 1926. - jamesburnham, The Managerial Revolution, 1941.

2 m. j. bonn, The American Experiment, 1933, p. 285.3 josé ortega y gasset, La Rebelion de las Masas, 1930.4 ernst troeltsch, Die Revolution in der Wissenschaft, in Gesam-

melte Schriften, IV, 1925, p. 676.5 henri massis, La Défense de l’Occident, 1927.6 hermann hesse, Blick ins Chaos 1923.7 andré malraux, Psychologie de l’art, 1947.8 andré breton, What is Surrealism?, 1936, pp. 45 sgg.9 jean paulhan, Les Fleurs de Tarbes, 1941.10 jacques rivière, Reconnaissance à Dada, in «Nouvelle Revue

Française», xv, 1920, pp. 231 sgg. - marcel raymond, De Baudelaireau surréalisme, 1933, p. 390 [trad. it., Da Baudelaire al surrealismo, Tori-no 1948].

11 a. breton, Les Pas perdus, 1924.12 tristan tzara, Sept Manifestes dada, 1920.* La terra desolata.13 friedrich gundolf, Goethe, 1916.14 michael ayrton, A Master of Pastiche. New Writing and Day-

light, 1946, pp. 108 sgg.15 rené huyghe - germain bazin, Histoire de l’art contemporain,

1935, p. 223.16 constant lambert, Music ho!, 1934.17 edmund wilson, Axel’s Castle, 1931, p. 256.18 a. breton, (Premier) Manifeste du surréalisme, 1924.19 louis reynaud, La Crise de notre littérature, 1929, pp. 196-97.20 Cfr. charles du bos, Approximations, 1922. - benjamin cré-

mieux, XXe siècle, 1924. - jacques juvière, Marcel Proust, 1924.21 j. t. soby, Salvador Dalì, 1946, p. 24.22 a. breton, Le Surréalisme et la peinture, 1918. - What is sur-

realism?, p. 67.23 id., Second Manifeste du surréalisme, 1930. - maurice nadeau,

Histoire du surréalisme, 1945, 2a ed., p. 176.24 julien benda, La France byzantine, 1945, p. 48.25 Cfr. e. r. curtius, Französischer Geist im neuen Europa, 1925,

pp. 75-76.** si tratta di quelle figure che per opposizione netta di tono o di

rilievo fungono da quinte, esaltando l’effetto dello sfondo.*** Simultaneità degli stati d’animo.26 Cfr. emil lederer - jakob marschak, Der neue Mittelstand, in

Grundriß der Sozialökonomik, IX, 1, 1926, pp. 121 sgg.27 walter benjamin, L’œuvre d’art à l’époque de sa reproduction

mécanisée, in «Zeitschrift für Sozialforschung», v, 1936, 1, p. 45.

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 41