7
ANALYSES ET COMPTES-RENDU S HARALD HAGENDAFIL . Die Perfe tfnrrnen auf -ere und -erttnt . Ei n Beitrag zur Technik der spiitlateinischen Kunstprosa . Uppsala , Almqvist et Wiksells Boktryckeri A. .-B . ; Leipzig, Otto llarras - sowitz, 1923, p . 46 . E ' una dissertazione interessante che si rannoda agli studi del Ltifsted t sul Latino tardo e popolare e al principio da lui formulato che la termi- nazione -ere fosse estranea alla lingua viva, dalla quale era giù scompars a o quasi ai tempi di Cicerone e di Cesare, per sopravvivere solo nell a lingua letteraria in grazia di particolari ragioni metriche o stilistiche . La riprova è data da una rapida occhiata ai rappresentanti delle due ten- denze estreme . Lo Hagendahl cita da un lato Lucifero di Cagliari, clov e la desinenza -ere manca affatto, e poi Filastrio e la Historia Apollonii ; di contro Tacito e Ditti . Più eloquenti diventano le statistiche, se si co- stituiscono opera per opera di ciascun autore . La percentuale delle desi- nenze in -ere è per Tacito rappresentata dalle seguenti cifre : De orato- ribus 0 ; Agricola 73,6 ; Germania 42,1 ; Histariae 91,4 ; Annales 91,3 . Quanto più la forma si eleva verso la poesia, tanto più la percentual e si alza . Cosi per T'ertulliano aveva già notato il Ltifstedt (Zur Sprach e Tertccllians, p . 67-68 n .) che il grande Africano non adopera mai l a forma -ere, se non nel De pallio, e nel De pallio essa sola, in corrispon- denza con la maniera di quello scritto poetica e ricercata e barocca . Ma l ' attenzione dello Hagendahl è volta soprattutto ai rappresentant i della prosa ritmica, per stabilire fino a che punto la ricerca del ritm o abbia potuto, senza escludere la possibile concorrenza di altri fattori , influire su la scelta dell ' una o dell ' altra desinenza di perfetto . Dal - l ' esame dei Panegirici imperiali e delle Declamazioni cos)! dette maggior i di Quintiliano, tal influenza appare innegabile nella scelta della termi- nazione -ere unitamente a una tendenza verso la traiectio del verbo ne l penultimo posto della proposizione (iunxere su/fragium, habuere seces- sres) : la quale doppia prassi dei declamatori risale poi a Seneca, il mae- stro dello stil nuovo, che la presenta, come pur Plinio il giovino, in cert a più ristretta misura (13,8 °/0 -ere contro 82,2 °/° -crani) . Più tardi Sim- rnaco presenta le stesse proporzioni dei Panegirici, mentre un maggior e ritegno nell ' impiego della forma -ere si rivela nella Gratiarum astio d i Ausonio a Graziano e nelle due Consolationcs di S . Ambrogio a Valenti- niano II e a Teodosio, nel De reparatione lapsorum di Bacchiario, in

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ANALYSES ET COMPTES-RENDU S

HARALD HAGENDAFIL . Die Perfe tfnrrnen auf -ere und -erttnt . Ei n

Beitrag zur Technik der spiitlateinischen Kunstprosa . Uppsala ,

Almqvist et Wiksells Boktryckeri A. .-B . ; Leipzig, Otto llarras -

sowitz, 1923, p . 46 .

E ' una dissertazione interessante che si rannoda agli studi del Ltifsted tsul Latino tardo e popolare e al principio da lui formulato che la termi-nazione -ere fosse estranea alla lingua viva, dalla quale era giù scompars ao quasi ai tempi di Cicerone e di Cesare, per sopravvivere solo nell alingua letteraria in grazia di particolari ragioni metriche o stilistiche .La riprova è data da una rapida occhiata ai rappresentanti delle due ten-denze estreme . Lo Hagendahl cita da un lato Lucifero di Cagliari, clov ela desinenza -ere manca affatto, e poi Filastrio e la Historia Apollonii ;di contro Tacito e Ditti . Più eloquenti diventano le statistiche, se si co-stituiscono opera per opera di ciascun autore . La percentuale delle desi-nenze in -ere è per Tacito rappresentata dalle seguenti cifre : De orato-ribus 0 ; Agricola 73,6 ; Germania 42,1 ; Histariae 91,4 ; Annales 91,3 .Quanto più la forma si eleva verso la poesia, tanto più la percentual esi alza . Cosi per T'ertulliano aveva già notato il Ltifstedt (Zur Sprach eTertccllians, p . 67-68 n .) che il grande Africano non adopera mai l aforma -ere, se non nel De pallio, e nel De pallio essa sola, in corrispon-denza con la maniera di quello scritto poetica e ricercata e barocca .

Ma l ' attenzione dello Hagendahl è volta soprattutto ai rappresentant idella prosa ritmica, per stabilire fino a che punto la ricerca del ritm oabbia potuto, senza escludere la possibile concorrenza di altri fattori ,influire su la scelta dell 'una o dell ' altra desinenza di perfetto . Dal -l ' esame dei Panegirici imperiali e delle Declamazioni cos)! dette maggioridi Quintiliano, tal influenza appare innegabile nella scelta della termi-nazione -ere unitamente a una tendenza verso la traiectio del verbo ne lpenultimo posto della proposizione (iunxere su/fragium, habuere seces-sres) : la quale doppia prassi dei declamatori risale poi a Seneca, il mae-stro dello stil nuovo, che la presenta, come pur Plinio il giovino, in certapiù ristretta misura (13,8 °/0 -ere contro 82,2 °/° -crani) . Più tardi Sim-rnaco presenta le stesse proporzioni dei Panegirici, mentre un maggior eritegno nell ' impiego della forma -ere si rivela nella Gratiarum astio d iAusonio a Graziano e nelle due Consolationcs di S . Ambrogio a Valenti-niano II e a Teodosio, nel De reparatione lapsorum di Bacchiario, in

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ANALYSES ET COMPTES-RENDUS .

121.

Sedulio, in S . Agostino, in Gaudenzio . Le eccezioni, cioè le forme in-ero, si presentano in questi scrittori là ove la forma si eleva poetica eclassicheggiante . Invece S . Girolamo, in 211 pagine del volume 64 delCorpus di Vienna, presenta contro 33 -erunt ben 15 -ere, Ennodio nelPanegirico di Teodorico 23 -erunt contro 7 -ere, Cassiodoro nei prim idue libri delle Variae 46 -erunt contro 6 -ere .

Dagli oratori si volge ora l'autore agli storiografi . Qui -ere appare dicasa per la concezione stessa che gli antichi ebbero del genere storico ,come qualcosa di poetico e di solenne . Ciò, nonostante che, come nell arestante prosa d'arte, anche nella storiografia la ricerca del ritmo abbi aavuto la sua importanza nella scelta dell'una o dell'altra forma di per-fetto, sembra innegabile da tabelle e calcoli statistici condotti su Curzi oRufo, su Floro, su Orosio, il quale evidentemente per ragioni di stilepresenta 139 volte nella sua grande opera storica la desinenza -ere ,assente invece nel Comrnonitoriwn e, salvo 16, nel Liber apologeticus ,dove l'espressione è, per cost dire, in tono minore . Infine nell'ultim ogrande storiografo latino, Ammiano Marcellino, che, Greco d'origine, cioffre una lingua frutto delle più varie letture, su trecento forme di per-fetto più che la metà, 53,9 0/e, escono in -ere, solo 32,3 0/0 in -erunt, l e

rimanenti 1.3,8 ° / Q sono contratte .E qui dell'opusculo entriamo nella parte la cui lettura deve riuscir e

più interessante agli studiosi della latinità medievale . Certo è che in

A.rnmiano la collocazione delle parole, e tra queste quella delle vari eforme della terza plurale dei perfetti, va soggetta a inversioni le qual i

sono le medesime che negli scrittori antecedenti ; e come quelle degli

scrittori antecedenti si spiegano solo con l'azione del ritmo . Secondo le

ricerche del Meyer e di altri, si tratterebbe di un ritmo accentuativo, ch e

si determina già nelle forme del cursus medievale . Da tali clausul e

accentuali si è fatto guidare il novissimo editore di Ammiano, il Clark ,

nella interpunzione del suo testo . Scolaro del Clark, l'Harmon nel su o

The Clausola in Ammianus Marcellinus ha creduto di determinare l'at-

teggiamento di Ammiano nei riguardi della quantità stabilendo che

quella delle sillabe toniche gli è assolutamente indifferente, delle no n

toniche è osservata soltanto quella dovuta alla posizione . Invece una

disamina su l'uso delle forme in -ere nei libri XIV, XV, XVII, XXVIII ,

XXXI, conduce lo Hagendahl a conclusioni quanto mai diverse, che

cioè la clausula finale in Ammiano può veramente considerarsi com e

accentuale, ma con questa riserva, che la quantità vi è osservata cos ì

nelle sillabe toniche come nelle non toniche e la forma in questione de l

cursus viene a coincidere con la clausula quantitativa corrispondente .

Certo talvolta ci si presenta una breve in una sillaba accentuata ; ma è

pur in questo fenomeno dell'affievolirsi del senso della quantità la genes i

stessa del cursus .

V . U .

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122

ANALYSES ET COMPTES-RENDUS .

Luigi SCHIAPARELLI . La scrittura latina nell ' età rom ana . Como ,

Ostinelli, 1921, p . xiI-208

ID . Raccolta di documenti latini . Corno, Ostinelli, 1923, p . xvi-160 .

Con questi due libri la ditta Ostinelli inizia una opportuna serie d iAuxilia ad res italicas medü aevi exquirendas in usum scholarum in-structa et collecta : né poteva avere più promettente inizio . Il miglior eavviamento allo studio della scrittura latina del medioevo era infatti l aindagine delle forme che l'antichità ha potuto a questo trasmettere . Losviluppo dei varii elementi da cui risultarono i varii generi di scrittur arende ragione dei loro caratteri e della loro fortuna . Con pienezza diinformazioni (di questa è pur saggio la nota bibliografica delle pubblica-zioni di paleografia latina che chiude il primo volume) lo Schiaparellici trae ad una visione sintetica che in più punti corregge e completa l einduzioni del Traube, Specialmente interessanti le osservazioni intorn oallo sviluppo degli elementi corsivi che dalla scrittura lapidaria si tras-mettono alla libraria e alla documentaria, in forme maiuscole da prim ae poi anche in forme minuscole . Tra i tipi estremi lo Schiaparell iammette fin da ben remote età delle gradazioni intermedie che potreb-bero considerarsi come semicorsive . Tra queste una semionciale arcaica ,da cui sarebbero derivate e la onciale e la semionciale .

Il secondo volume porge quale introduzione alla raccolta dei tipi docu-mentarii medioevali una specie di antologia del documento latino nel-l'antichità . Nulla di simile esisteva ancora nella letteratura italiana : eanche le pubblicazioni straniere di uguale natura sono superate da quest ae per quantità di materiali e per correttezza di edizione . I papiri hannoofferto una larga messe . I documenti che dal secondo secolo avantiCristo scendono fino al settimo sono disposti in ordine cronologico anz iche sistematico . Rescritti imperiali, diplomi militari e gesta municipali ahanno trovato luogo, secondo la ragione del tempo, fra i documenti pri-vati . Ciascun documento ha la sua particolare illustrazione e paleogra-fica e diplomatica . Un indice dei vocaboli più importanti ne facilita I ' us oed i riscontri . Il medioevalista ha sott' occhio un' ottima guida per I ostudio delle formule medioevali e dei loro nessi con le formule del-l'antichità .

Enrico BESTA .

ÉGINHARD, Vie de Charlemagne, éditée et traduite par L . HALPHEN ,professeur à la Faculté des lettres de Bordeaux . Paris, Cham-pion, 1923 . 1 vol . petit in-8°, xxnl-128 pages . (Collection lesClassiques de l'Histoire de France au Moyen Age . )

Ce volume inaugure la publication, entreprise sous la direction de

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ANALYSES ET COMPTES-RENDUS .

12 3

M. L. Haiphen, des documents les plus significatifs de notre histoir edepuis les grandes invasions jusqu ' au xve siècle inclusivement . Il es tdonc tout naturel que, dans sa préface, l ' auteur commence par indique rles principes généraux dont il s'est inspiré lui-même et dont s'inspire-ront les collaborateurs qui se sont groupés autour de lui : donner u ntexte établi avec critique, mais sans vaines surcharges, c ' est-à-dire untexte établi d'après quelques manuscrits types (à l'exclusion de ceux quin 'en sont que des copies directes ou dont les leçons n' offrent qu'unintérêt de pure curiosité) et accompagné des seules variantes utiles pou réviter l ' arbitraire ; — donner en mème temps que le texte authentiqueune traduction fidèle ; — joindre au texte des notes substantielles, san somettre aucun des éclaircissements qu'on est en droit d ' attendre d'unéditeur consciencieux .

Ce programme, M . L. Haiphen l' a, pour sa part, exactement rempli :son texte n ' est pas la reproduction pure et simple de celui q u' ont adopt éles anciens éditeurs, notamment G .-H. Pertz, Monumenta Germanim his-torica ; Scriptores, t . Il (1829), p . 443-463, et G. Waitz, Einhardi VitaKaroli Magni (Hanovre, 1880, in-8°, xxn-38 p ., de la collection des Scrip -tores rerum Germarticarum in usum Scholarunt,) édition revue et corrigé epar O. Holder-Egger (Hanovre, 1905, in-80, même collection .) Il es tfondé sur la collation de cinq copies des i xe-x e siècles, représentant ave cnetteté les trois grandes classes a entre lesquelles paraissent dans l ' en -semble, et sous réserve d ' assez nombreuses contaminations, se répartirtous les manuscrits connus de la Vie de Charlemagne a .

Pour des raisons très acceptables et fondées sur les remarques qu e

l' auteur a faites (et qui sont rappelées p . xvi et suiv . de l ' Introduction) ,les leçons adoptées sont celles de A' et de C, sauf recours à A 2 pour

parer aux fielleuses lacunes de A 4 ; l'autorité de B 4 (n° 360 de la biblio-thèque universitaire de Montpellier) et celle de B 2 (n° 473 de la Biblio-

thèque nationale de Vienne) est inférieure à celle de A l . L'autorité de C

n'est invoquée que pour contrôler les leçons des autres copies .L'orthographe suivie est aussi fidèlement que possible empruntée a u

ms . A l , dont les formes sont, au surplus, presque toujours confirmée s

par C, souvent aussi par B 1 et par B 2 .Le texte d'Éginhard, publié par M . Haiphen, n'est pas seulement pou r

l'historien de Charlemagne un document capital : il intéresse aussi l e

lexicographe, qui, sous une forme accessible et commode, y rencontrer a

maintes expressions et constructions d'où se dégagent les qualités propre s

du style d' Éginhard : un vocabulaire puisé & la fois aux sources biblique s

et littéraires, une langue extrêmement variée par conséquent et un effor t

constant pour égaler aux actes de son héros la dignité et l'éclat de s a

manière d'écrire4 .

H . G .

1 . Sur le style d'Éginhard, voy . A . Schmidt, Die Sprache des Einharts (Greifsw

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124 ANALYSES ET COMPTES-RENDUS .

Det hgl . Danske Yidenskabernes Selskab . (IIistorisk-filologiske

Meddelelser IX, i) . Glossae Medicinales, edidit J . L . HExnEna

(Copenhague, 1924), 96 pages gr . in-8° .

Pour permettre au professeur W . M. Lindsay de mener à bien, en l'al-

légeant un peu, sa tache d ' éditeur du Liber Glossarum, actuellement sous

presse 4 , J . L . Ileiberg a accepté de publier à part, sous le titre de Glossæ

Medicinales, les gloses relatives aux termes de médecine et de botaniqu e

qui figurent en assez grand nombre dans cet ouvrage . Son édition a pour

base principale les mss . P (= Vaticanus Palat . Lat . 1773) et L (_ Parisi -

nus Lat . 11529-30), dont les leçons, relevées soigneusement, lui ont ét é

communiquées par le professeur Lindsay lui-m@me . Goetz (C. G. L . ,

t . V, p . xx et suiv.) a signalé déjà l ' importance capitale de ces deux

manuscrits .Ces gloses médicales dérivent de sources grecques, mais indirecte -

ment ; car, toutes les fois qu 'on peut en découvrir l ' origine réelle, on

trouve qu'elles ont été puisées dans des traductions latines qui remontent

au vi° siècle et dont Valentin Rose a traité excellemment (AnecdotaGræca et Græco-Latina, II, p . 103 suiv .) . Il est vrai qu'on ne peutrecourir à ces traductions latines qu'avec une extrême prudence, car l etexte en est mal établi . Quoi qu'il en soit, J . L . Heiberg en a tiré u n

judicieux parti et a multiplié au bas des pages, entre le texte et l ' appa-rat critique, les renseignements empruntés aux sources, précaution san slaquelle le lecteur ou plutôt le chercheur serait le plus souvent bie nembarrassé et désorienté . L ' apparat critique est sobre, mais complet :s'il n ' est pas encombré de variantes oiseuses, comme celles qui résulten tde la confusion si fréquente entre æ et e, ci et ti, etc ., il contient tou tce qu'il est indispensable de connaftre pour se faire une opinion person -nelle sur le texte adopté par l 'éditeur .

Le latin de ces gloses est le plus souvent barbare, et il n'en saurait êtr eautrement, puisqu' il a été écrit par des gens sans culture littéraire et àune époque où la langue achevait de se gâter ou, si l'on veut, d'évoluer .

On y trouve une foule de déformations phonétiques, morphologiqueset syntactiques .

D'abord, il est très rare que les mots grecs glosés soient régulièremen ttranscrits : à côté de quelques formes comm e

alcibiados (d ' âkxt6tcí6stov c . dc),((-

enfraxis epatos (g. iseppa t5 `/jna-etoç, vipérine), p . 25, 1 . 11 ;

s o ;, obstructiondu foie), p . 29,1 .15 ;

1904), et Ed . Norden, Antike Kunstprosa, t . II, p . 694 . Cf . Max Manitius, Gcsch . der ,lat. Literatur des Mittelalters, I, 643 .

1 . Voy . ALMA, 1, p . 57 .

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ANALYSES ET COMPTES-1ÌENUUS .

125

apo/legi (úro['c .jpX_(_tv), p . 36,

enteasmos (av0_acp.6ç . transport) ,1 . 13 ;

p . 29, 1 . 20 ;cacoguinzia (xaxoxup.fa), p . 26,

epar ( .7jerap), p . 31, 1 . 1 ;1 . 18 ;

euiscus (ae(axoç, mauve sauvage) ,disinteria (óucevtep(a), p . 24, 1 . 6 ;

p . 43, 1 . 20' ;disuria (8ueoupla), p . 25, 1 . 4 ;

/'anodes (Taxa %-, de mxxoç, len -dispnoecen(8uascvoïv.41v),p .24,1 .3 ;

tille), p . 34, 1 . 6 ;ccios (cf . 'xtov, vipérine), p . 25,

ftiriasis (peeiplaatç), p . 36 ,1 .10 ;

1 . 13 ;eflaltes (amt&î.tv)ç, cauchemar),

libanu Jliu (Xteavoü pAotoò), p . 39 ,p . 26, 1 . 8 ;

1 . 20 ;etc ., qui gardent encore plus ou moins une physionomie grecque, il e nest un très grand nombre qui ont un aspect bien étrange pour quiconqu en ' est pas habitué aux libertés qu ' on prend de plus en plus avec le gre cA cette époque . Par exemple :

athonzia (&'cov(a), p . 11, 1 . 13 ;

empristotania tetanus (api pooOo-

bidclliunz ((3óa)),tov), p . 13, 1 . 3 ;

tov(a tecavóç), p . 29, 1 . 19 ;

carcof lzcnz (xapuópu)J ov), p . 15,

thora (m0opzz) stomachi, p . 35 ,

1 . 13 ;

1 . 11 ;

caries (xcypuoç, gén . de xdxpu

flercmone (cpkeYµcvrl), p . 35, 1 . 18 ;

graine de férule), p . 35, 1 . 1 ;

19 ; 20 ; 22 ;geran noson (tepâv v6cov), p . 31 ,

colorunz (xo),Cev), p . 42, 1 . 12 ;

1 . 17 2 ;contudelon (xotu)gBtbv), p . 22,

innotalgium (avopB 1i.tov?), p . 38 ,1 . 1 ;

1 . 11 ;dafj2non (ed(mvtvov), p . 22, 1 . 19 ;

macerium(p.aya(ptov),p.30,1 .10 ;disnoanz (8úc,tvotav), p . 24, 1 . 19 ;

nzaru .rznox (µapacp.6ç)p . 14,1 . 2 ;

empici (aµ tuïxof), p . 29, 1 . 5 ;

etc . etc .Comment reconnaître ägeópoç dans afredos (p . 64, 1 . 11), xetpattea dan s

cirubsa (p . 65, L 3), xuvóaóatoç dans quinosbatrunz (p . 69, 1 . 8), avtattx6v

dans temptatio, nom vulgaire de la plante appelée satyrium (p . 73 ,

L 21), ).t6p6xyl, nom vulgaire du laurier rose, dans liblucae (p . 71, 1 . 5) ,

oúprlttxrl dans lurica (p . 84, 1 . 13), bvóaxopóov, dans oloscordes p . 57 ,

1 . 8), óµma).oç'fil dans piales (p . 57, 1 . 1), ineattxóç dans pietictzs (p . 57 ,

1 . 3), %tavov dans pigamo (p . 57, 1 . 4), tige; dans pigios (p . 57, 1 . 5) ,

ma6leatç, nom vulgaire du marrube, dans piolopes (p . 57, 1 . 13 ; cf. p . 64 ,

1. La glose est uinsi conçue :Malba agrestis : melba euiscus sine alten, qund in alleu). surgit, et uiscus ,

quia glutinosa est .On remarquera la double contusion du grec a)Oaía (transcrit eltea) et du gre c

ieíaxoc (transcrit successivement euiscus et uiscus) avec les mots latins alles e t

uiscus : d'où l'ótymologic fantaisiste .2. Mais p. 37, 1 . 13, on lit geran nosen llr .

BULL . DU CANGE . 1924

9

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126 ANALYSES ET COMPTES-RENDUS .

1 . 11), •rcae ovía âyp(a dans pioniagrager (p . 57, 1 . 15), autre nom de l achélidoine, caca, écorces de grenade, dans aidera (p . 77, 1 . 18), etc . etc . ?

Parmi les gloses qui demeurent par quelque côté obscures, je signalera iparticulièrement (p, 9, 1 . 26) : a Aristolocia : id est raia a (cf. p . 69, 1 . 18 :a raia : id est aristolocia a) et (p . 46, 1 . 4-5) : « martesia : sciola parua —martyria : sciola parua a . Martesia parait bien être pour martensia, n .

pl. de martensis (cf. Marcellus, De medicam . V130), et signifier des viande spilées dans un mortier, puisque le mot qui le glose, sciola, est sans dout epour isiciola, a farce, chair à saucisse a . Martyria, doublet étrange demartesia, parait être une corruption de mortaria, forme accessoire d emar•etaria, qui, chez Apicius, désigne les ingrédients qui entrent dans l aconfection du moretum; de ce sens spécial, il a dû passer à celui qu'onattribue à martesia dans le Glossaire . Mais raia est un mot extrêmemen trare et qui ne parait pas s ' étre maintenu en roman ,

Quant à la morphologie, elle est aussi altérée que la phonétique, et pou rles mêmes raisons . Il suffira de signaler que les neutres pl . ilia et praecor-dia sont devenus des subst . fém . sing . (cf. p . 21, 1 . 1.3 : dolor . . . totamilianz dextram tenens — p . 21, 1 . 14 a praecordia dextra), qu ' intestino-rum a été remplacé par intestinar•unz (p . 24, 1 . 6 a passione intestina-rum), reminiscor par reminisce (cf, p. 32, L 13 nihil se passos reminis-cunt), etc .

Enfin, en lisant le texte des gloses on se convaincra que la syntax eoffre une mine assez riche d ' observations c[ui intéressent la décomposi-tion du latin . Il me suffira de signaler la confusion des cas (p . 13, 1 . 22brotacion : id est appio agreste ; p . 15, 1 . 4 cardamon agrion : id es tnasturcio agreste ; p. 18, 1 . 2 totum caput dolet per inulto tempore ;p. 41, 1 . 1-2 nascuntur . . . in plur•imas partes corporis ; ib . 1 . 21 maximefit haec passio multum Hueras (sic) studentes, Pythagoricis pbilosophis ,. . . p. 42, 1 . 1 memoria multa congregantibus, lectiones diuinas requiren-tes ; subitat eos aut in e .xercitiunz operantibus aut in balneo eut in for oaut saltantibus ; cf . p . 38, 1 . 7 silentiunz utentes) ; l' oubli, des règles d ' ac-cord (p . 48, 1 . 15 rnala acida est natura omnibus commoda et bene digeri-tur•), la confusion du passif et de l'actif (p . 11, 1 . 13 quae dicitur• molocinagrian, etc .), les verbes intransitifs employés au passif personnel (p . 2 11, 20 ex medicaminum potione nocentur nerui), et beaucoup d'autres alté-rations dans le détail desquelles on ne peut entrer ici, mais qui offrentd'autant plus d'intéret au lexicographe que jusqu'ici les divers éditeur sdu Glossaire de Du Cange n'en ont pas fait état .

Ces remarques suffiraient déjà à justifier l'opportunité du travail entre -pris par J . L . Heiberg . J'ai déjà dit avec quel soin il a été fait et quelle sgaranties il offre aux savants .

H . G .