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Candidata: Ruggieri Serena Docente: prof. Gatta Francesco
GRAN METODO TEORICO – PRATICO
per pianoforte
Titolo: Grosse theoretisch-praktische Klavierschule für den systematischen Unterricht nach
allen Richtungen des Klavierspiels vom ersten Anfang bis zur höchsten Ausbildung.
Autori: Sigmund LEBERT e Ludwig STARK.
Anno: 1858
Edizione: J. G. Cotta'schen Buchhandlung, Stuttgart. Il metodo fu tradotto in diverse lingue ed
ebbe larghissima diffusione in Europa e in America. La Klavierschule di Lebert e
Stark, arrivata alla quarta edizione già nel 1870, comparve in traduzione italiana nel
1905 a cura di Mugellini (edizione Carish) e poi nel 1921 a cura di Ivaldi; ci furono
varie ristampe negli anni successivi, di cui ricordiamo anche nel 1948 quella a cura
di Piccioli (edizione Curci).
Costo: edizione Carish - 16 euro; edizione Curci - 12 euro.
Contesto di provenienza: Sigmund Lebert nacque a Ludwigsburg il 12 dicembre 1821 e morì a
Stoccarda il 8 dicembre 1884; fu un pianista e didatta tedesco. Dopo
aver compiuto gli studi musicali a Stoccarda e al Conservatorio di
Praga, a partire dal 1939 si dedicò all'insegnamento privato. Nel 1846
si convertì al cattolicesimo, cambiando in Lebert l'originario cognome
Levi.
Ludwig Stark nacque a Monaco di Baviera il 19 giugno 1931 e morì
a Stoccarda il 22 marzo 1884; fu un pianista, compositore, insegnante
e musicologo tedesco. Da giovane studiò filosofia all'Università di
Monaco e musica.
Furono entrambi tra i fondatori del Conservatorio di Stoccarda, dove
insegnarono pianoforte (Lebert), armonia, storia della musica e canto
(Stark). Insieme ad Immanuel Faisst, L. Stark realizzò inoltre il
metodo di canto intitolato Liederschule. Compose numerosi lieder, un
quartetto, pezzi per pianoforte e fu autore di trascrizioni per
pianoforte. Tra le altre opere scritte in collaborazione cito (Lebert e
Stark) “Systematische teoretisch-praktische Elementar-Singschule”,
Stuttgart, 1859 e (Lebert, Stark e I. Faisst), “Elementar- und
Chorgesangschule”, Stuttgart, 1880.
Postura: Dal presente Metodo emergono molte indicazioni sul pensiero degli autori in ordine
alla corretta postura generale (corpo) e particolare (mani e braccia):
“Il braccio deve cadere dalla spalla con naturalezza; il gomito non deve scostarsi
dal corpo; per altro la sua punta, diretta in basso, dev’essere separata dai fianchi,
per uno spazio di uno o due pollici; gomito, polso e mano devono formare una linea
diritta, vi si deve conformare il seggiolino. Il braccio dev’essere sullo stesso livello
della mano; perché, se più alto, non può conservare l’immobilità dovuta; se più
basso, la mano non può spiegare tutta la sua forza”1.
“[…] Il corpo deve sempre stare diritto, il viso calmo, il seggiolino davanti la metà
della tastiera per poter arrivare facilmente a tutti i tasti”2.
Impostazione mani: Quest’opera è un chiaro documento della tecnica pianistica
ottocentesca di derivazione clavicembalistica, basata su "indipendenza" e
"articolazione" delle dita isolate - le quali, come piccoli martelletti, devono
cadere sui tasti dall'alto - con l'esclusione totale del peso del braccio e
dell'avambraccio3. Una tecnica dunque, che esalta la meccanica pianistica
basata unicamente sull'azione del dito4.
“La mano deve tenersi sulla tastiera in tale posizione che le dita, curvate a
semicerchio, possano battere il tasto nel mezzo non il polpastrello e non
coll’unghia. La mano deve stare leggermente inclinata verso il pollice ed in
modo che ciascun dito alzandosi, ricada sulla tastiera alla stessa altezza.
Solo in questa disposizione le singole dita possono essere educate ad
un’indipendenza assoluta. Il pollice deve posar sul tasto solo fino alla radice
dell’unghia; se no, le altre dita potrebbero urtare contro i tasti neri”5.
“Il meccanismo del pianoforte, che è basato sul movimento rapido del
martelletto, esige da parte della mano, un contro meccanismo
corrispondente. Tutte le dita devono rimanere sollevate circa un pollice dalla
tastiera, cadere a toccare rapido il tasto perpendicolarmente e tornare tosta
nella prima posizione. Questo è il tocco tipo; le sue modificazioni (più vicino
alla tastiera) secondo che le esigono le variazioni di carattere della
composizione, non possono impararsi da un metodo scritto, tocca al maestro
d’insegnarle secondo la propria esperienza. Ma il tocco e il legato sono
sempre della più grande importanza: sono la base del vero meccanismo” 6.
Diteggiatura: La diteggiatura è sempre indicata dagli autori.
Spiegazioni teoriche: Il metodo comincia con un lungo preambolo in cui, dopo aver analizzato
alcuni fenomeni sociologici (per esempio il motivo per cui si inizia a studiare
pianoforte), viene dedicata una parte alle nozioni teoriche di base: §.10 “Delle
note”, §.11 “Durata e valore delle note”, §.12 “Delle pause”, §.13 “Terzine e
Sestine”, §.14 “Ritmo, tempo e movimento”, §.15 “Colorito” (indicazioni di
dinamica), §.16 “Intervalli, tonalità e scale”, §.17 “Metodo elementare” (dove
sprona ad utilizzare le cifre e i relativi cambiamenti per indicare i gradi della
scala).
Queste nozioni di base mirano, secondo gli intenti degli autori, a sviluppare
l’autonomia dell’allievo nell’elaborare consapevolmente tutte le possibilità
1 Lebert e Stark, Gran Metodo Teorico – Pratico per pianoforte (rev. Mugellini), §. 18 “Della posizione del braccio”.
2 Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 20 “Meccanismo del pianoforte”.
3 http://it.wikipedia.org/wiki/Sigmund_Lebert
4 Svariate critiche furono mosse a riguardo tra Ottocento e Novecento dai fautori del rinnovamento della tecnica
pianistica in senso fisiologico, come i teorici tedeschi della tecnica del peso; ma, nonostante ciò, il "metodo Lebert e
Stark" continuò a godere di grande fortuna per oltre un secolo. 5 Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 19 “Posizione della mano”.
6 Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 20 “Meccanismo del pianoforte”.
(per esempio, spiega come costruire una scala e si aspetta che l’allievo lo
faccia in tutte e 24 le tonalità; stesso discorso per gli intervalli).
Il preambolo esorta anche gli allievi ad analizzare la musica, magari aiutato
dal maestro, sia dal punto di vista ritmico7 che in tutti gli altri aspetti trattati.
Spiegazioni tecniche I brani sono raggruppati in capitoli, all’inizio dei quali vengono fornite le
e sussidi: spiegazioni tecniche per eseguirli e studiarli. Vi sono inoltre talvolta, nei
pezzi più complicati, degli esercizi preparatori per sciogliere la difficoltà del
movimento. Gli stessi autori, però, dichiarano nel preambolo che non tutti
vanno studiati, ma sarà a discrezione dell’insegnante stabilire quali di quelli
proposti servano all’allievo in questione (cd. principio metodologico di
“significatività”):
“Si deve mirare soprattutto all’individualità dell’allievo […]. Il nostro
metodo offre per ciò solo la materia applicabile dal maestro alle maggiori o
minori abilità dell’allievo, materia sufficiente per tutte le capacità […]. Per
ciò non tutti gli scolari abbisognano di tutti gli esempi preparatori del nostro
metodo, in ugual grado, l’insegnante deciderà della scelta; egli può essere
sicuro di trovare l’adattabile a tutte le diverse capacità per grandi e deboli
che siano. Troppi esercizi tecnici stancano e paralizzano lo spirito”8.
Numerosi schemi e immagini accompagnano nell’introduzione le nozioni
teoriche; una sola pagina invece è dedicata all’illustrazione grafica della
postura e consiste in una serie di 15 figure, non corredate da alcuna
descrizione9.
Impostazione Aldilà di queste prime immagini, l’impostazione è piuttosto seria e rigorosa,
grafica: senza disegni, né colori per “abbellire” il testo o facilitare in qualche modo
l’apprendimento e l’interesse dell’allievo, né tanto meno come
esemplificazione. Come già anticipato, i brani vengono inseriti in capitoli che
affrontano temi e difficoltà tecniche specifiche.
IMG INDICE
Soggetto in apprendimento: Gli autori esaltano molto l’individualità dell’allievo e il ruolo
fondamentale del maestro, nello stabilire il percorso da fargli seguire,
in base alle rispettive carenze e ai punti di forza.
“come vi sono allievi dotati di disposizioni speciali i quali, meno di
altri, abbisognano di preparazione, e come un lavoro didattico non
può seguire di pari passo lo sviluppo di nature diverse, il nostro
metodo acquista tutto il suo valore soltanto nelle mani di un abile
maestro. Non è nostro compito di scendere al bisogno individuale
d’ogni singolo allievo, altrimenti occorrerebbero tanti metodi quanti
7 Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 17 “Metodo elementare”.
8 Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 2.
9 Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., pag.16.
sono gli allievi […]. Spetta al maestro di adattare il metodo ad ogni
singolo allievo.[…]. Ad un buon risultato può condurre solo il
discernimento del maestro […]. Un ottimo maestro con mezzi
mediocri conseguirà successi più rilevanti che un maestro mediocre
con mezzi ottimi. […]. Si deve mirare soprattutto all’individualità
dell’allievo”10
.
Gli autori, inoltre, sconsigliano l’esagerazione degli esercizi tecnici:
“Troppi esercizi tecnici stancano e paralizzano lo spirito […] basta
dunque limitare lo studio puramente tecnico al necessario, perché gli
studi quotidiani solamente tecnici tolgono allo spirito giovine attività
e nutrimento: si avrebbe un puro meccanismo che cerca la meta nella
ginnastica, non nello spirito delle bellezze artistiche. Non parliamo
però delle scale, degli arpeggi ecc. che sono troppo evidentemente
indispensabili”11
.
Dettagliate indicazioni vengono inoltre fornite relativamente allo
studio a casa dell’allievo:
“Si studi ogni pezzo prima lentamente e con forza, osservando solo le
principali gradazioni del colorito, il legato e lo staccato. Arrivati ad
eseguirlo senza errori, si terrà più minutamente conto delle
indicazioni. Studiando così si ottiene un’esecuzione corretta. Si può
stabilire solo in generale, quanto si deve studiare quotidianamente,
perché tale allievo può imparare più in un’ora che tale altro in due,
secondo le loro attitudini. Consigliamo al dilettante di studiare due
ore al giorno così distribuite: ½ ora di esercizi tecnici, 1 ora di studio
di pezzi nuovi, ½ ora ripetizione di pezzi già studiati. Per non
stancarsi divida le 2 ore fra mattina e dopo mezzogiorno. Per colui
che si dedica per professione alla musica abbisognano 4-5 ore di
studio al giorno così distribuite; nella giornata: 1 ora d’esercizi
puramente tecnici del nostro metodo; 1-1 ½ ora di studi; 1-1 ½ ora
pezzi nuovi; 1 ora ripassare pezzi già studiati o anche lettura di
musica nuova. Non conviene studiare più di 4-5 ore, perché
affaticherebbe corpo e mente; chi con queste ore di studio non
progredisce, non ha vocazione per la musica e cambi strada per non
aumentare il numero dei proletari della musica”12
.
Il metodo non manca di esaltare la conoscenza della teoria musicale e
nel farlo distingue esplicitamente tra allievo e allieve: l’allievo infatti
dovrebbe conoscere la teoria nel suo complesso, le allieve invece è
sufficiente che sappiano almeno distinguere accordi e relative
modulazioni e familiarizzare con lo stile polifonico e la musica da
camera. L’allievo è invitato inoltre a conoscere le tecniche di
strumentazione e la lettura della partitura, così come
l’accompagnamento di un Concerto. Vanno studiate inoltre la storia e
l’estetica musicale, insieme, almeno nel loro complesso, alle
10
Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 2. 11
Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 2. 12
Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 7.
“produzioni della letteratura e delle arti plastiche”13
(cd. principio
metodologico di “integrazione interdisciplinare”).
Aspetti sociologici: Gli autori affrontano nell’introduzione innanzitutto aspetti che potremmo
definire “sociologici”, quali per esempio le motivazioni che spingono i
genitori a far studiare pianoforte ai propri figli; questi ultimi infatti
“sentirebbero istintivamente l’influenza benefica della musica
sull’educazione, ma, interrogati, non saprebbero precisare lo scopo del
nuovo fattore o lo chiamerebbero un piacevole passatempo, contenti di
sentire il più presto possibile dai figliuoli un ballabile o qualche variazione
d’opera”14
; altri lo considerano semplicemente un divertimento che allontana
i figli dall’ozio “e si contentano se la musica occupa qualche ora libera”;
altri ancora infine hanno ambizioni, “vanno orgogliosi della figliuola e
sognano successi per lei in società”15
.
Si affronta inoltre il tema dell’età più corretta per iniziare a suonare e la
risposta che viene fornita è che, aldilà delle particolari doti che si possono
manifestare in un ragazzo piuttosto che un altro, l’età migliore sia tra gli 8 e i
9 anni. “Si profitti dell’anno che precede per lo studio del solfeggio. […]
Quest’età ci parre giusta, perché la mente del fanciullo, preparata per mezzo
della scuola, è già abbastanza forte per capire ciò che gli si fa suonare, e
questo è indispensabile alla sua futura indipendenza. Anche la forza fisica del
fanciullo di 8 o 9 anni è giunta ad un punto da acquistare il meccanismo
secondo le regole dell’arte”16
.
Infine viene trattata anche la questione del suonare in pubblico:
“consigliamo al maestro di farlo suonare di tanto in tanto in qualche riunione
famigliare. Ciò serve come stimolo e mezzo per perdere la naturale timidezza.
Ma questi piccoli concerti non debbono assolutamente interrompere il corso
dell’insegnamento: l’allievo eseguirà dinnanzi ad altri soltanto quei pezzi che
avrà studiato. Questa regola è tanto per dilettanti, quanto per futuri artisti. A
questi ultimi raccomandiamo di non prodursi pubblicamente prima
dell’ultimo anno dei loro studi, perché lo studio di pezzi di concerto
interrompe il corso sistematico dell’insegnamento e perché le lodi e i biasimi
esagerati potrebbero avere una funesta influenza sul giovane artista”17
.
Repertorio: Il metodo propone svariati esercizi a 4 mani prima di quelli a due (il primo
compare soltanto nel §. 26, pag.54, in un’estensione di cinque note); secondo
gli autori, infatti, “molto giovevole alla formazione dello stile è l’esecuzione a
4 mani con un buon suonatore. E’ un ottimo mezzo per fortificare il
sentimento del tempo e raffinare l’intuito musicale”18
.
Non mancano nel metodo brani della tradizione popolare, nonostante gli
autori sconsiglino di eccedere in tali esecuzioni:
13
Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 7. 14
Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 1. 15
Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 1. 16
Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 5. 17
Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 8. 18
Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 4.
“Dapprima gli si diano dei pezzi infantili sì, ma sempre elevati, di bello stile;
tutto ciò che è volgare dev’essere bandito. Per questa ragione non abbiamo
creduto di mancare al nostro principio, ammettendo nei §§. 26, 29, 31 di
questa prima parte alcune canzoni popolari opportunamente scelte”19
.
Linguaggio/comunicazione: Il metodo presenta un linguaggio molto aperto e diretto, per nulla
semplificato in funzione di una comunicazione volta al bambino, tanto
che, a mio avviso, serve sempre la mediazione dell’insegnante per far
cogliere all’allievo gli obiettivi del relativo esercizio e le modalità di
studio.
Ma gli stessi autori sembrano rivolgersi sempre al maestro, piuttosto
che allo studente.
“Quando l’allievo deve apprendere uno studio come questo, ch’è
essenzialmente ritmico, od altro studio dello stesso tipo gli sarà
oltremodo utile di frazionare la divisione d’ogni battuta. Ciascun
quarto, in questo studio, dev’essere da principio diviso in due crome;
poi, quando lo scolaro avrà compreso l’esatto ritmo, potrà accelerare
il movimento e contare in tre invece che in sei. Ma se, ad ogni modo,
l’allievo trovasse questo esercizio troppo difficile si consiglia
momentaneamente, di ometterlo e farlo fare più innanzi”20
.
Filosofia di fondo: Come esaminato, il Lebert e Stark è un metodo che, oltre ad analizzare
gli aspetti teorici e, in un certo senso, sociologici dello studio e
dell’esecuzione musicale, propone l’applicazione degli stessi
direttamente in contesti “melodici”: all’infuori del §. 23, dedicato a
meri esercizi che potremmo definire “ginnici” per le cinque dita, non
presenta infatti altre situazioni simili. La tecnica non è più, nei
successivi capitoli, avulsa dal risultato melodico, che è sempre
apprezzabile.
Punti forti e punti deboli: Quanto appena evidenziato, a mio avviso, se da un lato può esaltare
l’intento motivazionale nei confronti dell’allievo, allo stesso tempo
rischia però di distrarre quello direzionale, in quanto non sempre è
chiaro quali difficoltà si stanno affrontando. Tra gli aspetti negativi vi
è forse proprio la carenza di esercizi puramente tecnici, che affrontino
difficoltà specifiche, in modo da creare automatismi. Manca inoltre,
come già sottolineato, un’impaginazione accattivante per il bambino
(cd. principio metodologico di “motivazione”) a favore di
un’impostazione più seria e rigorosa; così come qualsiasi riferimento o
attenzione agli aspetti affettivi e relazionali tra docente e allievo (cd.
principio metodologico di “clinicità”).
Viene per contro affrontata molto bene l’individualità degli allievi,
soprattutto attraverso la predisposizione di numerosi esercizi
preparatori ai vari brani, dai quali l’insegnante può attingere per
sciogliere eventuali difficoltà tecniche, diverse a seconda delle
capacità personali e attuali dell’allievo (cd. principio metodologico di
19
Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 2. 20
Lebert e Stark, Gran Metodo..., cit., §. 24 “Semiminime sincopate”, pag.46.
“significatività”). Ritengo vengano rispettati anche i principi
metodologici di “continuità” e “ricorsività”, in quanto l’opera procede
gradualmente, riprendendo ed ampliando continuamente i contenuti
già presentati. Non vi è alcuna richiesta specifica in ordine alla
memorizzazione dei pezzi, né di variazione o improvvisazione sugli
stessi. Vengono però inseriti i segni di dinamica e di agogica sin dai
primi brani in modo da creare un’integrazione intradisciplinare tra i
vari elementi dell’esecuzione (melodia, ritmo, sonorità, agogica).