100
da Storia sociale dell’arte di Arnold Hauser Storia dell’arte Einaudi 1

Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

da Storia socialedell’arte

di Arnold Hauser

Storia dell’arte Einaudi 1

Page 2: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Edizione di riferimento:Arnold Hauser, Storia sociale dell’arte. Volume se-condo. Rinascimento Manierismo Barocco, trad. it. diAnna Bovero, Einaudi, Torino 1955, 1956 e 1987Titolo originale:Sozialgeschichte der Kunst und Literatur, C. H. Beck,München

Storia dell’arte Einaudi 2

Page 3: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Indice

Storia dell’arte Einaudi 3

IL RINASCIMENTO

IV. La classicità del Cinquecento 4

IL MANIERISMO

I. Il concetto di Manierismo 18

II. L’età del realismo politico 28

III. La seconda disfatta della cavalleria 67

Page 4: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

il rinascimento

Capitolo quarto

La classicità del Cinquecento

Quando, nel 1504, Raffaello giunse a Firenze, Loren-zo era morto da piú di un decennio, il suo successore erastato cacciato, e il gonfaloniere Pier Soderini avevarestaurato con la repubblica un regime borghese. Mal’arte era già avviata a uno stile aulicamente solenne eformalistico, e le direttrici del nuovo gusto convenzio-nale già erano state formulate e in genere accolte: ormaila trasformazione poteva procedere sulla via tracciata,senza bisogno d’ulteriori stimoli esterni. Raffaello quin-di non ebbe che da continuare nella direzione indicatadalle opere del Perugino e di Leonardo, e come artistaoriginale non poté far altro che aggregarsi a quella ten-denza, in sé conservatrice, perché diretta a un canoneformale astratto e immutabile, ma, in quella congiuntu-ra storica, progressiva. Del resto, a mettersi su questavia non gli mancarono neppure stimoli dall’esterno, ben-ché ormai l’iniziativa non fosse piú di Firenze. Altroveinfatti, quasi dappertutto in Italia, erano al governofamiglie con ambizioni dinastiche e atteggiamenti prin-cipeschi; e soprattutto a Roma, intorno al papa, si anda-va formando una corte vera e propria che si ispirava aglistessi ideali di fasto aristocratico delle altre e quindi con-siderava arte e cultura come elementi di prestigio.

Nell’Italia divisa, lo Stato pontificio aveva assunto

Storia dell’arte Einaudi 4

Page 5: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

l’egemonia politica. I papi si sentivano eredi dei Cesarie in parte riuscirono anche a utilizzare ai loro fini didominio le fantasie di un rinnovamento dell’anticosplendore romano, pullulanti per tutto il paese. Vera-mente le loro ambizioni politiche rimasero insoddisfat-te, ma Roma divenne il centro della civiltà occidentalee acquistò sugli spiriti un’autorità, che la Controrifor-ma non fece che approfondire e che si mantenne finnella tarda età barocca. Dopo il ritorno dei papi da Avi-gnone, la città era diventata non solo un centro diplo-matico, con ambasciatori e incaricati d’affari prove-nienti da ogni parte del mondo cristiano, ma anche unimportante mercato finanziario dove affluivano e sispendevano somme favolose. Come potenza finanziaria,la Curia superava tutti i principi, i signori, i banchieri ei mercanti dell’alta Italia; poteva quindi spiegare unmaggior fasto e nel campo artistico venne di fatto assu-mendo la funzione di guida fino allora tenuta da Firen-ze. Quando i papi erano tornati di Francia, Roma eratutta rovine, dopo le invasioni barbariche e le devasta-zioni provocate da secoli di faide nobiliari. I Romanierano poveri e neppure i grandi dignitari ecclesiasticidisponevano di mezzi tali da consentire una fiorituraartistica che potesse competere con Firenze. Durante ilQuattrocento la capitale pontificia non ebbe artisti pro-pri: i papi dovettero ricorrere a forestieri. Cosí chiama-rono a Roma i piú celebri maestri del tempo, fra gli altriMasaccio, Gentile da Fabriano, Donatello, l’Angelico,Benozzo Gozzoli, Melozzo da Forlí il Pinturicchio,Mantegna; ma, finiti i lavori, essi se ne andavano senzalasciar traccia, se non nell’opera loro. Neppure sotto ilpontificato di Sisto IV (1471-84), quando, per i lavoridi decorazione della cappella papale, per qualche annoRoma fu veramente un centro di attività artistica, sicostituì una scuola o una tendenza con propri caratteri.Questa comincia ad esistere soltanto sotto Giulio II

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 5

Page 6: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

(1503-13), dopo che Bramante, Michelangelo e infineRaffaello si sono stabiliti a Roma, ponendo il loro genioal servizio del papa. S’inizia allora quell’incomparabileattività artistica il cui risultato è la Roma monumenta-le, quale ancor oggi ci appare: non solo il massimo, mal’unico monumento veramente rappresentativo del Cin-quecento, che poté sorgere solo grazie alle eccezionalicondizioni offerte dalla residenza papale.

Mentre il gusto quattrocentesco era stato in preva-lenza mondano, la nuova arte che qui vediamo nasceree definirsi è un’arte ecclesiastica, tuttavia improntata asolennità maestosa, a potenza e dominio, invece che ainteriorità e misticismo. Alla profondità del sentimentocristiano e al suo distacco dal mondo subentra una fred-dezza altera e un’espressione di superiorità fisica e intel-lettuale. Con ogni chiesa, ogni cappella, ogni pala d’al-tare, ogni fonte battesimale, pare che i papi voglianoanzitutto fare un monumento a se stessi e pensino piúalla gloria propria che a quella di Dio. Sotto Leone X(1513-1521) la vita di corte giunge all’apogeo. La Curiaromana sembra la corte di un imperatore, le case dei car-dinali ricordano le corti principesche, e quelle degli altridignitari ecclesiastici, le case aristocratiche che cercanodi superarsi a vicenda in splendore. Fra quei principi edignitari della Chiesa, i piú hanno tradizioni familiari dimecenatismo: fanno quindi lavorare gli artisti perimmortalare il proprio nome, sia col dono di opere d’ar-te alle chiese, sia costruendo e abbellendo i loro palaz-zi. I ricchi banchieri della città, primo fra tutti Agosti-no Chigi, amico e protettore di Raffaello, si sforzano dinon essere da meno nel mecenatismo; essi accresconol’importanza del mercato artistico romano, ma senzaimprimervi alcun carattere particolare. Diversamenteda quel che accade nelle altre città – prima fra tutteFirenze – dove la classe dominante è in complesso omo-genea, l’alta società romana si compone di tre gruppi

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 6

Page 7: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

nettamente distinti1. Il piú importante è la Curia, con icongiunti del papa, l’alto clero, i diplomatici italiani estranieri e le mille altre persone che partecipano dellamagnificenza pontificia. Gli appartenenti a questo grup-po sono generalmente i piú ambiziosi e i piú ricchi pro-tettori dell’arte. Un secondo gruppo comprende i gran-di banchieri e i ricchi mercanti, per i quali quella pro-diga Roma, centro della potenza finanziaria dei papi,costituisce la migliore occasione immaginabile. Il ban-chiere Altoviti è fra i piú generosi amici dell’arte inquell’epoca e per Agostino Chigi lavorano – tranneMichelangelo, il nemico di Raffaello – tutti gli artisticelebri del tempo: oltre Raffaello, egli impiega il Sodo-ma, Baldassare Peruzzi, Sebastiano del Piombo, GiulioRomano, Francesco Penni, Govanni da Udine e moltialtri. Il terzo gruppo comprende i membri delle antichefamiglie romane ormai impoverite; escluse o quasi dalnuovo mecenatismo artistico, esse mantengono il lustrodel nome solo grazie ai matrimoni con i ricchi borghesie cioè provocano una fusione sociale simile – sebbenemeno ampia – a quella già avvenuta a Firenze e altrovein seguito alla partecipazione dell’antica nobiltà agliaffari della borghesia.

Agli inizi del pontificato di Giulio II possiamo accer-tare la presenza stabile in Roma di otto o dieci artisti almassimo; venticinque anni dopo, alla compagnia di SanLuca appartengono centoventiquattro pittori, dei qualiperò i piú sono semplici artigiani che, attratti dallarichiesta d’artisti della Curia e dei cittadini ricchi, afflui-scono da ogni luogo d’Italia2. Se è innegabile che prela-ti e banchieri ebbero molta importanza come commit-tenti per lo sviluppo della produzione artistica, è soprat-tutto determinante per l’arte cinquecentesca e il confi-gurarsi del suo stile il fatto che Michelangelo quasi esclu-sivamente e Raffaello per lo piú abbiano lavorato per ilVaticano. Solo qui, al servizio del papa, si poteva svi-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 7

Page 8: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

luppare quella «maniera grande» di fronte alla quale letendenze delle altre scuole locali hanno un carattere piúo meno provinciale. In nessun altro luogo noi troviamoquesto stile elevato, esclusivo, cosí profondamente per-meato di cultura, cosí totalmente dedito alla soluzionedi elettissimi problemi formali. L’arte del Quattrocen-to poteva ancora, magari fraintesa, destar l’interesse dicategorie piú vaste; i poveri e gli incolti potevano sen-tirsene attratti, anche se per motivi non propriamenteestetici: con l’arte nuova le masse non hanno piú rap-porti. Qual senso avrebbero avuto per loro la Scuolad’Atene di Raffaello e le Sibille di Michelangelo, anchese per caso le avessero viste?

Ma appunto in opere come queste si attuò l’arte clas-sica del Rinascimento, di cui si suole celebrare la vali-dità universale, ma che in verità si rivolgeva a un pub-blico piú ristretto che ogni arte precedente. Certamen-te il suo pubblico era ancor piú limitato di quello dellaclassicità greca; ma, al pari di questa, la nuova classicità,ad onta della sua fortissima ambizione stilizzatrice, nontralasciava, anzi esaltava e compiva, le precedenti con-quiste del naturalismo. Come le sculture del Partenoneson piú «giuste», piú rispondenti alla comune esperien-za che non i frontoni del tempio di Zeus a Olimpia; cosínelle opere di Raffaello e di Michelangelo si riscontrauna libertà, un’evidenza, una naturalezza maggiore diquella dei quattrocentisti. In Italia non c’è in tutta la pit-tura anteriore a Leonardo una figura umana che, para-gonata a quelle di Raffaello, Fra’ Bartolomeo, Andreadel Sarto, Tiziano, Michelangelo, non appaia ancora unpo’ angolosa, rigida, impacciata. Per quanto giustamen-te osservate nei particolari, le figure del Quattrocentonon sono mai ben salde sulle gambe, i loro movimentisono intralciati e costretti, le membra scricchiolano es’inceppano nelle giunture, i rapporti con lo spazio sonospesso contraddittori, il modellato è insistito, la luce

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 8

Page 9: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

artificiosa. Le aspirazioni naturalistiche del Quattro-cento toccano nel Cinquecento la loro maturazione. Mal’unità storico-stilistica della Rinascita non si manifestasolo nel fatto che il naturalismo del Quattrocento sicontinua direttamente e si conclude nel secolo seguen-te, ma anche in quest’altro fenomeno e cioè che quelprocesso di sempre piú forte stilizzazione che porta allaclassicità cinquecentesca ha il suo inizio alla metà delQuattrocento. Uno dei concetti piú importanti dellaclassicità, la definizione della bellezza come armonia, ègià formulato dall’Alberti. Egli pensa che la natura del-l’opera d’arte è tale che nulla vi si possa togliere oaggiungere senza pregiudicarne la bellezza3. Quest’idea,che risale ad Aristotele4, e che l’Alberti ha ripreso daVitruvio, resta una tesi fondamentale dell’estetica clas-sicistica. Ma come collegheremo questa relativa unitàdella visione artistica – il classicismo che nasce già nelQuattrocento, il proseguirsi del naturalismo nel Cin-quecento – con le variazioni sociali del Rinascimento?Nel suo fiore, esso è ancor sensibile e fedele al vero,mantiene, anzi accentua, i criteri empirici della veritàartistica, evidentemente perché, come l’età classica dellaGrecia, pur con la sua tendenza conservatrice, è ancoraun tempo essenzialmente dinamico, in cui il processo diascesa sociale è ancora aperto, né possono ancora svi-lupparsi convenzioni e tradizioni definitive. Tuttavia losforzo per arrestare il processo di livellamento sociale ebloccare ogni ulteriore ascesa è già in corso fin da quan-do la borghesia è giunta alla sua metà e si è confusa conla nobiltà; a questo punto nel mondo quattrocentescocominciano a farsi strada le tendenze classicistiche.

Poiché la conversione dal naturalismo al classicismonon si compie a un tratto, ma dopo lentissima prepara-zione, è facile fraintendere l’intero processo della tra-sformazione stilistica. Se si bada ai prodromi e si parteda fenomeni di transizione come l’arte di Leonardo e del

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 9

Page 10: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Perugino, si avrà l’impressione che il mutamento avven-ga senza cesure, senza salti, quasi per logica necessità;l’arte del primo Cinquecento apparirà allora nient’altroche la sintesi delle conquiste quattrocentesche. Insom-ma, è facile per questa via lasciarsi indurre ad ammet-tere uno sviluppo endogamo degli stili. Fenomeni comeil passaggio dall’arte antica alla paleocristiana, o dalromanico al gotico, implicano tanti elementi radical-mente nuovi, che non si può spiegare immanentistica-mente lo stile piú recente come semplice antitesi dialet-tica del precedente o come sintesi delle sue aspirazioni;si esige una spiegazione che risalga a motivi già fuori delcampo stretto dell’arte e che trascendano quello che èsemplice sviluppo stilistico. Tuttavia il trapasso dalQuattrocento al Cinquecento è cosa diversa. Qui lo stilemuta quasi senza frattura, proprio come continua è l’e-voluzione della società. Pure non si tratta di un proces-so automatico, come fosse una funzione logica con coef-ficienti interamente noti. Se alla fine del Quattrocento,per qualche circostanza che noi non possiamo immagi-nare, la società si fosse sviluppata diversamente – se peresempio, invece del consolidarsi delle tendenze con-servatrici, fosse intervenuto un cambiamento econo-mico, politico o religioso – certo anche l’arte vi avreb-be corrisposto con un diverso indirizzo, e questo nuovostile avrebbe sempre rappresentato una conseguenza«logica» del Quattrocento, anche se tutt’altra da quel-la rappresentata dal classicismo. Infatti volendo appli-care in generale all’evoluzione storica il principio dellalogica, bisognerebbe almeno concedere che una costel-lazione storica può avere piú conseguenze «logiche»divergenti.

Gli arazzi di Raffaello sono stati chiamati il Parte-none dell’arte nuova. Se l’analogia si può ammettere,occorre però che le somiglianze non facciano dimenti-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 10

Page 11: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

care l’immensa distanza che corre fra la classicità anti-ca e quella moderna. Di fronte all’arte greca, la classi-cità moderna manca di calore e di spontaneità; già nelRinascimento essa ha un carattere derivato, retrospet-tivo, piú o meno neoclassico. Vi si rispecchia una societàche, satura di reminiscenze della romanità eroica e delMedioevo cavalleresco, suggestionata da un sistemaetico artificioso e dalle convenzioni sociali, mira a sem-brare quel che realmente essa non è, stilizzando il pro-prio modo di vita secondo tale finzione. Il Rinascimen-to nel suo fiore ritrae questa società com’essa vuol veder-si ed esser veduta. Non c’è un tratto, in quell’arte, chea un’indagine stringente non riveli l’esaltazione del suoideale di vita, aristocratico e conservatore, che si basasulla stabilità e la durata. Sotto un certo aspetto, il for-malismo dell’arte cinquecentesca non è che un corri-spettivo del formulario dell’etica e del galateo, che laclasse dominante s’impone. Come l’aristocrazia e i cir-coli di costume aristocratico sottomettono la vita a uncanone formale che la protegga dall’anarchia del senti-mento, cosí l’arte assoggetta il sentimento alla censuradi salde e astratte forme impersonali. Per quella società,nella vita come nell’arte, il piú alto precetto è la padro-nanza di sé, la repressione degli affetti, il freno dellaspontaneità, dell’ispirazione, dell’estasi. I sentimentiostentati, le lacrime e le smorfie di dolore, i deliqui, illamentarsi e il torcersi le mani, insomma quell’emotivitàborghese che nel Quattrocento era un residuo del goti-co tardo, scompare dall’arte cinquecentesca, Cristo nonè piú un martire sofferente, ma torna ad essere il re deicieli, superiore a ogni umana debolezza. Maria, senzalacrime né gesti, contempla il figlio morto, anzi ancheverso il Bambino reprime ogni tenerezza plebea. Misu-ra è, in ogni cosa, il motto del tempo. I precetti di ordi-ne e disciplina trovano la piú stretta analogia nei prin-cipî, cari all’arte, di sobrietà e ritegno. L. B. Alberti ha

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 11

Page 12: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

preceduto il Cinquecento anche nell’idea dell’economiaartistica: «Chi molto cercherà dignità in sua storia, – eglidice, – ad costui piacerà la solitudine. Suole ad i prin-cipi la carestia delle parole tenere maestà dove fannointendere suoi precepti; cosí in istoria uno certo com-petente numero di corpi rende non poca dignità»5. Allacomposizione semplicemente coordinata subentra dap-pertutto il criterio dell’accentramento e della subordi-nazione. Ma non bisogna intendere il funzionamentodella causalità sociale in termini semplicistici e crederequindi che il prevalere dell’autorità sui singoli nellarealtà sociale si traduca senz’altro, nell’arte, nella tiran-nia di un ordine generale sulle varie parti della compo-sizione e, per cosí dire, la democrazia dei singoli ele-menti vi si trasformi in una monarchia dell’idea com-positiva fondamentale. Equiparare semplicemente ilprincipio d’autorità nella vita sociale all’idea di subor-dinazione in arte porterebbe solo a un equivoco. Tutta-via è naturale che a una società incline a comandare esottomettere debba, anche in arte, piacere l’espressionedella volontà, della disciplina e dell’ordine, che soggio-gano la realtà, piú che seguirla e interpretarla.

E una società siffatta vorrà dare all’arte carattere dinorma e di necessità. Cercherà pertanto una «sublimeregolarità» e attraverso l’arte vorrà provare l’esistenzadi criteri e principî universalmente validi, inconcussi,intangibili, la presenza di un disegno assoluto e immu-tabile che governa le vicende del mondo ed è possedu-to dall’uomo, se non proprio da ogni uomo. In armoniacon tali idee, le forme dell’arte dovranno essere esem-plari e apparir perfette e definitive, come vuol esserel’ordine politico del tempo. Nell’arte la classe domi-nante cercherà anzitutto il simbolo della calma e dellastabilità, ch’essa persegue nella vita. Infatti il primoCinquecento, sviluppando la composizione in simmetriee rispondenze, costringendo la realtà nello schema di un

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 12

Page 13: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

triangolo o di un cerchio, non soltanto risolve un pro-blema formale, ma esprime una tendenza alla stasi e ildesiderio di perpetuarla. In arte la norma è stimata piúdella soggettiva libertà; e il seguirla, qui come nella vita,appare come la via piú sicura verso la perfezione. Essen-ziale a questa perfezione è anzitutto la visione totaledelle cose, che si può conseguire non attraverso la sem-plice addizione, ma solo con una completa integrazionedelle parti in un tutto. Il Quattrocento ha rappresenta-to il mondo come un interminabile fluire, un divenireindomabile e infinito; l’uomo vi si è sentito piccolo edebole e gli si è arreso volontariamente e con gratitudi-ne. Il Cinquecento vede il mondo come un tutto finito;la sua vastità è quella stessa, e non piú, che l’uomo com-prende; ogni perfetta opera d’arte esprime a suo modotutta la realtà concepibile.

L’arte del primo Cinquecento è interamente monda-na; anche nelle scene sacre essa realizza il suo stile idea-le non già contrapponendo realtà naturale e realtà tra-scendente, ma creando fra le cose stesse della natura unadistanza, che nella sfera dell’esperienza visiva suggeri-sce distinzioni di valore simili a quelle che esistono nellasocietà fra l’aristocrazia e il volgo. La sua armonia riflet-te l’utopistica immagine di un mondo da cui ogni lottaè esclusa, non perché vi regni un principio democrati-co, ma al contrario, uno autocratico. Le sue creazionirappresentano una realtà superiore, piú nobile, sottrat-ta al caduco e al quotidiano. Il suo piú importante prin-cipio stilistico è quello di limitare la composizione all’es-senziale. Ma che cos’è questo essenziale? È il tipico, ilrappresentativo, l’eccezionale, che assume efficaciasoprattutto per il potenziamento unilaterale che subisce.Per contro, non è essenziale ciò che è immediatamenteconcreto, accidentale, particolare, individuo, insommaproprio quello che per l’arte del Quattrocento apparivapiú interessante e sostanziale. L’aristocrazia del primo

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 13

Page 14: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Cinquecento crea la finzione di un’arte eternamentevalida, «eternamente umana», perché vuol credere eter-no e immutabile anche il proprio valore. In realtà èun’arte anche questa legata al tempo, limitata e transi-toria nei suoi criteri di valore e di bellezza, alla pari diquella di ogni altra età. Poiché anche l’idea d’eternità èun prodotto del tempo e la validità di una concezioneassoluta è relativa quanto quella di una concezionedichiaratamente relativa.

Fra tutti i fattori dell’arte cinquecentesca quello piústrettamente legato al tempo e alle condizioni sociali el’ideale della kalokagathía. Nessun altro rivela con altret-tanta evidenza come il concetto di bellezza dipenda dal-l’ideale umano dell’aristocrazia. L’importanza attribui-ta all’aspetto fisico non è una novità del Cinquecento,né un segno di mentalità aristocratica – già il secolo pre-cedente, opponendosi allo spiritualismo medievale,aveva guardato con occhio appassionato all’aspetto fisi-co dell’uomo – ma solo nel Cinquecento la bellezza e laforza fisica divengono espressione perfetta della bellez-za e del valore spirituale. Il Medioevo sentiva come ter-mini antitetici e inconciliabili lo spirito incorporeo e ilcorpo privo di spiritualità: contrasto or piú or menoaccentuato, ma sempre presente al pensiero degli uomi-ni. Per il Quattrocento l’inconciliabilità di spirito ecorpo perde significato; il valore spirituale non è anco-ra incondizionatamente legato alla bellezza fisica, manon la esclude. La tensione che tuttavia qui esiste anco-ra fra doti intellettuali e fisiche scompare del tutto dal-l’arte del primo Cinquecento. Secondo le premesse diquest’arte appare, ad esempio, inconcepibile rappresen-tare gli apostoli come volgari contadini o semplici arti-giani, al modo del Quattrocento, spesso cosí gustoso.Santi, profeti, apostoli, martiri sono ormai figure idea-li, libere e grandi, possenti e dignitose, gravi e pateti-che, stirpe d’eroi di una bellezza piena, matura, sen-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 14

Page 15: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

suale. In Leonardo, accanto a figure di questo genere sitrovano ancora tipi caratteristici, ma a poco a poco appa-re indegno dell’arte tutto quanto non sia grandioso. Nelraffaellesco Incendio di Borgo la portatrice d’acqua èdella stirpe delle Madonne e delle Sibille michelangio-lesche – umanità gigantesca, dal piglio energico, orgo-gliosa e sicura. Tale è l’imponenza di quelle figure, chepossono anche comparire svestite, nonostante l’anticaavversione nobiliare per il nudo; esse non perdono nulladella loro grandezza. Nella nobile struttura delle mem-bra, nella studiata armonia dei gesti, nella sostenutadignità dell’atteggiamento si esprime la stessa distin-zione che in altri casi è data dalla veste, ora greve, fru-sciante, a pieghe profonde, ora squisitamente ricercatae sobriamente elegante.

L’ideale umano, che il Castiglione presenta come rag-giungibile, anzi come già raggiunto, vien qui preso adesempio e solo elevato a quel grado che ogni arte classi-ca impone alle dimensioni dei propri modelli. L’idealedi corte contiene sostanzialmente tutti i tratti essenzia-li di quell’immagine dell’uomo, che ci dà l’arte cinque-centesca. Ciò che il Castiglione anzitutto esige dal per-fetto uomo di mondo è versatilità, equilibrato sviluppodelle doti fisiche e intellettuali, elegante disinvolturanella pratica delle armi e della società, esperienza dipoesia e di musica, dimestichezza con la pittura e lescienze. È evidente che nel Cortegiano si riflette soprat-tutto la ripugnanza dell’aristocrazia a ogni specializza-zione o lavoro professionale. La kalokagathía delle figu-re eroiche dell’arte cinquecentesca traduce in immaginequesto ideale umano e sociale. Ma non solo nell’assen-za di tensione fra spirito e corpo, nella corrispondenzadi bellezza fisica e forza spirituale si rispecchia l’idealedi corte; esso si rispecchia ancor piú nella scioltezza deimovimenti, nella disinvoltura, nella calma, nell’indo-lenza magari, delle figure. Il Cortegiano pone la quin-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 15

Page 16: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

tessenza della signorilità nel sapersi dominare in ogni cir-costanza, nell’evitare ogni ostentazione ed esagerazione,nel non posare, nel comportarsi in società con naturalenonchalance e disinvolta dignità. Nell’arte cinquecente-sca non solo ritroviamo i gesti pacati, gli atteggiamenticalmi, i movimenti liberi, ma anche la forma vera e pro-pria è mutata: la forma, snella, esangue nell’arte gotica,la linea spezzata, scattante nel Quattrocento, acquista-no una fluidità, una sapienza, una sonorità, uno slancioretorico, e in verità una perfezione, che era stata solodell’arte classica. Ora gli artisti non amano piú i movi-menti brevi, angolosi e affrettati, l’eleganza ostentata escoperta, la bellezza gracile, giovanile, acerba delle figu-re quattrocentesche. Essi celebrano l’apogeo della poten-za, la maturità degli anni e della bellezza, rappresenta-no l’essere, non il divenire, lavorano per una societàgiunta alla sua meta e ne adottano i principî conserva-tori. Il Castiglione si augura che il gentiluomo, come nelcontegno, cosí anche nell’abbigliamento eviti di dar nel-l’occhio indossando abiti sfacciati e variopinti; e lo esor-ta a vestirsi di nero, come si fa in Spagna, o almeno discuro6. Il nuovo gusto che qui si annunzia mette cosíprofonde radici che anche l’arte rifugge dalla chiarapolicromia del Quattrocento e si afferma già quella pre-dilezione per il monocromo, per il bianco e nero, chedomina il gusto moderno. I colori scompaiono prima dal-l’architettura e dalla scultura, e d’ora in poi si troveràdifficile immaginare la policromia dell’architettura edella scultura greca. La classicità porta già in sé il germedel classicismo7.

Questa fase durò poco: non piú di vent’anni. Dopola morte di Raffaello è già impossibile parlare di arteclassica come indirizzo stilistico generale. Questa cadu-cità è la tipica sorte dei classicismi; dalla fine del feu-dalesimo in poi i periodi di stabilità non sono che epi-sodi. Il rigore formale del primo Cinquecento è tuttavia

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 16

Page 17: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

rimasto una costante tentazione per le epoche successi-ve; ma a prescindere da effimeri movimenti, per lo piúartificiosi e d’importanza puramente culturale, esso nonriuscí mai piú a prevalere. Si è tuttavia rivelato la piúimportante sottocorrente dell’arte moderna; infatti, seb-bene il rigido formalismo, tendente al tipo e alla norma,non abbia potuto affermarsi contro il radicale naturali-smo moderno, il Rinascimento ha però reso impossibileun ritorno alla forma inorganica, paratattica, additivadell’arte medievale. A partire dal Cinquecento un’ope-ra di pittura e di scultura è per noi un’immagine sinte-tica della realtà, colta da un unico punto di vista – formasuscitata dalla tensione fra il vasto mondo e il soggettoche vi si contrappone come principio d’unità. Questapolarità fra arte e mondo si venne di tempo in tempoattenuando, ma non scomparve mai. In essa consiste lavera eredità del Rinascimento.

1 Cfr., per quanto segue, casimir von chledowski, Rom. Die Men-schen der Renaissance, 1922, pp. 350-52.

2 hermann dollmayr, Raffaels Werkstätte, in «Jahrbuch der kun-sthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses», xvi,1895, p. 233.

3 l. b. alberti, De re aedificatoria, VI, 1485, 2.4 e. müller, Geschichte der Theorie der Kunst bei den Alten, I,

1834, p. 100.5 l. b. alberti, Della pittura, II.6 baldassare castiglione, Il Cortegiano, II, 23-28.7 Cfr. heinrich wölfflin, Die klassische Kunst, 1904, 3a ed., pp.

223-24.

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 17

Page 18: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

il manierismo

Capitolo primo

Il concetto di Manierismo

Il Manierismo è giunto cosí tardi alla ribalta della sto-ria dell’arte, che il giudizio di valore, sostanzialmentenegativo, implicito nel nome, tuttora viene spesso tenu-to per buono, e difficilmente si formula un concetto diquello stile che non pretenda di esserne anche un giu-dizio, che si limiti cioè ad essere pura categoria storica.Il nome di altri stili, come Gotico e Rinascimento,Barocco e Neo-Classicismo, ha ormai perduto l’origina-rio significato di valutazione, positiva o negativa chefosse; nel caso del Manierismo invece il giudizio nega-tivo è ancora cosí vivo, che occorre vincere un’intimaresistenza prima di arrischiare l’attributo di «manieri-stico» per i grandi artisti e scrittori di quel periodo. Solodistinguendo decisamente il concetto di «manieristico»da quello di «manierato» lo si può usare come categoriautile ai fini della storia dell’arte. La categoria descritti-va e il giudizio di valore, che qui sono da tenere distin-ti, possono anche coincidere per certe epoche o momen-ti storici; ma in sé e per sé non hanno quasi nulla dicomune.

Risale al Seicento l’idea dell’arte postclassica comearte di decadenza, e del Manierismo come un fenome-no di gretta routine artigiana, legata alla pedissequa imi-tazione dei grandi maestri. Fu primo il Bellori a formu-larla nella sua biografia di Annibale Caracci1. Per il

Storia dell’arte Einaudi 18

Page 19: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Vasari, «maniera» era ancora semplicemente la formapropria dell’artista, il suo modo di esprimersi legato altempo, alla tecnica, al carattere personale: era cioè lo«stile», nel significato piú ampio della parola. Cosí egliparla di «grande maniera», attribuendole significatonettamente positivo. Per il Borghini il termine ha signi-ficato solo positivo ed infatti egli si rammarica di nontrovare la «maniera» in certi artisti2, e cioè distingue già,come i moderni, fra stile e mancanza di stile. Solo i clas-sicisti del Seicento – Bellori e Malvasia – collegano all’i-dea di «maniera» quella di una pratica d’arte ricercata,stereotipa, riducibile a un formulario. Per primi essiscorgono la frattura prodotta dal Manierismo nella sto-ria e sono consci di quell’estraniarsi dalla classicità, chesi fa sensibile nell’arte dopo il 1520.

Ma perché si produce cosí presto un tal fenomeno?Perché il pieno Rinascimento rimane una «cresta sotti-le», come dice il Wölfflin, che, appena raggiunta, èanche valicata? Anzi, una cresta anche piú sottile diquanto il Wölfflin induca a pensare. Infatti, non solo leopere di Michelangelo, ma già quelle di Raffaello hannoin sé i germi della dissoluzione. La Cacciata di Eliodoroe La Trasfigurazione sono piene di fermenti anticlassici,che forzano in piú sensi l’equilibrio del Rinascimento.Perché fu cosí breve l’assoluto dominio dei principî clas-sici, dello statico rigorismo formale? Perché la classicità,l’antico stile della calma e della durata, appare ormai uno«stadio transitorio»? Perché questa volta si giunge cosípresto, sia a una imitazione tutta esteriore, sia all’inti-mo distacco dal modello classico? Forse perché l’assolutoequilibrio che si espresse nell’arte classica del Cinque-cento già dall’inizio era piú un desiderio e una finzioneche una solida realtà, e il Rinascimento fino alla finerimase un’epoca essenzialmente dinamica, incapace diacquetarsi completamente in qualunque soluzione.Comunque, il tentativo di padroneggiare lo spirito insta-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 19

Page 20: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

bile del moderno capitalismo e di dominare la naturadialettica della concezione scientifica del mondo fallíallora come in epoche piú recenti della storia moderna.Una durevole stabilità sociale non si è mai piú ottenutadopo il Medioevo; e perciò appunto ogni moderno clas-sicismo non è stato che il risultato di un programma, epiuttosto che rappresentare un effettivo equilibrio ne hasolo espresso la speranza. Cosí fu breve anche il labileequilibrio, creato, sullo scorcio del Quattrocento, dal-l’alta borghesia soddisfatta e ormai sulla strada di tra-sformarsi in aristocrazia, e dalla Curia romana, divenu-ta ormai una potenza capitalistica e politicamente ambi-ziosa. Crollata l’egemonia economica dell’Italia, scossala Chiesa dalla Riforma, invaso il paese da Francesi eSpagnoli, dopo il sacco di Roma non può sussistere nep-pur la finzione di un equilibrio e di una stabilità. Pesasull’Italia un’aria di catastrofe, che ben presto si propa-ga – e non soltanto dall’Italia – a tutto l’Occidente.

Lo statico equilibrio delle formule classiche non bastapiú; e tuttavia l’arte vi tien fede, talvolta persino piúansiosamente e disperatamente di quanto comporti unapersuasione senza dubbi. La posizione dei giovani arti-sti di fronte al Rinascimento è ora singolarmente com-plicata; essi non possono rinunziare senz’altro alle con-quiste dell’arte classica, anche se ormai a quel mondoarmonico sono completamente estranei. La loro aspira-zione a una continuità senza fratture dell’evoluzioneartistica non poteva certo giungere a effetto senza la col-laborazione, sul piano sociale, di un’analoga continuitàdi sviluppo. Artisti e pubblico sono ancora sostanzial-mente gli stessi del Rinascimento, ma già si sentonomancare il terreno sotto i piedi. Il senso d’incertezzaspiega la natura contraddittoria dei loro rapporti conl’arte classica. Contraddizione già avvertita dagli scrit-tori d’arte del Seicento, che tuttavia non riconobberoche quell’imitare e nello stesso tempo snaturare i model-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 20

Page 21: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

li classici era effetto, non di ottusità, ma del nuovo spi-rito dei manieristi, assolutamente diverso dal classico.

Solo il nostro tempo, che ha rapporti altrettantoambigui con i propri antenati, ha saputo intendere l’o-riginalità del Manierismo e riconoscere nell’imitazionespesso gretta dei modelli classici un’ipercompensazionedell’intimo distacco. Solo oggi noi comprendiamo che lostile di tutti i maggiori manieristi, il Pontormo e il Par-migianino come il Bronzino e il Beccafumi, il Tintoret-to e il Greco come Bruegel e Spranger, tende anzituttoa dissolvere la regolarità e l’armonia troppo semplice del-l’arte classica, sostituendo alla sua norma universalecaratteri piú soggettivi e suggestivi. Al rifiuto delleforme classiche si giunge per molte vie: in certi casi unanuova esperienza religiosa piú profonda e piú intima ela visione di un nuovo mondo spirituale, in altri unintellettualismo esasperato, che deforma consciamente evolutamente la realtà toccando spesso il bizzarro e l’a-struso; ma in altri casi ancora si tratta dell’estrema matu-rità di un gusto raffinato, prezioso, che traduce ognicosa in sottigliezza ed eleganza. Ma ogni volta la solu-zione artistica, sia che si ponga come reazione all’arteclassica, o cerchi di conservarne le conquiste formali, èun derivato, un composto che in ultima analisi dipendeancora dalla classicità e nasce quindi da un’esperienza dicultura, non da un’esperienza di vita. È uno stile deltutto privo d’ingenuità3, le cui forme s’improntano del-l’arte precedente piú che dell’intimo contenuto da espri-mere, e in tal misura da superare ogni altro esempio sto-rico. La consapevolezza dell’artista non si esercita piúsolamente nella scelta dei mezzi corrispondenti al suointento espressivo, ma anche nel decidere la direzionedell’intento medesimo; in altre parole il programma teo-rico non riguarda piú soltanto i metodi, ma anche i finidell’arte. In questo senso il Manierismo è la prima cor-rente moderna, la prima che sia legata a un problema di

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 21

Page 22: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

cultura e per la quale il rapporto fra tradizione e inno-vazione si ponga come un compito da risolvere conmezzi razionali. Qui la tradizione non è che una difesacontro l’irrompere troppo impetuoso del nuovo, sentitocome un principio di vita, ma anche di distruzione. Nons’intende il Manierismo, se non si capisce che la sua imi-tazione dei modelli classici è una fuga davanti alla minac-cia del caos, e l’acuito soggettivismo delle sue formeesprime il timore che la forma possa fallire di fronte allavita, l’arte esaurirsi in bellezza senz’anima.

L’attualità del Manierismo, la revisione a cui recen-temente è stata sottoposta l’arte del Tintoretto, delGreco, di Bruegel e dell’ultimo Michelangelo è feno-meno indicativo per la forma mentis odierna quanto l’e-saltazione del Rinascimento lo fu per la generazione delBurckhardt, e la riabilitazione del Barocco per quella diRiegl e di Wölfflin. Per il Burckhardt, il Parmigianinoera antipatico e affettato, e anche Wölfflin scorgevaancora nel Manierismo una specie di perturbazione delsano e naturale processo storico, un intermezzo super-fluo fra Rinascimento e Barocco. Solo un tempo comeil nostro, nel quale la tensione tra forma e contenuto,bellezza ed espressione è sentita come un problema vita-le, poteva esser giusto verso il Manierismo ed enuclear-ne il particolare carattere di fronte al Rinascimento e alBarocco. Al Wölfflin mancava ancora la viva, immedia-ta esperienza dell’arte post-impressionistica, quella cheha permesso allo Dvo≈ák di misurare il peso delle ten-denze spiritualistiche nella storia dell’arte e di ricono-scere nel Manierismo una loro vittoria. Dvo≈ák sapevabenissimo che lo spiritualismo non esaurisce il significatodell’arte manieristica e che comunque in essa non sitratta di un totale rifiuto del mondo, come nello spiri-tualismo trascendente del Medioevo; non gli sfuggiva lapresenza di Bruegel accanto al Greco, di Shakespeare edi Cervantes accanto al Tasso4. Il suo principale pro-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 22

Page 23: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

blema fu appunto quello di trovare il reciproco rappor-to, il comun denominatore e insieme il criterio distinti-vo dei diversi aspetti – naturalistici o spiritualistici – chesi presentano all’interno del Manierismo. Gli scritti delcompianto studioso purtroppo non procedono oltre ilriconoscimento di queste due tendenze, da lui designa-te come «deduttiva» e «induttiva», e ci fanno viva-mente rimpiangere che proprio a questo punto sia rima-sta interrotta l’opera della sua vita.

Ma le due opposte correnti del Manierismo – lo spi-ritualismo mistico del Greco e il naturalismo panteisti-co di Bruegel – non si presentano sempre come tenden-ze stilistiche ben distinte, personificate in artisti diver-si; per lo piú sono inestricabilmente intrecciate: Pon-tormo e il Rosso, il Tintoretto e il Parmigianino, Mor eBruegel, Heemskerck e Callot, sono a un tempo ideali-sti e realisti con ugual convinzione e quel complessoinscindibile di naturalismo e spiritualismo, formalismoe anarchia formale, concretezza e astrazione nell’arteloro è il fondamento di tutto lo stile che li accomuna.Ma questa compresenza di correnti eterogenee nonsignifica, come ancora pensa Dvo≈ák5, puro soggettivi-smo e mero arbitrio nella scelta del grado di realismodella rappresentazione; è piuttosto il segno di quanto siascosso ogni criterio di realtà, e il frutto del tentativospesso disperato di accordare la spiritualità medievalecon il realismo della Rinascita.

Nulla meglio denuncia questa crisi dell’armonia clas-sica che il disintegrarsi di quell’unità spaziale, che erastata la piú significativa espressione della visione arti-stica rinascimentale. In realtà l’unità della scena, la coe-renza locale della composizione, la ferma logica dellastruttura spaziale erano per il Rinascimento fra i piúimportanti elementi dell’effetto artistico. L’intero siste-ma del disegno prospettico, tutte le regole delle pro-porzioni e della struttura non erano che mezzi in vista

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 23

Page 24: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

dell’effetto spaziale. Il Manierismo comincia col dissol-vere la struttura rinascimentale dello spazio, e scompo-ne la scena in piú parti, che risultano separate non soloesteriormente, ma anche nel diverso modo con cui ognu-na è costruita nel suo interno. In ognuna infatti sonodiversi i valori spaziali, diverse le proporzioni, diversele possibilità di movimento: qui si economizza lo spazio,altrove se ne fa scialo. La dissoluzione dell’unità spazialesi rivela soprattutto nell’assenza di ogni rapporto logi-camente definibile fra le proporzioni delle figure e laloro importanza nel soggetto. Elementi apparentemen-te accessori spesso risaltano prepotenti, mentre quel chesembra il vero soggetto è rimpicciolito e ricacciato nellosfondo. Come se l’artista volesse dire: chissà quali sonoi protagonisti e quali le comparse! L’effetto finale è ilmovimento di figure reali in uno spazio irrazionale,costruito arbitrariamente, la combinazione di particola-ri veristici in una cornice fantastica, un arbitrario giocodi coefficienti spaziali, a seconda dell’effetto a cui simira. Il correlativo piú stretto di questo mondo ambi-guo lo si può indicare nel sogno, che sopprime le con-nessioni reali istituendo fra le cose un rapporto astrat-to, ma i singoli oggetti ce li presenta con la massimaintensità e il piú acuto verismo. In certi particolari ram-menta anche il moderno surrealismo, quale si esprimenelle associazioni d’oggetti di certa pittura, nei fantasmidel mondo kafkiano, nel «montaggio» dei romanzi diJoyce e nel modo dispotico di trattare lo spazio nel film.Senza l’esperienza di queste forme d’arte il Manierismonon avrebbe assunto per noi l’importanza che ha.

Già la semplice caratterizzazione in termini generalidel Manierismo implica l’accostamento di aspetti moltodiversi, difficilmente riducibili ad un concetto unitario;tanto piú che è difficile un’esatta delimitazione crono-logica di questo stile. Il Manierismo rappresenta, sí, lostile prevalente fra il terzo decennio e la fine del seco-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 24

Page 25: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

lo, ma non domina incontrastato; e specialmente al prin-cipio e alla fine vi si mescolano tendenze barocche. Ledue linee s’intrecciano già nelle opere tarde di Raffael-lo e di Michelangelo, nelle quali si ritrovano appuntol’intento appassionatamente espressionistico del Baroc-co e insieme l’intellettualistico «surrealismo» dell’artemanieristica. I due stili postclassici nascono quasi a untempo dalla crisi spirituale dei primi decenni del seco-lo: il Manierismo, come espressione della lotta fra leopposte tendenze di quel tempo spiritualistico e sen-suale; il Barocco, come il loro provvisorio, instabile com-promesso, sulla base del sentimento spontaneo. Dopo ilsacco di Roma le tendenze barocche vengono a poco apoco represse, e per piú di sessant’anni predomina ilManierismo. Alcuni studiosi lo concepiscono come unareazione agli inizi del Barocco, che poi a sua volta lo sop-pianterà6. La storia dell’arte del Cinquecento non sareb-be altro, in questo caso, che il rinnovato antagonismo fraBarocco e Manierismo, con una transitoria prevalenzadi questo e la finale vittoria della corrente barocca. Sitratta però di una costruzione infondata che fa prece-dere il Barocco al Manierismo, di cui esagera il caratte-re di transizione7. Il contrasto fra i due stili in verità èpiuttosto da vedere sul piano sociale che su quello dellosviluppo artistico. Il Manierismo è l’arte di una classecolta, essenzialmente aristocratica e cosmopolita; ilprimo Barocco esprime una tendenza piú popolare, piúemotiva, colorita di tratti nazionali. Il Barocco maturoprevale sul Manierismo, piú esclusivo e raffinato, conl’espandersi della propaganda ecclesiastica contro laRiforma e col riaffermarsi del cattolicesimo come reli-gione popolare. L’arte delle corti secentesche adatta ilBarocco alle proprie esigenze specifiche; ad un tempo neesalta i caratteri emotivi in una teatralità grandiosa e nesviluppa il latente classicismo per farne espressione di unrigido e freddo principio di autorità. Nel Cinquecento,

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 25

Page 26: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

tuttavia, lo stile aulico per eccellenza, caro sopra ognialtro a tutte le grandi corti europee, è il Manierismo.Manieristi sono a Firenze i pittori medicei, manieristiquelli di Francesco I a Fontainebleau, di Filippo II aMadrid, di Rodolfo II a Praga, di Alberto V a Monaco.Con gli usi e i costumi delle corti italiane, si diffonde intutto l’Occidente anche il mecenatismo, e in certi casi,come a Fontainebleau, raggiunge uno splendore maivisto. La corte dei Valois, già molto grande e ambizio-sa, per certi tratti fa addirittura pensare a Versailles8.Meno fastose, piú raccolte e rispondenti all’intimo intel-lettualismo del nuovo stile, sono le corti minori, Bron-zino e Vasari a Firenze, Adriaen de Vries, BartholomäusSpranger, Hans von Aachen e Josef Heinz a Praga,Sustris e Candid a Monaco godono della generosità deiloro protettori e di un ambiente piú intimo e meno pre-tenzioso. Persino nei rapporti tra Filippo II e i suoi arti-sti regna una cordialità sorprendente in quel tetro per-sonaggio. Non solo egli ammette fra i suoi familiari ilpittore portoghese Coelho, ma un corridoio speciale col-lega le sue stanze con gli studi degli artisti di corte, e sidice che egli stesso dipingesse9. Rodolfo II, eletto impe-ratore, va a rinchiudersi nello Hradschin di Praga, coni suoi astrologhi, alchimisti e pittori, facendosi dipingerquadri che nell’erotismo raffinato e nella rapida elegan-za fanno pensare a un ambiente di festoso rococò, nonalla squallida dimora di un maniaco. I due cugini, Filip-po e Rodolfo, hanno sempre tempo per artisti e mercantid’arte, e sempre denaro per acquisti di tal genere; un’o-pera d’arte è il mezzo piú sicuro per avvicinarli10. Le col-lezioni di questi signori hanno un che di geloso e disegreto; le considerazioni di prestigio e di propagandaperdono quasi ogni valore di fronte al godimento per-sonale.

Il Manierismo delle corti, specie nella sua forma piútarda, è un generale movimento europeo – il primo gran-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 26

Page 27: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

de stile internazionale dopo il gotico. Le ragioni di que-sta sua generale diffusione sono da ricercare nell’asso-lutismo che si è esteso a tutto l’Occidente e nel nuovotono che viene assumendo la vita delle corti, dove siaffermano tendenze intellettuali e ambizioni artistiche.Nel Cinquecento la lingua e l’arte italiana acquistanodappertutto un’autorità che ricorda quella del latino nelMedioevo; il Manierismo è la forma particolare in cui sidiffondono in Europa le conquiste dell’arte italiana delRinascimento. Ma non solo questo suo carattere inter-nazionale lo accomuna al gotico. Il rinnovamento reli-gioso, il nuovo misticismo, l’ansia di affrancarsi dallamateria, il desiderio struggente di redenzione, il disprez-zo del corpo e l’immergersi nell’esperienza del sopran-naturale conducono a un «goticismo» di cui le formeallungate dello stile manieristico sono solo un’espres-sione esteriore e spesso importuna. Il nuovo spirituali-smo si palesa piuttosto in una tensione tra elementi spi-rituali ed elementi corporei che in un completo supera-mento della kalokagathía classica. Le nuove forme idea-li non rinunziano al fascino della bellezza fisica, ma icorpi che esse ritraggono si sforzano sempre di esprimerelo spirito, e in tanto sforzo si volgono e curvano, si ten-dono e torcono, in preda a un’esaltazione che ricorda l’e-stasi dell’arte gotica. Questa, animando la figura umana,aveva compiuto il primo gran passo sulla via dell’artemoderna; è ora la volta dei manieristi che distruggonol’obiettivismo del Rinascimento, accentuando la visionepersonale dell’artista e facendo appello all’esperienzaindividuale dell’osservatore.

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 27

Page 28: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Capitolo secondo

L’età del realismo politico

Il Manierismo, è l’espressione artistica della crisi chenel Cinquecento scuote tutto l’Occidente investendoinsieme vita politica, economica e intellettuale. Il rivol-gimento politico s’inizia con l’invasione dell’Italia aopera di Francia e Spagna, le prime grandi potenzeimperialistiche dell’età moderna. La potenza della Fran-cia era il risultato del trionfo della monarchia sullanobiltà feudale e della fortunata conclusione della Guer-ra dei Cento Anni; la Spagna, ora unita quasi casual-mente all’Impero e ai Paesi Bassi, rappresentava unapotenza senza esempi dal tempo di Carlo Magno in poi.La gigantesca opera politica con cui Carlo V amalgamai paesi toccatigli in eredità, viene paragonata all’assimi-lazione della Germania nel regno dei Franchi, ed è con-siderata l’ultimo grande tentativo di ricostituire l’unitàdella Chiesa e dell’Impero11. Ma quest’idea, dopo la finedel Medioevo, non aveva alcun fondamento nella realtàe, invece dell’unità desiderata, ne vennero quegli anta-gonismi politici, che dominarono la storia d’Europa perpiú di quattro secoli.

Francia e Spagna devastarono e soggiogarono l’Italia,portandola sull’orlo della disperazione. Quando CarloVIII iniziò la sua marcia attraverso la penisola, il ricor-do delle calate degli imperatori tedeschi nel Medioevoera ormai del tutto svanito. Gli Italiani guerreggiavanocontinuamente fra loro, ma avevano dimenticato che

Storia dell’arte Einaudi 28

Page 29: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

cosa volesse dire dominio straniero. L’improvvisaaggressione li lasciò come storditi, né riuscirono mai piúa riaversi dal colpo. I Francesi occuparono prima Napo-li, poi Milano e infine Firenze. È vero che ben prestodal Mezzogiorno li cacciarono gli Spagnoli, ma perdecenni la Lombardia rimase il teatro di lotta delle duegrandi potenze rivali. I Francesi vi si mantennero finoal 1525, quando Francesco I venne battuto a Pavia econdotto prigioniero in Spagna. Ora Carlo V aveva inmano tutta l’Italia e non sopportò piú a lungo gli intri-ghi del papa. Nel 1527 dodicimila lanzichenecchi mar-ciano su Roma per punire Clemente VII. Si unisconoall’esercito imperiale al comando del Conestabile di Bor-bone, invadono la città eterna e dopo otto giorni lalasciano in rovina. Saccheggiano chiese e conventi, ucci-dono preti e frati, violentano e maltrattano monache,trasformano San Pietro in una stalla e il Vaticano in unacaserma. Le basi della civiltà rinascimentale sembranodistrutte; il papa è impotente, prelati e banchieri non sisentono piú sicuri a Roma. La scuola di Raffaello, cheaveva dominato la vita artistica della città, si disperde,e per qualche anno Roma non conta piú nulla per l’ar-te12. Nel 1530 anche Firenze è preda dell’esercito spa-gnolo. Carlo V, d’accordo con il papa, vi insedia, comeprincipe ereditario, Alessandro dei Medici, abolendoogni parvenza di repubblica. I torbidi scoppiati a Firen-ze dopo il sacco di Roma provocando la cacciata deiMedici, hanno indotto il papa ad affrettare l’alleanzacon l’imperatore. Il capo dello Stato pontificio s’accor-da con la Spagna, che insedia un viceré a Napoli, ungovernatore a Milano; satelliti della Spagna sono aFirenze i Medici, a Ferrara gli Estensi, a Mantova iGonzaga. Nelle due capitali della cultura italiana, Firen-ze e Roma, si impongono le usanze, la morale, l’eti-chetta e l’eleganza spagnola. Ma questo dominio intel-lettuale dei conquistatori, culturalmente arretrati rispet-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 29

Page 30: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

to agli Italiani, non penetra molto a fondo, e, comun-que, l’arte si mantiene fedele alla tradizione nazionale.Infatti la cultura italiana, anche là dove sembra soggia-cere allo spagnolismo, segue invece una sua linea di svi-luppo che deriva dalle premesse del Cinquecento e ha giàin se stessa la tendenza al formalismo aulico13.

Carlo V conquistò l’Italia con l’aiuto del capitaletedesco e italiano14. L’elezione stessa dell’imperatore fupiú o meno questione di denaro, risolta da un consorziodi banchieri che facevano capo ai Fugger. I principielettori non erano a buon mercato e il papa pretese nonmeno di centomila ducati per il suo appoggio. Da allo-ra il capitale finanziario dominò il mondo, e da essoCarlo V trasse gli eserciti per vincere i nemici e tenereinsieme l’impero. Le sue guerre e quelle dei suoi succes-sori rovinarono, è vero, i maggiori capitalisti del tempo,ma assicurarono al capitalismo il dominio mondiale.Massimiliano I ancora non aveva facoltà di applicareimposte regolari e mantenere un esercito permanente; alsuo tempo chi veramente comandava erano ancora igrandi feudatari. Solo suo nipote doveva riuscire adorganizzare le pubbliche finanze secondo i principî dellatecnica capitalistica, a creare una burocrazia accentratae un grande esercito mercenario, a trasformare i feuda-tari in cortigiani e burocrati. Tuttavia le basi dello statomonarchico accentrato erano antichissime. Da quandoi padroni di terre avevano preferito affittarle piuttostoche amministrarle personalmente, la loro autorità era viavia diminuita, aprendo la strada al potere centrale15. Daallora il progresso dell’assolutismo fu soltanto questio-ne di tempo – e di denaro. Poiché le entrate della Coro-na in gran parte erano costituite dalle tasse tratte dallapopolazione non nobile e non privilegiata, era interessedello stato favorire la floridezza economica di quei ceti16.Ma tale considerazione doveva in ogni caso critico cede-re il passo agli interessi del grande capitale, al cui appog-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 30

Page 31: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

gio i re, nonostante gli introiti regolari, non potevanoin alcun modo rinunziare.

Quando Carlo V prese a costituire il suo dominio inItalia, il pericolo turco, la scoperta delle nuove vie marit-time e l’incremento economico delle nazioni atlanticheavevano già spostato il centro del commercio mondialedal Mediterraneo all’Occidente. Agli staterelli italianisubentrano, nell’organizzazione dell’economia mondia-le, i nuovi stati nazionali, che possono contare su un’am-ministrazione accentrata e che dispongono di territori edi mezzi incomparabilmente piú grandi: in questomomento appunto al capitalismo primitivo si sostituisceil grande capitalismo moderno. L’afflusso di metallinobili dall’America alla Spagna – per importanti chesiano le sue dirette conseguenze – l’aumento del dena-ro liquido e l’ascesa dei prezzi non bastano a spiegare ilsorgere del grande capitalismo. Per la genesi di questogigantesco fenomeno l’interferenza dell’argento ameri-cano che, seguendo la teoria mercantilistica, si tenta,benché con scarso successo, di tesaurizzare e trattenernel paese, è assai meno decisiva del vincolo che si vienesempre piú stringendo fra potere statale e capitale pri-vato, vincolo che è alla base delle imprese politiche diCarlo V e Filippo II.

Si osserva assai presto la tendenza a passare dall’a-zienda artigiana, con capitale relativamente esiguo, allagrande impresa industriale, e dallo scambio di merci allavera e propria attività finanziaria. Durante il Quattro-cento, tale tendenza già prevale nei centri economici d’I-talia e dei Paesi Bassi. Tuttavia solo sullo scorcio delsecolo la grande industria fa passar di moda la modestaattività artigiana e l’attività finanziaria si scinde da quel-la commerciale. Lo scatenarsi della libera concorrenza,mentre determina la fine del sistema corporativo, ottie-ne che l’attività economica si sposti verso campi semprepiú vasti e sempre piú lontani dalla produzione. Le pic-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 31

Page 32: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

cole aziende vengono incorporate nelle grandi, questesono condotte dai capitalisti sempre piú dediti alla finan-za. I fattori decisivi dell’economia si fanno piú impene-trabili per la massima parte degli uomini, e sempre piúsottratti al loro influsso. La congiuntura acquista unarealtà misteriosa, ma tanto piú inesorabile; essa è sospe-sa come una forza superiore, ineluttabile, sul capo degliuomini. Le classi inferiori e medie vengono a perdere illoro peso nelle corporazioni e, con esso, il senso dellasicurezza, che del resto anche i capitalisti sentono venirmeno. Se vogliono affermarsi, essi non possono averrequie; ma l’espansione li trascina in campi sempre piúpericolosi. La seconda metà del secolo matura una serieininterrotta di crisi finanziarie; nel 1557 in Francia e inSpagna, nel 1575 di nuovo in Spagna, lo stato fa ban-carotta: catastrofi, che non solo scuotono le basi dellemassime case commerciali, ma significano la rovina diinnumerevoli esistenze piú modeste.

L’affare piú cospicuo e ghiotto è costituito dai pre-stiti di stato, ma – poiché i principi sono pieni di debi-ti – è anche il piú rischioso. In tale gioco d’azzardo sonoampiamente coinvolti, oltre il banchiere e lo speculato-re di professione, i ceti medi con i loro depositi in bancae i loro impegni in borsa, istituzione sorta da poco.Infatti, allorché il denaro dei singoli istituti bancari sirivela insufficiente alle esigenze dei monarchi, si comin-ciano a richiedere crediti alle borse di Anversa e diLione17. In parte collegate con queste transazioni, si svi-luppano tutte le forme possibili della speculazione diborsa: il commercio di effetti, gli affari a termine, l’ar-bitraggio, l’assicurazione18. Tutto l’Occidente è preso dauna psicosi borsistica, da una febbre di speculazione, cheaumenta ancora, quando in Inghilterra e nei Paesi Bassile compagnie d’oltremare offrono al pubblico la possi-bilità di partecipare ai loro profitti, spesso favolosi. Perle grandi masse le conseguenze sono catastrofiche: disoc-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 32

Page 33: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

cupazione, di pari passo con lo spostarsi dell’interessedalla produzione agricola a quella industriale, urbanesi-mo, ascesa dei prezzi e contrazione dei salari si fannosentire dappertutto. Il malcontento raggiunge l’acme làdove per ora s’accumula piú che altrove il capitale, inGermania; e si accende fra la gente piú danneggiata, icontadini. La sua esplosione avviene in stretta connes-sione col movimento religioso delle masse; in parte, per-ché anche questo è determinato dal dinamismo socialedell’epoca; in parte, perché le forze d’opposizione, peril momento, trovan piú facile raccogliersi intorno al ves-sillo di un’idea religiosa. Rivoluzione sociale e rivolu-zione religiosa formano un’unità inscindibile non solofra gli anabattisti; voci del tempo, come le invettive diun Ulrich von Hutten contro l’economia monetaria emonopolistica, l’usura e la speculazione agraria, insom-ma contro la Fuggerei19, com’egli la chiama, permettonodi concludere che il malcontento è generalmente anco-ra in uno stadio caotico, mal definito. Esso accomuna iceti a cui importa soprattutto la rivoluzione religiosa,con altri che evidentemente hanno un interesse mag-giore, o magari esclusivo, per il sovvertimento sociale.Ma, comunque sian divisi questi elementi, si è cosí vici-ni al Medioevo che tutte le idee possibili prendono laveste di pensieri e sentimenti religiosi come la loro formapiú naturale. Ciò spiega l’oscura febbre, l’universale,vaga speranza di redenzione, in cui si esprimono a untempo i motivi religiosi e sociali.

Ma per il significato sociologico della Riforma è deci-sivo il fatto che il movimento abbia preso le mosse dal-l’indignazione contro la corruzione della Chiesa, e chea scatenarlo abbiano contribuito come cause immediatel’avidità del clero, il commercio delle indulgenze e lasimonia. Fra gli oppressi e gli sfruttati si radicò profon-da l’idea che le parole della Bibbia – la condanna dei ric-chi e la promessa ai poveri – non si riferissero soltanto

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 33

Page 34: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

al regno dei cieli. Ma i borghesi, che partecipavano conentusiasmo alla lotta contro i privilegi feudali del clero,non solo si ritrassero dal movimento appena raggiunti iloro scopi, ma si opposero a ogni ulteriore sviluppo chepotesse danneggiare i loro interessi a vantaggio dei cetiinferiori. Il protestantesimo, sorto su larghissime basicome movimento popolare, a questo punto si appoggiòspecialmente ai principi e alla borghesia. Sembra cheLutero, con vero fiuto politico, abbia giudicato cosí sfa-vorevoli le prospettive delle classi rivoluzionarie, dadecidersi a passare a poco a poco dalla parte dei ceti icui interessi erano legati al mantenimento dell’ordine edell’autorità. E cosí egli non solo abbandonò le masse,ma aizzò i principi e la loro gente contro «le masnadeassassine e rapaci dei contadini». È chiaro ch’egli vole-va evitare a ogni costo il sospetto di connivenza con larivoluzione sociale.

La defezione di Lutero ebbe certo effetti disastrosi20.Che le testimonianze dirette in proposito siano cosíscarse, si spiega forse col fatto che nessuno, salvo tra glianabattisti, poteva far udire la voce dei traditi. Ma latetra visione del mondo propria di quel tempo esprimeindirettamente la delusione, certo assai diffusa, per glisviluppi della Riforma. Il «ragionevole» comportamen-to di Lutero era stato un terribile esempio di «politicarealistica». Non era certo la prima volta che l’idealereligioso veniva a patti con la vita pratica – la storia dellareligione cristiana è un continuo compromesso fra quelche è di Cesare e quel che è di Dio – ma i precedenticompromessi si erano compiuti per gradi, attraverso pas-saggi appena percettibili, e, di piú, in tempi in cui iretroscena della politica di solito rimanevano occulti alpubblico. La deviazione del protestantesimo, invece, sicompí alla piena luce del giorno, nell’epoca della stam-pa, dei libelli, del generale interesse e della diffusa com-petenza in materia politica. Gli spiriti veramente

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 34

Page 35: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

responsabili del tempo potevano essere del tutto indif-ferenti alla causa dei contadini, o magari essere legatia interessi completamente opposti; pure lo spettacolodel corrompersi di una grande idea doveva turbarli,anche se ostili alla Riforma. La posizione di Luteronella guerra dei contadini non fu che un sintomo delcorso che ogni idea rivoluzionaria avrebbe preso nel-l’epoca dell’assolutismo21.

Il protestantesimo nella prima metà del secolo, cioèprima delle guerre di religione, del Concilio di Trento edella dura Controriforma, rappresentò per l’Occidentenon solo un problema ecclesiastico e confessionale, maanche – come la sofistica nell’antichità, l’illuminismo nelSettecento e il socialismo ai nostri giorni – un proble-ma di coscienza, a cui nessun uomo moralmente respon-sabile poteva del tutto sottrarsi. Dopo la Riforma, nonsolo ogni buon cattolico fu persuaso della corruzionedella Chiesa e della necessità di purificarla, ma l’effet-to delle idee venute di Germania fu ben piú profondo:ci si accorse che il cattolicesimo aveva smarrito ognisenso d’interiorità, di trascendenza e di rigore, e si sentíun insopprimibile desiderio di rinnovamento. Ciò cheeccitava ed entusiasmava dappertutto i buoni cristiani,e specialmente gli idealisti e gli intellettuali d’Italia, eral’opposizione del movimento riformatore ad ogni mate-rialismo, la sua dottrina della giustificazione per la fede,l’idea della comunicazione diretta con Dio e del sacer-dozio universale. Ma quando il protestantesimo fu adot-tato dai principi, tutti presi dai loro interessi politici, edalla borghesia, che soprattutto si preoccupava dei suoiinteressi economici, e lo si vide avviarsi a una nuovaorganizzazione ecclesiastica, quegli idealisti e intellet-tuali, che avevano considerato la Riforma come un puromovimento spirituale, si sentirono quanto mai delusi.

Il desiderio di una piú profonda e intima vita religiosanon fu in nessun luogo piú forte che a Roma, e in nes-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 35

Page 36: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

sun luogo si vide piú chiaramente quale minaccia laRiforma tedesca rappresentasse per l’unità della Chiesa,sebbene tali sentimenti e pensieri non sorgessero propriodagli ambienti pontifici. I capi del movimento riforma-tore cattolico furono per lo piú umanisti illuminati chevedevano con molta acutezza le infermità della Chiesae sapevano che occorreva agire in profondità; ma il lororadicalismo si arrestava davanti all’assoluta legittimitàdel Papato. Sia pur dall’interno, tutti però volevanoriformare la Chiesa, e precisamente convocando un con-cilio libero e generale, di cui Clemente VII non volevasentir parlare: non si sa mai cosa possa nascere da unconcilio. Verso il 1520 si costituí a Roma l’Oratorio delDivino Amore, un’associazione che doveva essere esem-pio di pietà e incitamento alla riforma della Chiesa. Viappartennero molti dei piú dotti e piú illustri ecclesia-stici romani, come il Sadoleto, il Giberti, il da Thienee il Carafa. Il sacco di Roma pose fine anche a questainiziativa: il circolo si disperse, e passò qualche tempoprima che potesse raccogliere nuovamente le sue forze.Il movimento continua la sua vita a Venezia, dove losostengono il Contarini, il Sadoleto e il Pole. Qui, comepoi di nuovo a Roma, si aspira alla riconciliazione conil luteranesimo, salvando a beneficio della Chiesa cat-tolica il contenuto morale della Riforma, specie la dot-trina della giustificazione per la fede.

Molto vicini a questo circolo di colti umanisti, tuttidominati dai problemi religiosi, erano Vittoria Colonnae i suoi amici, fra i quali, dal 1538, anche Michelange-lo. Il pittore portoghese Francisco de Hollanda nei suoidialoghi sulla pittura (1539) descrive l’entusiasmo reli-gioso di questi ambienti, nei quali l’aveva introdotto unamico; e fra l’altro parla delle riunioni nella chiesa di SanSilvestro a Monte Cavallo, dove un teologo allora famo-so commentava le epistole di san Paolo. Qui, nell’am-biente di Vittoria Colonna, vennero forse a Michelan-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 36

Page 37: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

gelo quelle suggestioni che dovevano determinare il rin-novamento spirituale che si riflette nella sua ultimamaniera. La sua evoluzione religiosa è tipica manifesta-zione del trapasso dal Rinascimento alla Controriforma;ma in lui la crisi si accende di straordinaria passione el’opera che la esprime attinge un rigore assoluto. Fin dagiovane Michelangelo s’era mostrato sensibilissimo allesuggestioni religiose. La personalità e il destino del Savo-narola avevano lasciato in lui un’impressione incancel-labile; e per tutta la vita egli tenne di fronte al mondoun riserbo che doveva avere in quell’esperienza la suaorigine. Invecchiando, la sua devozione divenne semprepiú profonda, piú ardente, rigida ed esclusiva, fino ariempirgli tutta l’anima, respingendo non solo gli idea-li rinascimentali, ma facendolo anche dubitar del sensoe del valore di tutta la sua opera d’artista. Il mutamen-to non fu improvviso, ma graduale. Già nelle tombemedicee e nei pennacchi della Sistina possiamo ritrova-re segni di un’arte che, per certi tratti che vengono a tur-bare l’armonia, è già manieristica. Nel Giudizio(1534-41) il nuovo spirito già domina assoluto; qui nonsi ha piú un monumento alla bellezza e alla perfezione,alla forza e alla giovinezza, ma un quadro di smarri-mento disperato, un’invocazione davanti al caos, cheimprovvisamente minaccia d’inghiottire ogni cosa. Undesiderio di abnegazione, di rinunzia a tutto ciò che èterrestre, corporeo, sensuale domina l’opera. L’armoniaspaziale del Rinascimento è sparita. La scena si svolgein uno spazio irreale, discontinuo, non visto come unitàné costruito secondo un unico criterio. L’infrazionecosciente e ostentata di ogni antico principio ordinato-re, il deformarsi e il disintegrarsi della visione rinasci-mentale si rivelano in ogni tratto, e soprattutto nellarinunzia all’illusione prospettica specialmente evidentenella mancanza di scorcio delle figure superiori, che inconfronto alle inferiori appaiono quindi troppo grandi22.

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 37

Page 38: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Il Giudizio della Sistina è la prima grande opera deitempi moderni, che non è piú «bella» e rimanda alleopere medievali, non ancora belle, ma soltanto espressi-ve. Ma l’affresco di Michelangelo ne differisce assai; è,con il suo aspetto sconvolto, una protesta contro laforma bella, perfetta, immacolata; un manifesto che,nella sua apparenza caotica, ha qualcosa di aggressivo edi autodistruttivo. Esso nega non solo gli ideali artisti-ci, che Botticelli e Perugino avevano cercato di attuarein quello stesso luogo, ma anche i fini già perseguiti daMichelangelo stesso nelle scene della volta; e respingequelle idee di bellezza a cui s’ispira la cappella, comeogni edificio, ogni immagine della Rinascita. Né questoè l’esperimento di un eccentrico irresponsabile, maopera del piú illustre artista della cristianità, destinataa ornarne il luogo piú solenne, la parete principale dellacappella privata del pontefice. Qui davvero tramontavaun mondo.

Un passo successivo sulla stessa via rappresentano gliaffreschi della cappella Paolina, La Conversione di Paoloe La Crocifissione di Pietro (1542-49). Dell’ordine armo-nico della Rinascita non resta la minima traccia. Nellefigure c’è quasi un impaccio, una trasognata passività,come se fossero in preda a una costrizione misteriosa einevitabile, a un’oppressione occulta. Spazi vuoti si avvi-cendano con sinistri affollamenti, squallide zone deser-tiche stanno accanto a grovigli umani strettamente avvi-luppati, come in un brutto sogno. Abolita la visioneunitaria e la continuità dello spazio, la profondità nonviene ottenuta gradualmente, ma quasi si spalancaall’improvviso; le diagonali forano la superficie dipinta,trivellando lo sfondo di vuoti abissali. Pare che i coef-ficienti spaziali della composizione ci siano soltanto peresprimere lo smarrimento delle figure in terra ignota.Figura e spazio, l’uomo e il mondo non si accordano piú.I personaggi perdono ogni carattere individuale; i segni

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 38

Page 39: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

dell’età, del sesso, del temperamento sono cancellati,tutto tende al generale, all’astratto, allo schematico. Ilsenso dell’individuo svanisce di fronte a quello terribi-le dell’essere umano. Compiuti gli affreschi della cap-pella Paolina, Michelangelo non produsse altre opere divasto respiro: la Pietà del duomo di Firenze e la PietàRondanini, insieme coi disegni per una Crocifissione,sono i soli frutti degli ultimi quindici anni della suavita; e anche queste opere non fanno che trarre le con-seguenze della sua precedente risoluzione. Nella PietàRondanini, come dice Simmel, «non c’è piú materia, acui l’anima debba resistere. Il corpo rinunzia ad affer-marsi, le parvenze sono incorporee»23. Non è quasi piúun’opera d’arte, ma piuttosto il trapasso dall’opera d’ar-te alla confessione estatica, una singolarissima visione diquell’interregno dello spirito, in cui la sfera estetica con-fina con la metafisica e l’espressione, oscillando fra sen-sibile e soprasensibile, par che si liberi a forza dallo spi-rito. E quel che infine si crea è prossimo al nulla, infor-me, incolore, inarticolato.

Con il fallimento delle trattative condotte dal Con-tarini alla dieta di Ratisbona nell’anno 1541, finisce ilprimo periodo, «umanistico», del movimento riforma-tore cattolico. Sono contati i giorni dei Sadoleto, deiContarini, dei Pole, cosí illuminati, umani e tolleranti.Prevale su tutta la linea il realismo politico. Gli ideali-sti si sono mostrati incapaci di dominare la realtà. PaoloIII (1534-49) segna già il trapasso dal clima tollerante delRinascimento all’intolleranza della Controriforma. Nel1542 viene istituita l’Inquisizione, nel 1543 la censurasulla stampa e nel 1545 si apre il Concilio di Trento.All’insuccesso di Ratisbona consegue un atteggiamentomilitante che conduce alla restaurazione del cattolicesi-mo per opera dell’autorità e della forza. Nelle file del-l’alto clero comincia la persecuzione degli umanisti. Il

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 39

Page 40: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

nuovo spirito fanatico, avverso al Rinascimento, siannunzia da ogni parte, specie nella fondazione di nuoviordini religiosi, nella nuova tendenza all’ascetismo, nellacomparsa di nuovi santi, quali san Carlo Borromeo, sanFilippo Neri, san Giovanni della Croce e santa Tere-sa»24. Ma nulla caratterizza il nuovo indirizzo megliodella fondazione della Compagnia di Gesú, che dovevadiventare un modello di rigorismo religioso e di disci-plina ecclesiastica, prima attuazione dell’idea totalitaria.Con la massima che il fine santifica i mezzi, essa rap-presenta il supremo trionfo del realismo politico edesprime con estrema nettezza il fondamentale caratteredel secolo.

La teoria e il programma del realismo politico hannoavuto la loro prima formulazione in Machiavelli, e nellasua opera si trova la chiave di tutta la concezione manie-ristica, in lotta con quest’idea. Tuttavia non è statoMachiavelli a inventare il «machiavellismo», la scissio-ne cioè della prassi politica dagli ideali cristiani: ogniprincipotto del Rinascimento era già un machiavellicocompiuto. In lui la dottrina del razionalismo politico haavuto solo il suo primo teorico, e la cosciente, calcolataprassi realistica il primo obiettivo difensore. Machiavellinon è stato che un esponente e un interprete del suotempo. Se la sua teoria non fosse stata altro che la biz-zarra trovata di un filosofo ingegnoso e crudele, nonavrebbe avuto quell’effetto sconvolgente, eccitante perla coscienza di ogni uomo morale, che in realtà ha avuto.E se si fosse trattato soltanto dei metodi politici deitirannelli italiani, certo i suoi scritti non avrebbero agi-tato gli animi piú delle storie raccapriccianti largamen-te diffuse sul conto di quei tiranni. La storia frattantoproduceva esempi di realismo ben piú probanti deimisfatti del «condottiere» e dell’avvelenatore, cheMachiavelli assume a prototipo. Infatti, che cos’eraCarlo V, scudo della Chiesa cattolica, che nello stesso

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 40

Page 41: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

tempo minacciava la vita del Santo Padre e faceva deva-stare la capitale della cristianità, se non un realista senzascrupoli? E Lutero, il fondatore di quella che dovevaessere la religione popolare per eccellenza, che poi tra-diva il popolo abbandonandolo ai signori, e lasciava chela religione dell’interiorità diventasse il credo del cetosociale piú abile, piú decisamente mondano? E Ignaziodi Loyola, che avrebbe crocifisso Gesú per la secondavolta, se i precetti del Risorto, come nel racconto diDostoevskij, fossero venuti a minacciare la stabilità dellaChiesa? E ogni principe dell’epoca, che sacrificava ilbene dei sudditi all’interesse dei capitalisti? E infine,cos’era tutta l’economia capitalistica, se non un’illu-strazione della teoria del Machiavelli? Non dimostravachiaramente che la realtà obbediva a una sua rigidanecessità, che contro la sua logica inesorabile ogni ideaera impotente e che bisognava rassegnarvisi, o lasciarsidistruggere?

Non c’è pericolo di sopravvalutare l’importanza cheil Machiavelli ebbe per i contemporanei e per le gene-razioni immediatamente seguenti. Il secolo fu spaven-tato, intimidito, profondamente sconvolto dall’incontrocon il primo spregiudicato e radicale interprete degliuomini e della storia, il precursore di Marx, Nietzschee Freud. Basta pensare al dramma inglese dell’epoca eli-sabettiana e giacobita, in cui Machiavelli diventa unafigura stereotipa, la quintessenza di ogni insidia e ipo-crisia, e il nome proprio «Machiavelli» comincia a tra-sformarsi in nome comune, per farsi un’idea di quantoegli abbia occupato la fantasia degli uomini. Non furo-no le violenze dei tiranni da lui descritte a turbare cosíle coscienze, non il servilismo dei loro poeti aulici ariempire il mondo di indignazione, bensí la giustifica-zione dei loro metodi ad opera di un uomo che accantoalla filosofia della violenza ammetteva il vangelo dellaclemenza, accanto al diritto dell’uomo accorto, quello

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 41

Page 42: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

dell’uomo nobile, accanto alla morale della volpe, quel-la del leone25. Da quando esistevano signori e sudditi,padroni e servi, sfruttatori e sfruttati, esistevano puredue diversi ordini di criteri morali, gli uni per i poten-ti, gli altri per gli inermi. Il Machiavelli fu semplice-mente il primo a rivelare alla coscienza questo dualismomorale degli uomini, e cercò di dare una giustificazionedel fatto che negli affari di stato valgono massime diver-se da quelle della vita privata, e anzitutto i principî cri-stiani della fedeltà e della veracità non sono assoluta-mente vincolanti per lo stato e per i sovrani. Il machia-vellismo, con la sua dottrina della «doppia morale»26, haun solo parallelo nella storia dell’Occidente: quella dot-trina della «doppia verità», che ha scisso la civiltà delMedioevo e aperto la via al nominalismo e al naturali-smo. Si produce ora nel mondo morale una frattura ana-loga a quella che si era prodotta allora nel mondo intel-lettuale; ma questa volta la scossa è tanto piú grave,quanto piú vitali sono i valori in gioco. Ed è una cesu-ra cosí profonda, che un esperto di letteratura cinque-centesca, per qualunque scritto di una certa importan-za, potrà stabilire se l’autore lo abbia composto primao dopo aver conosciuto le idee del Machiavelli. E perconoscerle non era necessario leggere direttamente leopere di Machiavelli, cosa che pochissimi facevano; l’i-dea del realismo politico e della «doppia morale» era didominio comune, e arrivava alla gente per le vie menocontrollabili. Il Machiavelli ha certamente fatto scuolain ogni campo; ma si è esagerato poi volendo vederediscepoli del diavolo anche là dov’essi non sono maistati: sembrava che ogni bugiardo parlasse il linguaggiomachiavellico e ogni acume era sospetto.

Il Concilio di Trento divenne la grande scuola del rea-lismo politico. Con fredda obiettività, prese le misureche gli sembravano appropriate per adattare le istitu-zioni della Chiesa e i principî della fede alle condizioni

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 42

Page 43: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

e alle esigenze della vita moderna. Gli ispiratori delConcilio vollero segnare un netto confine fra ortodossiaed eresia. Se ormai la secessione non si poteva evitare,si doveva almeno impedire l’ulteriore propagarsi delmale. Si riconobbe che, date le circostanze, non conve-niva velare i contrasti, ma anzi accentuarli, mostrando-si piú esigenti, anziché longanimi, verso i fedeli. La vit-toria di questa tendenza segnò la fine dell’unità cristia-na in Occidente27. Le discussioni tridentine erano dura-te diciott’anni, e da poco si erano concluse, quando siverificò un altro mutamento di rotta, dettato da profon-do realismo, che venne a mitigare sostanzialmente, spe-cie in fatto d’arte, il rigorismo degli anni del Concilio.Non c’erano piú da temere malintesi nell’interpretazio-ne dell’ortodossia; a questo punto si trattava, invece, dialleviare la tetraggine del cattolicesimo militante, faci-litando anche con mezzi esteriori la propaganda dellafede, di rendere perciò piú attraenti le forme del cultoe fare della chiesa una casa fastosa e invitante. Erano,questi, compiti che solo il Barocco poteva assolvere; ilciclo manieristico invece s’era compiuto intero sotto ilsegno del rigorismo tridentino. Ma non si trattava diincoerenza: erano gli stessi principî del realismo, obiet-tivo e consapevole dei propri fini, che raccomandavanoin un caso la via della severità ascetica, nell’altro quel-la della lusinga dei sensi.

La convocazione del Concilio segnò la fine del libe-ralesimo della Chiesa anche nel campo dell’arte. Leopere destinate alle chiese vennero sottoposte alla sor-veglianza dei teologi; e i pittori, specialmente nelleimprese di una certa importanza, erano obbligati a tener-si strettamente alle istruzioni dei loro consiglieri eccle-siastici. Gian Paolo Lomazzo, la massima autorità deltempo per le questioni di estetica, auspica espressamenteche il pittore ricorra al consiglio del teologo, quandotratta argomenti religiosi28. Taddeo Zuccari a Capraro-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 43

Page 44: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

la si attiene alle prescrizioni ricevute perfino nella scel-ta dei colori; e il Vasari, mentre lavora nella cappellaPaolina, non solo accetta senza riserve le direttive deldomenicano e cultore d’arte Vincenzo Borghini, ma sisente a disagio quando non lo ha vicino29. Del resto ilcontenuto dottrinale dei cicli d’affreschi e dei quadrid’altare dei manieristi è per lo piú cosí complicato, cheè necessario supporre una collaborazione del pittore edel teologo, anche se non attestata. Come al Concilio diTrento la teologia medievale non solo ha riacquistato isuoi antichi diritti, ma ha accresciuto ancora piú la suaimportanza, in quanto molte questioni, che il Medioe-vo aveva permesso alla scolastica di discutere libera-mente, ora vengono decise d’autorità30, cosí in campoartistico i committenti ecclesiastici si dimostrano permolti riguardi molto piú severi nelle prescrizioni agliartisti che non nel Medioevo, quando di solito era lascia-ta all’artista una certa libertà. Anzitutto si vieta di col-locare nelle chiese opere d’arte ispirate o influenzate daconcezioni non ortodosse. Gli artisti debbono attenersiesattamente alla forma canonica delle storie bibliche eall’interpretazione ufficiale delle questioni dogmatiche.Nel Giudizio michelangiolesco, Andrea Gilio biasima ilCristo imberbe, la mitologica barca di Caronte, i gestidei santi che, secondo lui, si comportano come in una«lotta di tori», la collocazione degli angeli apocalitticiche stanno gli uni accanto agli altri invece che ai quat-tro angoli del quadro, come suggerisce la Scrittura. IlVeronese vien citato dal tribunale dell’Inquisizione, per-ché nel suo Convito in casa di Levi ha aggiunto ai perso-naggi nominati dal Vangelo ogni sorta di motivi arbi-trari, come nani, cani, un buffone con un pappagallo, eroba simile. Le prescrizioni del Concilio proibiscono diraffigurare nei luoghi sacri nudità o scene eccitanti,indecorose e profane. Tutti gli scritti sull’arte religiosapubblicati dopo il Concilio di Trento – anzitutto il Dia-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 44

Page 45: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

logo degli errori dei pittori del Gilio (1564) e il Riposo diRaffaele Borghini (1584) – riprovano assolutamente ilnudo nell’arte sacra31. Secondo il Gilio, anche là dove iltesto biblico richieda che una figura sia rappresentatanuda, è bene che l’artista la copra almeno con un peri-zoma. Carlo Borromeo fa rimuovere da tutti i santuaridella sua diocesi le opere d’arte che gli sembrano inde-centi. Lo scultore Ammannati, al termine di una vitacoronata dal successo, rinnega i nudi della sua giovi-nezza, del resto innocentissimi. Ma nulla dimostra l’in-tolleranza del tempo meglio del trattamento inflitto alGiudizio di Michelangelo. Nel 1559 Paolo IV incaricaDaniele da Volterra di coprire in quell’affresco le nuditàritenute particolarmente provocanti. Nel 1566 Pio V nefa togliere altri particolari scandalosi. Infine ClementeVIII vuol far distruggere tutto l’affresco e, a trattener-lo, occorre una supplica dell’Accademia di San Luca. Maancor piú dell’atteggiamento papale, stupisce che ancheil Vasari, nella seconda, edizione delle sue Vite, con-danni la nudità di quelle figure come sconveniente alluogo. Gli anni del Concilio tridentino sono stati indi-cati come «il tempo in cui nacque la pruderie»32. Com’ènoto, le civiltà aristocratiche o ispirate a una concezio-ne oltremondana della vita rifuggono dal rappresentareil nudo; ma di pruderie non possono venir tacciate né l’a-ristocrazia dell’antichità preclassica, né quella delMedioevo cristiano. Esse evitavano il nudo, ma non neavevan paura; e soprattutto nel loro atteggiamento nonc’era nulla di equivoco, né esse tentavano con la fogliadi fico di velare il sesso e accentuarlo a un tempo. Solocon il Manierismo si diffonde quest’erotica ambiguità,che è anch’essa un aspetto dell’intimo dissidio di que-sta civiltà tutta contrasti, che unisce al sentimento piúschietto l’affettazione piú insopportabile, alla piú stret-ta osservanza verso l’autorità il piú arbitrario indivi-dualismo, alle rappresentazioni piú castigate le piú impu-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 45

Page 46: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

diche forme dell’arte. La pruderie qui non è soltanto lacosciente reazione alla provocante lascivia dell’arte pro-fana, come la si coltiva per lo piú alle corti; è anche unaforma di lascivia repressa.

Il Concilio di Trento fu avverso ad ogni forma d’ar-te formalistica o sensuale. E nello spirito di esso, il Giliodeplora che i pittori non si curino piú del soggetto evogliano far brillare soltanto la loro bravura. La stessaopposizione al virtuosismo e la stessa esigenza di unimmediato contenuto emotivo si manifesta anche nellariforma della musica sacra operata dal Concilio, soprat-tutto nella subordinazione, da esso prescritta, dellaforma musicale al testo e nell’indicazione del Palestrinacome modello assoluto. Pur con il suo rigorismo mora-le e il suo dichiarato antiformalismo, il Concilio triden-tino, a differenza della Riforma, non era affatto ostileall’arte. Il celebre detto di Erasmo – «ubique regnatlutheranismus, ibi litterarum est interitus» – non si puòin alcun modo applicare alle decisioni del Concilio. Nellapoesia Lutero vedeva al massimo un’ancilla theologiae,e nelle opere dell’arte figurativa non riusciva a scoprirealcun valore. Egli condannava l’«idolatria» della Chie-sa cattolica esattamente come il culto degli idoli deipagani. Né aveva di mira soltanto l’arte sacra rinasci-mentale, che in realtà per lo piú aveva poco da spartirecon la religione, ma anche il fatto in sé di voler espri-mere con l’arte il sentimento religioso, scorgendo «ido-latria» in qualunque immagine ornasse le chiese. La ten-denza iconoclastica era stata comune alle eresie medie-vali. Albigesi e valdesi, lollardi e hussiti, avevano ripro-vato come profanazione della fede il connubio di reli-gione e arte33. Ma lo scrupolo degli antichi eretici si esa-spera fino all’iconofobia nei riformatori: il Karlstadt nel1521, a Wittemberg, fa bruciare le immagini sacre;Zuinglio, nel 1524, induce i magistrati di Zurigo a fartogliere dalle chiese e distruggere quadri e sculture; Cal-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 46

Page 47: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

vino non fa differenza tra la venerazione di un’immagi-ne e il godimento di un’opera d’arte34; e gli anabattistisono ostili all’arte, perché ostili alla cultura in genere.La loro condanna dell’arte non solo è molto piú intran-sigente e conseguente di quella del Savonarola, che nonera propriamente iconoclastica, ma semplicemente puri-ficatoria35 , ma anche piú radicale di quella degli icono-clasti bizantini, diretta, come sappiamo, piú che alleimmagini in sé, a chi ne traeva profitto.

La Controriforma, che riservò all’arte una parteimportantissima nel culto, non volle soltanto mantener-si fedele alla tradizione cristiana del Medioevo e delRinascimento, per accentuare anche in questo il con-trasto con il protestantesimo, dimostrandosi cioè amicadell’arte mentre gli eretici le erano ostili; ma volle usar-la anzitutto come arma contro le dottrine eretiche. L’ar-te, attraverso l’estetismo del Rinascimento, avevaimmensamente accresciuto il suo valore come mezzo dipropaganda; affinatasi e assurta a un ruolo di primopiano nella sfera culturale, si prestava talmente alla pro-paganda indiretta, da offrire alla Controriforma unostrumento d’efficacia ignota al Medioevo. Per altro èproblema ancora discusso se l’originaria e diretta espres-sione artistica della Controriforma sia da individuare nelManierismo o sia piuttosto da vedere nel Barocco36. Cro-nologicamente la Controriforma è piú vicina al Manie-rismo, e nel Manierismo, piú che nel sensuale Barocco,si manifesta schietto lo spiritualismo tridentino. Maquello che è il vero programma artistico della Contro-riforma, la diffusione cioè del cattolicesimo, per il tra-mite dell’arte, fra le masse popolari non si attua che nel-l’età barocca. I membri del Concilio di Trento eviden-temente formulando il loro programma non avevanoavuto di mira un’arte come quella manieristica, limita-ta a un’esigua cerchia di intellettuali bensí un’arte popo-lare, quale fu poi il Barocco. Al tempo del Concilio il

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 47

Page 48: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Manierismo era certamente lo stile piú diffuso e piúvivo, ma non presentava affatto le caratteristiche neces-sarie per i compiti che la Controriforma assegnava all’ar-te. Se esso ha dovuto cedere al Barocco, la ragione è dacercare anzitutto nella sua inadeguatezza a soddisfare leesigenze ecclesiastiche del momento.

Del resto per i manieristi la dottrina tridentina dove-va costituire un sostegno insufficiente. I precetti delConcilio in realtà non offrivano all’artista nulla chepotesse adeguatamente sostituire l’antico sistema di rap-porti col quale l’artista si inseriva nella civiltà cristianae nell’ordinamento corporativo. In effetti, a parte ilfatto che quei precetti, piú che consigli, erano divieti, eche la loro validità era limitata al campo dell’arte sacra,gli ecclesiastici dovettero comprendere che, data la strut-tura ormai differenziata dell’arte del tempo, un’eccessi-va severità poteva facilmente distruggere l’efficacia deimezzi di cui essi volevano servirsi. In quelle circostan-ze non si poteva immaginare un ordinamento esclusiva-mente ieratico della produzione artistica del genere diquello medievale. Gli artisti, anche se buoni cristiani,nature ancora profondamente religiose, non potevanorinunziare senz’altro agli elementi profani e classici dellaloro tradizione; dovevano accettare come insoluta eapparentemente insolubile l’intima contraddizione tra lediverse componenti del loro linguaggio. Chi non riusci-va a sopportare il peso di quel conflitto, si rifugiava nelvirtuosismo stilistico, oppure – è il caso di Michelange-lo – nelle «braccia di Cristo». Infatti anche la soluzio-ne di Michelangelo non è che una fuga. Quale artistamedievale si sarebbe lasciato indurre, come lui, dall’e-sperienza religiosa, ad abbandonare l’attività artistica?Quanto piú profonda nel Medioevo era la fede, tantopiú profonda era anche la fonte dell’ispirazione per l’ar-tista; e non solo perché veramente cristiano, ma perchéveramente creatore. Rinunziando ad essere artistica-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 48

Page 49: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

mente produttivo, non avrebbe avuto piú ragione d’e-sistere. Michelangelo invece, anche dopo aver abban-donato l’arte, conservò un prestigio e un’importanzagrandi non solo agli occhi del mondo, ma anche ai suoipropri. Quel suo intimo conflitto tra arte e religione nonavrebbe potuto avverarsi nel Medioevo, anzitutto per-ché un artista non poteva pensare di servire Iddio altri-menti che con l’arte propria, poi perché il rigido ordinesociale vietava a un uomo ogni possibilità di esistenzafuori del suo mestiere. Invece nel Cinquecento era pos-sibile che un artista fosse ricco e indipendente, comeMichelangelo, o trovasse amatori stravaganti, come ilParmigianino, o magari fosse disposto a subire un insuc-cesso dopo l’altro, conducendo una vita incerta, avulsadall’ordine sociale, ma fedele alla propria idea, come ilPontormo.

L’artista di quel tempo aveva perduto quasi tutto ciòsu cui poteva contare l’artista-artigiano del Medioevo e,per molti aspetti, anche l’artista del Rinascimento, nellafase in cui non si era ancora del tutto emancipato dalmestiere: la salda posizione sociale, l’appoggio della cor-porazione, le chiare relazioni con la Chiesa, il rapporto,in complesso ancora non problematico, con la tradizio-ne. La civiltà dell’individualismo gli aveva aperto innu-merevoli possibilità chiuse all’artista medievale, ma nellostesso tempo lo aveva gettato nel vuoto della libertà, incui spesso rischiava di perdersi. Quando con la crisi spi-rituale del secolo xvi gli artisti ebbero di fronte aspettie tendenze del tutto nuove, si trovarono nella condi-zione di non poter affidarsi del tutto a una guida ester-na, né di seguire completamente il loro intimo impulso.Essi erano divisi fra costrizione e libertà, indifesi difronte al caos che minacciava l’ordine del mondo. Conloro nasce, si può dire, l’artista moderno con il suo tipi-co dissidio: avido di vita e pronto all’evasione, legato alsuo tempo e spietatamente ribelle, personale fino all’e-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 49

Page 50: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

sibizionismo e pur sempre restio a rivelarsi fino infondo. D’ora in poi fra gli artisti aumenterà di giornoin giorno il numero dei tipi strani, degli originali, deglipsicopatici. Negli ultimi anni della sua vita il Parmigia-nino si dedica all’alchimia, diventa malinconico e osten-ta un aspetto quanto mai trascurato. Il Pontormo, fin dagiovane, soffre di gravi depressioni e con gli anni diven-ta sempre piú misantropo e chiuso37. Il Rosso finisce sui-cida; Tasso muore pazzo; il Greco vela le sue finestre38

per veder cose che magari un artista del Rinascimentonon sarebbe stato affatto capace di vedere, e un artistamedievale avrebbe, se mai, veduto anche alla luce delgiorno.

La grande crisi spirituale si ripercuote anche sulla teo-ria dell’arte trasformandola profondamente. In contra-sto con il naturalismo o, come si direbbe in termini filo-sofici, con il «dogmatismo ingenuo» della Rinascita, perla prima volta il Manierismo propone all’arte il proble-ma della conoscenza; per la prima volta l’accordo fra artee natura viene sentito come problema39. Per il Rinasci-mento la natura era l’origine della forma, che l’artistarealizzava con un atto di sintesi, raccogliendo e unifi-cando gli elementi di bellezza sparsi nella natura. Laforma artistica perciò, sebbene creazione del soggetto,era pensata come già prefigurata nell’oggetto. Il Manie-rismo lascia cadere questa teoria riproduttiva, mimeti-ca; secondo la nuova dottrina, l’arte non imita la natu-ra, ma crea come la natura. Sia per Lomazzo40, che perFederico Zuccari41, l’arte ha un’origine spontanea nellospirito. Secondo il Lomazzo, il genio opera nell’artecome Dio nella natura; e lo Zuccari afferma che l’idea,il «disegno interno», è la manifestazione del divino nel-l’anima dell’artista. Per primo lo Zuccari si chiede espli-citamente donde l’arte tragga il suo contenuto di verità,donde derivi la rispondenza tra le forme dello spirito equelle della realtà, dato che l’«idea» dell’arte non viene

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 50

Page 51: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

tratta dalla natura. Ed egli stesso risponde che le vereforme delle cose nascono nell’anima dell’artista, in quan-to partecipe diretto della mente divina. Anche qui, comegià nella scolastica e piú tardi in Cartesio, il criterio dellacertezza è rappresentato dalle idee innate o impresse daDio nell’anima umana. Dio crea una rispondenza fra lanatura madre delle cose reali e l’uomo autore delle opered’arte42. Ma lo Zuccari, piú degli scolastici e anche piúdi Cartesio, insiste sulla spontaneità creativa dello spi-rito. Già nel Rinascimento la mente umana aveva acqui-stato consapevolezza della propria virtú creatrice; facen-dola derivare da Dio, il Manierismo mira soltanto adassicurarle una piú alta giustificazione. L’ingenuo rap-porto di soggetto-oggetto, di artista e natura, a cui si eratenuto il Rinascimento, ora si è dissolto: il genio si senteabbandonato a se stesso e bisognoso di integrazione. Lateoria rinascimentale della natura soggettiva e irrazio-nale della creazione artistica, e anzitutto la tesi che l’ar-te non si insegna né s’impara, ma artisti si nasce, solo altempo del Manierismo è spinta all’estremo, specialmenteda Giordano Bruno che parla non solo della libertà, maaddirittura dell’assenza di ogni regola nell’operare arti-stico. «La poesia non nasce da le regole, se non per leg-gerissimo accidente, – egli dice; – ma le regole deriva-no da le poesie; e però tanti son geni e specie di vereregole, quanti son geni e specie de veri poeti»43. Ecco ladottrina estetica di un tempo che cerca di unire l’ispi-razione divina dell’artista e l’autonomia del genio.

L’antagonismo fra regola d’arte e spontanea ispira-zione, disciplina e libertà, obiettività divina e soggetti-vità umana, si esprime anche nel nuovo carattere cheassumono le accademie. In origine, lo spirito e l’inten-to delle accademie era liberale; esse erano state per gliartisti un mezzo per emanciparsi dalla corporazione esollevarsi dal rango di artigiani. Prima o poi i membridelle accademie furono dovunque dispensati dall’obbli-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 51

Page 52: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

go di appartenere a un’Arte e di osservarne le restrizio-ni statutarie. A Firenze fin dal 1571 i membri dell’Ac-cademia del Disegno godevano questi privilegi. Ma leaccademie, oltre che carattere onorifico, avevano unfine didattico; dovevano sostituirsi alle corporazioninon solo come strumenti organizzativi, ma anche comescuole. In questa funzione, esse si rivelarono nient’altroche una diversa forma dell’antica istituzione, al pari diessa angusta e nemica del progresso. L’insegnamento vifu sottoposto a regole anche piú rigide che in antico. Ilgenerale sviluppo tendeva irresistibilmente all’ideale diun canone didattico che sarà attuato soltanto dal Sei-cento francese, ma che ha qui la sua origine. Contro-riforma, spirito autoritario, accademia e Manierismorappresentano diversi aspetti dello stesso spirito e nonè un caso se Vasari, il primo manierista consapevole, èanche il fondatore della prima regolare accademia d’ar-te. Gli analoghi istituti precedenti avevano avuto uncarattere improvvisato; sorti senza alcun programmadidattico, per lo piú si limitavano a una serie di irrego-lari corsi serali, con un gruppo fluttuante di maestri edi scolari. Le accademie dell’epoca manieristica invecefurono istituti perfettamente organizzati44, e soprattut-to il rapporto fra maestro e scolaro – se pure fondato sucriteri diversi – vi era non meno definito che quello framaestro e apprendista nell’antica bottega. Già prima, inmolti luoghi, gli artisti si raccoglievano, oltre che nellecorporazioni vere e proprie, nelle cosiddette confrater-nite, associazioni a carattere religioso e assistenziale,organizzate piú liberamente; ce n’era una anche a Firen-ze, la Compagnia di San Luca, e su di essa si basò ilVasari quando, nel 1561, indusse il granduca Cosimo Ia fondare l’Accademia del Disegno. Diversamente daquanto avveniva nell’organizzazione coercitiva delle cor-porazioni e in analogia invece al principio elettivo delleconfraternite, l’esser membro dell’Accademia vasariana

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 52

Page 53: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

era un titolo d’onore, concesso soltanto ad artisti indi-pendenti e attivi. Una solida e vasta cultura era una dellepremesse indispensabili per esservi ammessi. Il grandu-ca e Michelangelo furono «capi» dell’istituzione; Vin-cenzo Borghini ne fu nominato «luogotenente», cioèpresidente di fatto; e ne furono eletti membri trentaseiartisti. I maestri dovevano istruire un certo numero digiovani, in parte nella loro bottega, in parte nei localidell’accademia. Inoltre, ogni anno si eleggevano tre«visitatori», cioè tre maestri incaricati di seguire il lavo-ro dei «giovani» nelle diverse botteghe della città. L’in-segnamento di bottega dunque non cessò; solo quelloteorico di materie ausiliarie, come geometria, prospetti-va, anatomia, doveva svolgersi in veri e propri corsiscolastici45. Nel 1593, per iniziativa di Federico Zucca-ri, l’accademia romana di San Luca fu elevata a scuolad’arte con una sua sede stabile e un regolare ordina-mento didattico, e serví poi di modello a tutte le fon-dazioni piú tarde. Ma anche quest’accademia, comequella fiorentina, rimase sostanzialmente un’associazio-ne onorifica senza riuscire ad essere un istituto scolasticoin senso moderno46. Lo Zuccari aveva, sí, idee ben con-crete – ed esemplari poi per tutto il sistema accademico– sui compiti di una scuola d’arte e sui metodi da segui-re, ma l’insegnamento artigianale era ancora cosí profon-damente radicato nello spirito della sua generazione,ch’egli non poté realizzare i suoi progetti. Forse nel-l’accademia romana il fine didattico aveva maggior pesoche a Firenze, dove il fine politico e quello di organiz-zazione professionale erano predominanti47; ma anche inessa il risultato fu assai inferiore ai propositi. Nel suodiscorso inaugurale, significativo anche per l’esortazio-ne alla virtú e alla pietà, lo Zuccari insiste sull’impor-tanza delle conferenze e delle discussioni su problemiteorici. Fra i temi dibattuti sta al primo posto la dispu-ta – di attualità dal Rinascimento in poi – sulla gerar-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 53

Page 54: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

chia delle arti e poi la definizione di quello che è il con-cetto fondamentale, la parola magica, di tutta la teoriamanieristica cioè il concetto di «disegno» (nel senso diintenzione, progetto, idea dell’artista). Piú tardi le con-ferenze degli accademici vengono anche pubblicate e lar-gamente divulgate; di qui nascono le celebri conférencesdell’accademia parigina, che tanta importanza avrannonella vita artistica dei due secoli seguenti. Ma i compi-ti delle accademie non si limitavano all’organizzazioneprofessionale, all’educazione degli artisti e alle discus-sioni di estetica; già l’istituto vasariano aveva assunto lafunzione di ente consultivo per questioni artistiche d’o-gni genere: si pronunciava sulla collocazione di certeopere d’arte, raccomandava artisti, giudicava progettiedilizi, confermava permessi d’esportazione.

Per tre secoli le accademie guidarono la politica arti-stica dei governi, la protezione pubblica delle arti, l’e-ducazione degli artisti, i criteri da seguire nel distribui-re premi e stipendi, nell’allestire esposizioni e, in parte,anche la critica. Ad esse soprattutto si deve se alla tra-dizione organicamente sviluppatasi nei secoli si vennesostituendo il convenzionale modello classico. Solo ilverismo ottocentesco riuscí a scuotere la loro autorità ead aprire nuovi orizzonti alla teoria dell’arte che erastata classicheggiante fin dagli inizi. In Italia, a dir verol’accademia non conobbe mai la rigida e angusta disci-plina a cui dovette sottostare in Francia; pure, anche inItalia a poco a poco le accademie vennero assumendo uncarattere piú esclusivo. In principio l’appartenenza atali istituti doveva semplicemente distinguere l’artistadall’artigiano, ma presto la dignità accademica divenneun mezzo per innalzare una parte degli artisti – quellipiú colti e materialmente indipendenti – al di sopradegli incolti e dei poveri. La cultura che le accademierichiedevano per accogliere un artista si ridusse semprepiú a un semplice criterio di distinzione sociale. Nel

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 54

Page 55: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Rinascimento alcuni artisti avevano raggiunto, è vero,onori eccezionali, ma i piú avevano dovuto accontentarsidi un’esistenza relativamente modesta, anche se sicura;ora ogni pittore un po’ noto è un «professore del dise-gno», e anche un «cavaliere» ormai non è piú una raritàfra gli artisti. Distinzioni simili sono fatte apposta perdistruggere l’unità sociale della categoria, dividendola inceti diversi e fra loro estranei, dove il piú alto finisce perfar tutt’uno con l’alta società, anziché con il resto degliartisti. Poiché anche dilettanti e profani sono elettimembri delle accademie artistiche, si crea fra i circolicolti del pubblico e degli artisti una solidarietà senza pre-cedenti. L’aristocrazia fiorentina, ad esempio, è larga-mente rappresentata nell’Accademia del Disegno, equesta situazione suscita in essa un interesse per le cosedell’arte che è ben diverso dall’antico mecenatismo. Inaltre parole l’istituto accademico che in basso serve aseparare l’artista dal semplice artigiano, in alto getta unponte fra l’artista che lavora e produce e il colto pro-fano.

Questo interferire nel mondo dell’arte di circolisocialmente diversi si rivela anche nel fatto che gli scrit-tori d’arte ormai non scrivono piú solo per gli artisti, maanche per gli amatori. Borghini, l’autore del celebreRiposo, lo fa espressamente; ma il fatto che egli senta ildovere di giustificarsi perché scrive d’arte, pur senzaessere artista, è un sintomo che fra gli artisti c’è ancorauna certa ostilità all’intrusione della critica profana. NeL’Aretino (1557) Ludovico Dolce già dibatte a lungo ilproblema se chi non pratica l’arte abbia il diritto di giu-dicarla, e conclude col riconoscere che il profano coltoha tale diritto, fuorché quando si tratti di questionischiettamente tecniche. Seguendo questa concezione,gli scritti dei nuovi teorici tralasciano ogni problema tec-nico, differenziandosi in questo dai trattati rinascimen-tali. Tuttavia, poiché di estetica si occupano ora, per lo

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 55

Page 56: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

piú, dei non-artisti, è naturale che siano accentuati ediscussi piú che in passato quei caratteri che sono comu-ni a tutte le arti, indipendentemente dalle singole tec-niche48. A poco a poco si afferma un’estetica, che nonsolo trascura l’importanza del fatto manuale, del mestie-re, ma attenua il carattere specifico delle varie arti etende decisamente a un concetto generale dell’arte. Inciò appare con la massima evidenza come un fenomenosociologico possa influire su pure questioni teoriche.L’ascesa sociale degli artisti e la diretta partecipazionedei ceti superiori alla vita artistica porta, sia pure indi-rettamente, alla negazione dell’autonomia delle tecnicheartistiche, e al formarsi della teoria dell’unità fonda-mentale dell’arte. Con Federico Zuccari e Lomazzo sonodi nuovo due artisti di professione alla ribalta della let-teratura artistica, ma l’elemento profano è sulla buonastrada per impadronirsi del campo. La critica d’arte, nelsenso stretto del termine, cioè la discussione, piú o menoindipendente dalle teorie tecniche e filosofiche, sul valo-re delle singole opere, è materia che solo piú tardi acqui-sterà importanza, ma fin dall’inizio è di competenza deiprofani.

La prima fase, relativamente breve, del Manierismofiorentino – all’incirca il decennio 1520-30 – costituisceuna reazione contro l’accademismo rinascimentale. Lacorrente accademica per altro si intensifica solo con laseconda fase che culmina verso la metà del secolo e hanel Bronzino e nel Vasari i suoi maggiori esponenti.Dunque il Manierismo comincia come protesta control’arte del Rinascimento, e i contemporanei sono benconsci della frattura che con essa si produce nel genera-le sviluppo dell’arte fiorentina. Già quel che dice ilVasari del Pontormo sta a dimostrare che la nuova cor-rente è sentita come qualcosa che rompe col passato. IlVasari rileva in particolare che, negli affreschi della cer-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 56

Page 57: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

tosa di Val d’Ema, il Pontormo imita lo stile di Dürer,e questo lo giudica come un’aberrazione dagli ideali clas-sici, tornati in grande onore per lui e per i suoi con-temporanei, cioè per la generazione nata fra il 1500 e il1510. In realtà, questo volgersi del Pontormo dai mae-stri del Rinascimento a Dürer, non è, come crede Vasa-ri, un semplice fatto di gusto e di forma; è piuttosto l’e-spressione artistica di un’affinità spirituale che lega lagenerazione del Pontormo con la Riforma tedesca. Dipari passo con lo spirito religioso anche l’arte d’oltralpeguadagna terreno in Italia, specialmente grazie all’arti-sta tedesco che piú di ogni altro è vicino al gusto italia-no, e, grazie alle sue stampe, è popolarissimo nel Sud.Ma non certo l’affinità con l’arte italiana nello stile diDürer interessa il Pontormo e i suoi compagni di ten-denza, bensí la sua piú profonda e piú intima spiritua-lità, il suo gotico idealismo, cioè le qualità di cui soprat-tutto essi sentono la mancanza dell’arte classica italia-na. Tuttavia l’antitesi di Gotico e Rinascimento, che inDürer aveva trovato un suo profondo equilibrio, nellavisione manieristica torna ad essere antinomia inconci-liata e inconciliabile.

L’antagonismo si manifesta specialmente nel modo ditrattare lo spazio. Il Pontormo, il Rosso, il Beccafumimentre esaltano l’effetto spaziale, ora spingendo nelfondo i singoli gruppi, ora dal fondo traendoli impe-tuosamente verso il primo piano, tuttavia negano lo spa-zio, e non solo perché ne annullano l’unità visiva e l’o-mogeneità strutturale, ma anche perché tendono a com-porre secondo ritmi bidimensionali contaminando cosíl’inclinazione alla profondità con una tendenza allasuperficie. Per il Rinascimento, come per ogni civiltàinquieta, impetuosa, dinamica, lo spazio è la categoriafondamentale dell’immagine del mondo; nel Manieri-smo, non è piú tale pur senza essere del tutto svalutato,a differenza di quanto accade di solito nelle civiltà sta-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 57

Page 58: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

tiche e conservatrici, tendenti all’evasione dal mondo eallo spiritualismo, che rinunziano interamente allo spa-zio e raffigurano i corpi in un isolamento astratto, privod’aria e di profondità. La pittura delle civiltà in faseespansiva, tese alla realtà e all’esperienza, in un primotempo colloca i corpi in un serrato contesto spaziale; nefa poi, a poco a poco, il substrato stesso dello spazio, efinisce per risolverli completamente in esso. Per questavia, dalla classicità greca, attraverso l’arte del secolo iva. C., si giunge all’Ellenismo, e dal Quattrocento, attra-verso il Barocco, all’Impressionismo. L’alto Medioevocome la Grecia arcaica, ignora, o quasi, spazio e spazia-lità. Soltanto alla fine del Medioevo questa diventafonte di moto e di vita, necessario veicolo della luce edell’atmosfera che avvolgono ogni cosa. Ma con l’iniziodell’evoluzione rinascimentale questa coscienza dellospazio si trasforma in vera ossessione. Lo Spengler hacreduto di scorgere nel carattere spaziale inerente allavisione e al pensiero dell’uomo del Rinascimento – o,come egli lo chiama, «faustiano»49 – un tratto essenzia-le di tutte le civiltà dinamiche. In realtà fondo d’oro eprospettiva, ben piú che due maniere di trattare lo sfon-do, sono il segno di due posizioni fondamentalmentediverse di fronte alla realtà. L’una parte dall’uomo, l’al-tra dal mondo: la prima afferma il primato della figurasullo spazio, l’altra invece lascia che lo spazio, come ele-mento primo dell’apparenza e substrato dell’esperienzasensibile, prevalga sulla sostanzialità dell’uomo, cosí daassorbirne la figura. Lo spazio esiste prima del corpo chevi trova il suo luogo, dice Pomponio Gaurico50, che aquesto proposito è il miglior esponente del pensierorinascimentale. Il Manierismo si distingue da entrambiquesti atteggiamenti, perché se è vero che cerca di eva-dere da ogni definizione spaziale, certo non vuole rinun-ziare all’effetto dinamico della profondità. Il rilievo,spesso esagerato, e il movimento, per lo piú eccessivo,

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 58

Page 59: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

sembrano fungere da compenso al nuovo carattere irrea-le assunto dallo spazio, ormai non piú sistema coerente,ma semplice somma di coefficienti spaziali. La posizio-ne contraddittoria di fronte al problema dello spazio, inopere come il Ritorno dei fratelli di Giuseppe dall’Egittodel Pontormo, ora a Londra, o la Madonna dal collolungo del Parmigianino, crea rapporti fantastici, che èfacile interpretare come pura stravaganza, mentre nasco-no da un indebolito senso della realtà.

A Firenze, con l’affermarsi del principato, la corren-te manieristica perde assai del suo estroso virtuosismo,assumendo un accentuato carattere aulico e accademico;si riconosce in Michelangelo il modello assoluto, manello stesso tempo ci si assoggetta a rigide convenzionisociali.

Ora soltanto nel Manierismo fiorentino si accentuala dipendenza dall’arte classica che finisce per prevale-re sulla primitiva opposizione ad essa; ciò si spiegasoprattutto con lo spirito autoritario che domina la cortee favorisce l’imposizione di rigidi criteri anche all’arte.L’idea di fredda, inaccessibile grandezza, che la duches-sa Eleonora di Toledo porta con sé dalla patria, trova lapiú immediata espressione nel Bronzino, pittore di cortenato, con quelle sue forme corrette e cristalline: il suoambivalente rapporto con l’arte michelangiolesca e conil problema spaziale, e specialmente quella sua intimacontraddizione, che fu chiamata disagio dello spiritosotto la corazza del contegno51 ne fanno il perfetto tipodel manierista. Nel Parmigianino, meno oppresso dalrigore della convenzione, la corazza è piú sottile e isegni dell’intima inquietudine affiorano piú facilmente.È piú tenero, – piú nervoso, piú morbido del Bronzino;può abbandonarsi piú del pittore della corte fiorentina;pure, è altrettanto ricercato e artificioso. In tutta Italiasi sviluppa un raffinato stile aulico, un Super-rococò,non meno sottile dell’arte francese del Settecento, ma

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 59

Page 60: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

spesso ben piú ricco e complicato. Solo ora il Manieri-smo raggiunge quella generale diffusione, quel caratte-re internazionale, che l’arte del primo Cinquecento nonha mai avuto. L’artificio prezioso, il capriccio rococò, gliè essenziale quanto il severo canone michelangiolesco. E,per quanto poco abbiano in comune i due elementi,occorre ricordare che il virtuosismo si trova in germe giàin opere michelangiolesche, quali il Genio della vittoriae le tombe medicee.

Il vero erede di Michelangelo non è il «michelangio-lesco» Manierismo internazionale, ma il Tintoretto, che,pur legato a quello stile, in sostanza se ne distingue.Venezia non ha una corte principesca, né il Tintorettolavora per corti straniere, come Tiziano; solo negli ulti-mi anni riceve incarichi dalla Repubblica. Non la cortené lo stato, ma le confraternite sono i suoi maggiori com-mittenti. È difficile dire se fossero le esigenze dei com-mittenti a determinare il carattere religioso della suaarte, o se invece egli si cercasse la clientela in ambientia lui congeniali; comunque, egli è l’unico artista in Ita-lia in cui il rinnovamento religioso abbia trovato un’e-spressione, pari come profondità, benché diversa dimodi, a quella di Michelangelo. Egli lavorò per la Scuo-la di San Rocco, di cui era membro fin dal 1575, per uncompenso cosí modesto da far pensare che si sia assun-to l’incarico piú che altro per ragioni affettive. La spi-ritualità religiosa dell’arte sua, se non vi trovò un incen-tivo, o magari la sua prima origine, certo poté esplicar-si grazie all’orientamento tutto particolare della suaclientela, assai diversa da quella di un Tiziano. Le con-fraternite o «scuole», costituite su basi religiose, orga-nizzate per lo piú secondo le professioni, sono caratte-ristiche della Venezia cinquecentesca; il largo seguitoche esse hanno, è un sintomo dell’approfondirsi dellavita religiosa, che era, nella patria del Contarini, ancorpiú intenso che nel resto d’Italia. Per lo piú i confratel-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 60

Page 61: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

li sono gente modesta, e anche questo serve a spiegarela loro preferenza per l’arte di contenuto strettamentereligioso. Ma le «scuole» sono ricche, e possono per-mettersi di ornare le loro sedi di importanti e fastosidipinti. Man mano che avanza nella decorazione pitto-rica della Scuola di San Rocco, il Tintoretto si evolve ediventa il piú grande e rappresentativo pittore dellaControriforma52. Il suo rinnovamento spirituale si com-pie intorno al 1560, quando il Concilio di Trento s’av-via alla conclusione e formula i decreti sull’arte. Le gran-di tele della Scuola di San Rocco, eseguite in due perio-di, negli anni 1565-67 e 1576-87, rappresentano gli eroidel Vecchio Testamento, narrano la vita di Cristo edesaltano i sacramenti cristiani. Quanto agli argomenti,dopo gli affreschi di Giotto nella cappella dell’Arena,esse sono il piú completo ciclo pittorico dell’arte cri-stiana e, quanto allo spirito, bisogna risalire alle scultu-re delle cattedrali gotiche per trovare una descrizionecosí ortodossa del cosmo cristiano. Michelangelo appa-re un pagano alle prese con i misteri del cristianesimorispetto al Tintoretto, che invece è già sicuramente inpossesso della segreta verità, per cui lotta ancora il suopredecessore. Le scene evangeliche, l’Annunciazione, laVisitazione, l’Ultima Cena, la Crocifissione, non sonoper lui – come per Michelangelo – soltanto episodi dellatragedia del Redentore, ma i misteri, fatti visibili, dellafede cristiana. Le scene assumono nella sua pittura carat-tere visionario, e, benché riassumano tutte le conquistedel naturalismo rinascimentale, appaiono irreali, spiri-tualizzate, ispirate. Qui nulla separa il naturale dalsoprannaturale, il profano dal sacro. Ma si tratta di unequilibrio passeggero nell’evoluzione del pittore; il signi-ficato cristianamente ortodosso delle rappresentazioniverrà di nuovo perduto. Il mondo delle sue opere tardeè spesso quello mitico-pagano o, nel migliore dei casi,quello del Vecchio Testamento, non piú quello del Van-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 61

Page 62: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

gelo. Vi si sviluppa un evento cosmico, un dramma pri-migenio in cui, accanto ai profeti e ai santi, anche Cri-sto e Dio Padre sono, per cosí dire, comprimari, non giàprotagonisti. Nel Mosè che fa zampillare l’acqua dallarupe, non solo l’eroe biblico deve rinunziare alla suaparte di eroe della scena e ritrarsi davanti al prodigiodello zampillo, ma Dio stesso diventa un corpo celestein movimento, ruotante vorticosamente nel congegnodell’universo. Nella Tentazione e nell’Ascensione si ripe-te questo spettacolo macrocosmico, troppo spoglio diriferimenti storici e troppo scarso di suggerimentiumani, perché lo si possa dire strettamente cristiano ebiblico. In altre opere, quali La fuga in Egitto e le dueMarie, la scena diventa un ideale paesaggio mitologico,in cui le figure svaniscono quasi del tutto e solo domi-na lo sfondo.

L’unico vero successore del Tintoretto è il Greco.Come l’arte del grande manierista veneziano, anche lasua si sviluppa sostanzialmente al di fuori degli ambien-ti di corte. Toledo, dove il Greco si stabilisce dopo glianni del tirocinio in Italia, è allora la terza città dellaSpagna – dopo Madrid, sede della corte, e Siviglia, mas-simo emporio commerciale – e costituisce il centro dellavita ecclesiastica53. Non è un caso che ne abbia fatto suapatria l’artista piú profondamente religioso che mai siavissuto dopo il Medioevo. Veramente, non mancaronotentativi da parte del Greco per trovare impiego allacorte di Madrid54, ma il loro insuccesso è un segno chefra la cultura aulica e quella religiosa anche in Spagnagià cominciava a determinarsi un contrasto, e che delresto, per un artista come il Greco, la formula delManierismo di corte era ormai troppo angusta. La suaarte non rinnega l’origine aulica del linguaggio stilisti-co, ma ne trascende in larghissima misura i limiti. Il sep-pellimento del conte d’Orgaz rappresenta una cerimoniasecondo un corretto gusto di corte, ma assurge a una

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 62

Page 63: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

sfera ben piú alta di quella sociale e puramente umana.È, ad un tempo, un’impeccabile scena di cerimonia, maanche un dramma fra cielo e terra, sentito nel modo piúprofondo, soave, misterioso. Anche nel Greco, comenel Tintoretto, a questo momento d’equilibrio succedeun periodo di deformazione, sproporzione e tensionespasmodica. Il Tintoretto dilatava lo spazio delle suescene nell’infinito degli spazi cosmici; nel Greco risal-tano certe incongruenze tra le figure, che sono in séinspiegabili e perseguono un significato trascendenteogni limite razionale e naturale. Nelle ultime opere, ilGreco s’avvicina a Michelangelo nell’estrema smateria-lizzazione della realtà. In dipinti come la Visitazione elo Sposalizio, che nella sua storia prendono il posto dellaPietà Rondanini, le figure ormai si risolvono tutte nellaluce, e diventano pallide larve che passano lievi in unospazio indefinibile, irreale, astratto.

Neppure il Greco ha successori immediati; la solu-zione che egli ha saputo dare dei piú scottanti problemidell’arte rimane senza seguito. In quest’epoca solo illivello medio appare di generale validità; a differenza diquanto accadeva nel Medioevo in cui l’unità stilisticadell’epoca includeva anche le piú perfette creazioni. Lospiritualismo del Greco non trova neppure una prose-cuzione indiretta o un parallelo, come invece trova lavisione cosmica del Manierismo italiano, nell’arte diBruegel. Infatti, pur con tanto divario di modi e diforme, il senso del cosmico è l’elemento predominanteanche in questo artista, benché esso si esprima spesso –ben diversamente da quanto avviene al Tintoretto –attraverso le cose piú comuni: un monte, una valle,un’onda. Nel Tintoretto quel che è usuale svanisce alsoffio del Tutto; in Bruegel il Tutto è immanente aglioggetti dell’esperienza quotidiana. È questa una formanuova di simbolismo, in certa misura opposta alle pre-cedenti. Nell’arte medievale il simbolo s’imponeva tanto

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 63

Page 64: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

piú forte quanto piú la scena s’allontanava dalla realtàempirica, quanto piú era stilizzata e convenzionale; qui,invece, tanto maggiore è la sua forza quanto piú comu-ni e aneddotici sono i temi. Le opere medievali, per illoro simbolismo astratto e convenzionale, non ammet-tevano che una sola interpretazione; invece, dal Manie-rismo in poi le grandi creazioni artistiche, dato il carat-tere dei loro temi, piú prossimo alla vita, sono suscetti-bili di interpretazioni innumerevoli. I dipinti di Brue-gel, le opere di Shakespeare e di Cervantes, per essereintese, devono essere interpretate in modo semprenuovo. Il loro naturalismo simbolico, col quale s’iniziala storia dell’arte moderna, nasce dalla visione manieri-stica e implica il completo sovvertimento dell’omoge-neità omerica, la fondamentale separazione fra l’idea el’esistenza, l’essenza e la vita, Dio e il mondo. Qui nonbasta, come bastava ad Omero, che il mondo sia, per-ché esso abbia significato; qui l’immagine artistica nonè piú vera solo perché diversa dalla realtà consueta,come nel Medioevo; qui l’immagine è incompleta einsensata in sé, ma, appunto in quanto tale, allude a unmondo perfetto e significativo.

A prima vista par che ben poco accomuni Bruegel allamaggioranza dei manieristi. Gli mancano i pezzi di bra-vura, le finezze da virtuoso, le convulsioni e le contor-sioni, gli arbitri nelle proporzioni e le contraddizioninella visione spaziale. Specialmente se ci si fissa sullescene rusticane dell’ultimo periodo, egli sembra un robu-sto verista, che non rientra per nulla nel quadro delManierismo, cosí problematico e intellettualmente divi-so. Ma in realtà Bruegel ha una visione del mondo altret-tanto frammentaria che i manieristi, un senso della vitalontano quanto il loro dall’ingenuità e dalla spontaneità.E con mancanza d’ingenuità qui non si intende soltan-to quel carattere riflesso che dal Rinascimento in poi èproprio di ogni arte; ma anche il fatto che l’artista

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 64

Page 65: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

coscientemente e deliberatamente offre della realtà nonuna rappresentazione qualunque, ma quella che gli èpropria, la sua interpretazione, sí che tutte le sue operepotrebbero riassumersi nell’unico titolo: «Cosí come iovedo». Questo tratto costituisce la novità sovversiva el’essenziale modernità dell’arte di Bruegel e di tutto ilManierismo. In Bruegel manca solo il capriccioso vir-tuosismo di moltissimi manieristi, ma non l’individuali-smo pungente, non la volontà di esprimere anzitutto sestesso, e in forma nuovissima. Nessuno dimenticherà ilprimo incontro con Bruegel. Nell’arte di altri maestri,specie se piú antichi, ciò che in essa è tipico si palesa sol-tanto dopo una certa consuetudine all’osservatore ine-sperto, che per lo piú, da principio, confonde le operedi artisti diversi. Bruegel è indimenticabile, e inconfon-dibile anche per un principiante.

La pittura di Bruegel ha in comune col Manierismoanche il suo carattere non popolare. Si è equivocato suquesto aspetto come, del resto, sul generale significatodel suo stile, che si è considerato un sano, ingenuo veri-smo senza incrinature. Il pittore si è chiamato «Bruegeldei contadini» e si è creduto, a torto, che un’arte cheritrae la vita della povera gente le sia anche destinata;mentre in realtà è vero piuttosto il contrario. L’imma-gine della propria vita, la descrizione del proprioambiente sociale è di solito ricercata solo dai ceti d’in-clinazioni e mentalità conservatrici, soddisfatti del loroposto nella società. I ceti oppressi e intenti a migliora-re desiderano vedere rappresentate quelle condizioni divita a cui aspirano, non quelle da cui cercano di sfuggi-re. Un’inclinazione sentimentale alla vita semplice laprovano, di solito, solo coloro che hanno superato talesemplicità. È cosí oggi, e non era altrimenti nel Cin-quecento. Come, oggi, operai e piccoli borghesi al cine-matografo vogliono vedere la vita dei ricchi e non lestrettezze della propria, e come i drammi ottocenteschi

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 65

Page 66: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

d’argomento sociale ottennero il massimo successo, nongià nei teatri popolari, ma nei circoli raffinati delle gran-di città, cosí anche l’arte di Bruegel era destinata ai cetipiú elevati, in ogni caso alla città e non certo alla cam-pagna. È, stato notato che le sue scene rusticane deri-vano dalla cultura aulica55. I primi segni di un interesseper la vita campagnola come soggetto dell’arte si nota-no alle corti, e fin dagli inizi del Quattrocento i librid’ore del duca di Berry ci offrono, nei loro calendari,esempi di tali auliche versioni di scene campestri. Minia-ture del genere sono uno dei filoni essenziali per l’artedi Bruegel; l’altro è stato riconosciuto in quegli arazzi,destinati essi pure alla corte e agli ambienti ad essa vici-ni, che, accanto alle dame e ai cavalieri occupati alla cac-cia, alle danze, ai giochi di società, mostrano contadinial lavoro, taglialegna e vignaiuoli56. L’effetto di questescene di costume, tratte dalla vita dei campi e dellanatura, in origine non era affatto sentimentale e roman-tico – come piú tardi, nel Settecento – ma piuttostocomico e grottesco. La vita della povera gente, contadi-ni e operai, per quei circoli, per cui si miniavano i librid’ore e si tessevano gli arazzi, rappresentava una curio-sità, una stranezza esotica, non certo qualcosa di uma-namente vicino e commovente. A queste scene dellavita quotidiana i signori prendevano piacere come aifabliaux dei secoli precedenti, che però fin dall’inizioformarono anche il divertimento dei ceti piú modesti,mentre le preziose miniature e gli arazzi erano riservatialle classi elevate. Anche il pubblico di Bruegel appar-tenne certamente alle classi piú facoltose e piú colte. Frail 1562 e il ’63, dopo un soggiorno in Anversa, l’artistasi stabilisce nell’aristocratica e aulica Bruxelles. Con-temporaneamente egli compie la svolta stilistica decisi-va per la sua ultima maniera, e si volge a quei temirusticani che hanno fatto la sua fama57.

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 66

Page 67: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Capitolo terzo

La seconda disfatta della cavalleria

Verso la fine del Quattrocento si assiste in Italia enelle Fiandre ad una rinascita del romanticismo caval-leresco, con una ripresa d’entusiasmo per la vita eroicae un rinnovarsi della moda dei romanzi di cavalleria. Ilfenomeno tocca il suo acme in Francia e in Spagna nelCinquecento ed è in sostanza un sintomo dell’incipien-te predominio dello stato autoritario, del degeneraredella democrazia cittadina e del tono aulico che vieneassumendo tutta la civiltà occidentale. Gli ideali e lamorale cavalleresca sono la forma sublimata di cui lanuova nobiltà, in parte venuta dal basso, e il principa-to, sulla via dell’assolutismo, vestono la loro ideologia.L’imperatore Massimiliano è detto «l’ultimo cavaliere»,ma ha molti successori che possono aspirare a quel tito-lo; e anche Ignazio di Loyola chiama se stesso «cavalie-re di Cristo» e organizza il suo ordine secondo i prin-cipî dell’etica cavalleresca, se pure, ad un tempo, nellospirito del nuovo realismo politico. Gli ideali cavallere-schi in sé non sono piú abbastanza saldi; inconciliabilicon la struttura razionalistica della realtà economica esociale, la loro vanità nel mondo dei «mulini a vento»è anche troppo evidente. Dopo un secolo di entusiasmoper il cavaliere errante, dopo un’orgia di romanzi avven-turosi, la cavalleria subisce la sua seconda sconfitta. Igrandi poeti del secolo, Shakespeare e Cervantes, nonsono che i portavoce del loro tempo, e proclamano quel

Storia dell’arte Einaudi 67

Page 68: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

che la realtà rivela ad ogni passo: la cavalleria sopravvi-ve a se stessa e la sua forza etica si è ridotta a mera fin-zione.

Il suo culto rinnovato in nessun luogo raggiunse l’in-tensità che ebbe in Spagna, dove sette secoli di lottacontro gli Arabi avevano fuso in un nesso indissolubilei principî della fede e dell’onore con gli interessi e il pre-stigio della classe dominante; e dove le guerre di con-quista in Italia, le vittorie sulla Francia, le vaste colo-nizzazioni e il saccheggio dei tesori americani eranomotivi efficacissimi per una trasfigurazione eroica dellafigura e della condizione del guerriero. Ma qui, dove piúchiaro brillò il ravvivato spirito cavalleresco, fu anchepiú grande il disinganno quando il dominio di quegl’i-deali si rivelò una finzione. La Spagna vittoriosa, purcon le sue conquiste e i suoi tesori, dovette cedere allasupremazia economica dei mercanti olandesi e dei pira-ti inglesi; non fu quindi piú in grado di provvedere aglieroi delle sue guerre; il fiero hidalgo divenne un affa-mato, se pure non un briccone e un vagabondo: nellarealtà i romanzi cavallereschi si rivelarono la prepara-zione meno adatta alle funzioni che attendevano unveterano che doveva stabilirsi nel mondo borghese.

La biografia di Cervantes rivela un destino quantomai tipico dell’epoca che segna il passaggio dal roman-ticismo cavalleresco al realismo. Senza conoscerla, èimpossibile apprezzare sociologicamente il Don Quijote.Il poeta viene da una famiglia senza mezzi, che peròvanta nobiltà cavalleresca; in gioventù la miseria locostringe a servire come soldato semplice nell’esercito diFilippo II e a subire tutti i disagi delle campagne d’Ita-lia. Partecipa alla battaglia di Lepanto, in cui viene gra-vemente ferito. Tornando in patria, cade in mano deipirati algerini, passa cinque amari anni in schiavitù, fin-ché, dopo molti vani tentativi di fuga, viene liberato nel1580. A casa trova la famiglia in estrema indigenza e

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 68

Page 69: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

carica di debiti. Ma non c’è impiego adeguato nemme-no per lui, che pure è soldato benemerito, eroe di Lepan-to, cavaliere fatto schiavo dagli infedeli; egli deve con-tentarsi dell’ufficio subalterno di piccolo esattore; ha deiguai finanziari; innocente, o per un lieve trascorso, vieneincarcerato; e infine gli tocca assistere al crollo dellapotenza militare spagnola e alla sconfitta per mano degliInglesi. La tragedia del cavaliere si ripete in grande neldestino del popolo cavalleresco per eccellenza. Entram-bi, com’egli vede sempre piú chiaramente, sono scon-fitti, perché la cavalleria è storicamente superata, l’ir-razionale romanticismo è anacronistico in un temponient’affatto romantico. Quando Don Chisciotte attri-buisce l’inconciliabilità dei suoi ideali con il mondo a unsortilegio gettato sulla realtà, e non può capire la diver-genza fra l’ordine soggettivo e quello oggettivo dellecose, questo significa soltanto ch’egli dormiva mentrel’intero mondo si veniva trasformando, sí che il mondodei suoi sogni gli appare l’unico vero, e stregato, inve-ce, e pieno di demoni maligni quello reale. Cervantesriconosce che questa posizione è del tutto priva di ten-sione e non ammette perciò correzione; egli vede che ilsuo idealismo è inattaccabile dalla realtà, sulla quale asua volta non può incidere; e che l’assenza di ogni rap-porto fra l’eroe e l’ambiente che lo circonda condannaogni azione al fallimento.

Può darsi che Cervantes all’inizio non fosse consciodel profondo significato della sua idea, e pensasse vera-mente a una semplice parodia dei romanzi cavallere-schi. Ma certo egli riconobbe ben presto che il proble-ma che lo travagliava non metteva in questione soltan-to le letture dei suoi contemporanei. La parodia dellavita cavalleresca, d’altronde, da gran tempo non era piúuna novità; già il Pulci si era preso gioco delle storie dicavalleria, e nel Boiardo e nell’Ariosto si ritrova lo stes-so atteggiamento ironico di fronte al fascino del cava-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 69

Page 70: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

liere. In Italia, dove quel titolo era spesso portato dagente d’origine borghese, la nuova cavalleria non pen-sava certo a prendersi molto sul serio. Senza dubbio Cer-vantes sviluppò il suo atteggiamento scettico in Italia,patria del liberalesimo e dell’umanesimo; e forse dallaletteratura italiana gli venne il primo impulso per quelsuo scherzo di validità storica universale. Ma l’opera suanon doveva riuscire solo una canzonatura degli artificiosie stereotipi romanzi alla moda, né una semplice criticadella cavalleria ormai anacronistica, ma anche un’accu-sa contro la prosaica, deludente realtà, dove all’ideali-sta non rimane che trincerarsi dietro la sua idea fissa.Quindi in Cervantes non è la trattazione ironica delcostume cavalleresco che è nuova; ma la stretta relazio-ne dei due mondi: quello idealistico-romantico e quellorealistico-razionalistico. Nuovo è anche l’insanabile dua-lismo della sua visione del mondo, quella concezione del-l’idea inattuabile nella realtà e della realtà irreducibileall’idea.

Di fronte al problema della cavalleria, Cervantes èdominato dall’ambiguità che è propria della visionemanieristica. Egli oscilla fra la giustificazione dell’idea-lismo estraneo al mondo e la ragionevolezza mondana.Ne risulta, per quanto riguarda il suo eroe, un dupliceatteggiamento, che segnò di per se stesso l’inizio di unanuova era della letteratura. Finora nella poesia c’eranosolo tipi buoni e cattivi, salvatori e traditori, santi e mal-fattori; qui invece l’eroe è a un tempo santo e pazzo. Seil senso dell’umorismo consiste nella facoltà di vederecontemporaneamente due lati opposti di una cosa, lascoperta di questo doppio aspetto di un carattere signi-fica la scoperta dell’umorismo nella poesia, umorismosconosciuto prima dell’età manieristica. Non c’è un’a-nalisi del Manierismo letterario che vada oltre i solitischemi di marinismo, gongorismo e simili; ma chi voles-se farla, dovrebbe prender le mosse da Cervantes58. Nel-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 70

Page 71: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

l’opera sua, oltre al vacillante senso della realtà, a quel-la costante incertezza dei limiti fra reale e irreale, sipotrebbero studiare ottimamente anche gli altri trattiessenziali del Manierismo: il senso comico che affioradalla tragedia, come il tragico dalla commedia, e la dupli-ce natura dell’eroe, che ora tocca il ridicolo, ora il subli-me. E altri tratti ancora: il fenomeno del «coscienteautoinganno», i diversi accenni dell’autore alla naturafittizia del suo mondo, gli sconfinamenti continui fra larealtà propria all’opera e quella esterna, la noncuranzacon cui le figure del romanzo escono dalla loro sfera permuoversi nel mondo del lettore, la «romantica ironia»con cui – nella seconda parte del libro – ci si riferiscealla celebrità, che le figure principali hanno acquistatonella prima parte: per esempio, i due protagonisti sonoammessi alla corte ducale, grazie alla loro fama lettera-ria, e qui Sancio Panza spiega ch’egli è «lo stalliere diDon Chisciotte, che appare anche nel racconto, e sichiama Sancio Panza, se non lo hanno scambiato inculla, cioè in stamperia». Manieristica è l’idea fissa dacui è posseduto l’eroe, quella specie di costrizione sottola quale si muove e il carattere burattinesco che ne deri-va a tutta la vicenda. Manieristica è la presentazione,capricciosa e grottesca, la struttura arbitraria, senzaforma né misura; l’insaziabilità del narratore nell’intro-durre sempre nuovi episodi, commenti e digressioni; isalti cinematografici, le divagazioni e le sorprese. Manie-rismo è ancora la commistione degli elementi reali efantastici nello stile, il realismo dei particolari inseritinell’insieme irreale della concezione, l’unione di carat-teri cavallereschi e di altri volgarmente picareschi, i dia-loghi colti dalla vita comune – che Cervantes introduceper primo nel romanzo59 – accanto ai ritmi artificiosi eai leziosi tropi del conceptismo. Manierismo è pure, e inmodo molto significativo, la presentazione dell’operacome se si formasse e crescesse via via; e cosí le svolte

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 71

Page 72: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

nel corso del racconto; il fatto che una figura cosí impor-tante e cosí chiaramente indispensabile come Sancioappaia come un tema aggiunto; e che Cervantes stesso– a quanto si afferma60 – alla fine non riuscisse piú acomprendere il suo eroe. Manieristica infine è la discon-tinuità di tono nell’esposizione, ora delicata e squisita,ora negletta e cruda, per cui il Don Quijote è stato dettola piú trasandata fra le grandi opere di poesia61, se purenon proprio giustamente, poiché ci sono opere di Shake-speare altrettanto meritevoli di una simile qualifica.

Cervantes e Shakespeare sono quasi coetanei emuoiono nello stesso anno. Numerosi sono i punti dicontatto fra la visione filosofica e artistica dei due poeti,ma forse su nessun altro argomento il loro accordo è cosísignificativo come a proposito della cavalleria, cheentrambi ritengono anacronistica e in decadenza. Ma,pur in questo accordo di fondo, il loro sentimento versogli ideali cavallereschi presenta un certo divario, com’e-ra del resto da aspettarsi data la complessità del feno-meno. Il drammaturgo Shakespeare è piú favorevole delromanziere Cervantes all’idea cavalleresca; ma il citta-dino della nazione inglese, cioè di un paese socialmentepiú evoluto, è piú duro verso la cavalleria come classedi quanto non sia lo Spagnolo, ancora legato in fondoalla propria origine aristocratica e al proprio passatomilitare. Per altro Shakespeare tiene ad attribuire unalto rango sociale ai suoi eroi anche in vista di partico-lari effetti drammatici: essi debbono esser principi, gene-rali e gran signori, perché risultino teatralmente supe-riori al resto degli uomini, e al momento della disgraziacadano abbastanza dall’alto, di modo che il mutare dellaloro sorte faccia un’impressione piú profonda.

Sotto i Tudor, la monarchia si era sviluppata in dispo-tismo. Alla fine della guerra delle Due Rose, l’alta ari-stocrazia era quasi annientata, e la piccola nobiltà dicampagna, i proprietari terrieri e la borghesia urbana

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 72

Page 73: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

volevano anzitutto ordine e pace: ogni governo erabuono, purché forte abbastanza da scongiurare il ritor-no dell’anarchia. Poco prima dell’ascesa al trono di Eli-sabetta, ancora una volta il paese era stato provato dagliorrori della guerra civile; i contrasti religiosi appariva-no piú acuti che mai, l’amministrazione statale era incondizioni disperate, la situazione internazionale eraconfusa e preoccupante. Il solo fatto che la regina riu-scisse in parte a superare, in parte a schivare i pericolidi una tale situazione, le assicurò una certa popolaritàin larghi strati della popolazione. Per le classi privilegiatee possidenti il suo governo significava anzitutto unagaranzia contro la minaccia di moti rivoluzionari popo-lari. Ogni preoccupazione del ceto medio per l’accre-scersi della potenza regale tacque di fronte alla consi-derazione che la monarchia costituiva un argine controle lotte di classe. Elisabetta favorí in ogni modo l’eco-nomia capitalistica: come quasi tutti i principi di queltempo, essa era sempre a corto di denaro, e partecipavaanche direttamente alle imprese dei Drake e dei Raleigh.L’iniziativa privata cominciò a godere una protezionesenza precedenti; non solo con l’azione di governo, maanche con leggi ci si preoccupava di salvaguardarne gliinteressi62. Per l’economia di profitto cominciò un’asce-sa ininterrotta e questo spirito di intraprendenza si pro-pagò a tutto il paese. Chiunque aveva modo di farequalcosa nel campo economico, si dava alla speculazio-ne. La ricca borghesia e la nobiltà, sia terriera, sia coin-teressata in imprese industriali, costituirono la nuovaclasse dirigente. La loro alleanza con la Corona fu ilsegno dello stabilizzarsi della nuova situazione sociale.Certo non si deve sopravvalutare l’influsso politico eintellettuale di questi ceti. La corte, a cui la vecchia ari-stocrazia dà pur sempre il tono, è il centro della vita pub-blica; e la Corona preferisce l’alta nobiltà alla borghesiae alla piccola nobiltà di campagna, purché non gliene

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 73

Page 74: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

venga danno né pericolo. Del resto, la corte si compo-ne in parte di gente fatta nobile dai Tudor e salita gra-zie alla sua ricchezza. I discendenti, ormai rari, dell’an-tica aristocrazia e gli esquires sono ben disposti al con-nubio e alla cooperazione economica con la parte riccae conservatrice della borghesia. Qui, come in quasi tuttal’Europa, al livellamento sociale contribuisce largamen-te il fatto che attraverso i matrimoni figli di borghesiaccedono alla nobiltà, e anche l’adattarsi dei cadettidelle famiglie nobili alle professioni borghesi. Tuttaviain Inghilterra, dove il secondo caso è la regola, in sostan-za è la nobiltà a imborghesirsi, mentre è caratteristicadella Francia l’ascesa della borghesia allo stato nobilia-re. È decisivo per i rapporti dell’alta borghesia inglesee della media proprietà terriera con la Corona, il fattoche la monarchia, dopo faide secolari, ha ristabilito l’or-dine ed è ormai pronta a garantire la sicurezza delle clas-si possidenti. Il principio dell’ordine, l’idea dell’autoritàe della sicurezza diventano la base della concezione bor-ghese, poiché le classi dedite al guadagno si rendonoconto sempre piú chiaramente che per esse nulla è piúpericoloso di un governo debole e di rivolgimenti socia-li. «Quando la gerarchia vacilla, s’infirma tutto il siste-ma» (Troilo e Cressida, I, 3): ecco la quintessenza di que-sta filosofia sociale. La devozione di Shakespeare e deisuoi contemporanei verso la Corona si spiega anzituttocon la paura del caos. L’idea dell’anarchia li perseguita;l’ordine universale e la distruzione che sempre pareminacciarlo è un tema fondamentale del pensiero e dellapoesia di quei tempi63. Essi rappresentano il disordinesociale addirittura come un turbamento dell’armoniadell’universo, e interpretano la musica delle sfere comeil peana degli angeli della pace che hanno domato gli ele-menti in rivolta.

Shakespeare vede il mondo con gli occhi di un agia-to borghese, grosso modo liberale nel sentire, scettico e

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 74

Page 75: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

per molti aspetti deluso. Egli esprime opinioni politicheche s’ispirano all’idea dei diritti dell’uomo – come lichiameremmo oggi – condanna le sopraffazioni del pote-re e l’oppressione del popolo, ma condanna anche ciòch’egli chiama l’arroganza e la prepotenza della pleba-glia e, nella sua apprensione di borghese, pone il prin-cipio dell’«ordine» al di sopra di ogni considerazioneumanitaria. I critici conservatori per lo piú sono d’ac-cordo nell’affermare che Shakespeare disprezza il popo-lo e odia la «canaglia» della strada; parecchi socialistiinvece, che vorrebbero trarlo dalla loro, non ritengonoche si possa parlare in questo caso di odio e di disprez-zo, né che sia da pretendere da un poeta del Cinque-cento la solidarietà di uno scrittore d’oggi verso il pro-letariato, che, d’altronde, nel senso moderno della paro-la, non esisteva affatto64. Gli argomenti di Tolstoj e diShaw, che attribuiscono a Shakespeare le opinioni poli-tiche dei suoi aristocratici eroi, soprattutto di Coriola-no, non sono certo persuasivi, sebbene non sia da tra-scurare il palese compiacimento di Shakespeare per leingiurie dirette al popolo; non bisogna tuttavia dimen-ticare quanto l’ingiuria per se stessa fosse grata al tea-tro elisabettiano. Certamente, Shakespeare non appro-va i pregiudizi di Coriolano, ma il deplorevole acceca-mento del suo aristocratico eroe non arriva a spegnerein lui l’ammirazione per la sua imponente figura, per lo«splendido uomo». Egli abbassa lo sguardo sulle grandimasse popolari con una superiorità in cui – come giàColeridge ebbe a notare – si mescolano disprezzo eindulgente benevolenza. In complesso, il suo atteggia-mento corrisponde a quello degli umanisti, di cui ripe-te fedelmente le frasi abituali sulle moltitudini «incol-te», «politicamente immature», «incostanti». Ma chequesto suo atteggiamento non abbia un’origine esclusi-vamente culturale appare subito chiaro, quando si pensiche in Inghilterra l’aristocrazia, fin dall’inizio piú lega-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 75

Page 76: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

ta all’umanesimo, si mostra verso il popolo piú benevo-la e comprensiva della borghesia, piú direttamenteminacciata dalle pretese economiche del proletariato;per esempio, nelle opere di Beaumont e di Flechter, i piúvicini all’aristocrazia fra i colleghi di Shakespeare, ilpopolo appare in luce piú favorevole che nella maggiorparte degli altri drammi elisabettiani65. Ma, alta o bassache sia la stima di Shakespeare per le qualità intellettualie morali delle masse, poca o molta la sua simpatia per-sonale per il popolo «maleodorante» e «buono», sareb-be un semplificare troppo la realtà considerarlo un sem-plice strumento della reazione. Marx ed Engels seppe-ro vedere per Shakespeare, come per Balzac, quello cheè veramente l’aspetto essenziale. Nonostante la loroposizione fondamentalmente conservatrice, i due poetiebbero una funzione progressista, poiché entrambi ave-vano compreso la caducità e la crisi di una situazione dicui invece i loro contemporanei erano soddisfatti. Qua-lunque fosse il pensiero di Shakespeare sulla monarchia,la borghesia, il proletariato, il semplice fatto che in un’e-poca di ascesa nazionale e di floridezza economica – cosíproficua anche per lui – egli esprima una visione tragi-ca e cosí profondamente pessimistica, rivela in lui unforte senso di responsabilità sociale e la convinzioneche anche allora non proprio tutto era per il meglio.Certo egli non era un sovversivo, e neppure una tempradi lottatore, ma apparteneva al campo di quel sano razio-nalismo che seppe impedire la rinascita della nobiltàfeudale; proprio come Balzac che, con la sua spietataanalisi della psicologia borghese, senza volerlo e senzasaperlo, si trovò fra i precursori del moderno socialismo.

Dai drammi storici si deduce abbastanza chiaramen-te che Shakespeare, nella lotta che all’alta nobiltà feu-dale contrappose Corona, borghesia e piccola nobiltà,non fu certo per gli arroganti e crudeli ribelli. Interessie inclinazioni lo univano con la borghesia e la nobiltà

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 76

Page 77: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

imborghesita di tendenze liberali, ceti che di fronteall’antica nobiltà feudale formavano pur sempre ungruppo progressivo. I mercanti Antonio e Timone, ric-chi, distinti, generosi, dalle maniere raffinate e dal trat-to signorile, ci danno forse l’immagine piú rispondentedel suo ideale umano. Ma, benché attratto dallo stile deisignori, Shakespeare non manca mai di parteggiare peril buon senso, l’equità e il sentimento spontaneo, ogni-qualvolta queste virtú borghesi vengano a conflitto congli oscuri motivi di un irrazionale romanticismo caval-leresco, della superstizione o di un torbido misticismo.Cordelia rappresenta la piú schietta incarnazione di talivirtú proprio in mezzo all’ambiente feudale che la cir-conda66. Infatti, per quanto Shakespeare, come dram-maturgo, sappia apprezzare il valore decorativo dellacavalleria, non può approvarne lo sfrenato edonismo, ilfatuo culto dell’eroe, l’individualismo selvaggio e indo-mabile. Sir John Falstaff, Sir Toby Belch, Sir AndrewAguecheek sono impudenti parassiti; Achille, Aiace,Hotspur, vanitosi e rissosi fanfaroni; i Percy, i Glen-dower, i Mortimer, spietati ed egoisti – e Lear è ildespota feudale di uno stato in cui domina esclusiva l’e-tica dell’eroismo cavalleresco, e dove nulla di quel cheè soave, intimo e modesto può sopravvivere.

Si è creduto di poter ricostruire interamente il pen-siero del poeta sulla cavalleria, basandosi sulla figura diFalstaff. Ma questi non è che uno dei tipi di cavaliereche si trovano in Shakespeare: è il cavaliere cui lo svi-luppo economico ha tolto ogni base sociale e che l’im-borghesimento ha corrotto; ma, pur ridottosi un oppor-tunista cinico, vorrebbe ostentare l’altruismo dell’eroi-co idealista. Egli compendia in sé Don Chisciotte e San-cio, ma, a differenza dell’eroe di Cervantes, è soltantouna caricatura. A un tipo piú schiettamente donchi-sciottesco appartengono invece figure come Bruto,Amleto, Timone e, specialmente, Troilo67. L’idealismo

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 77

Page 78: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

staccato da ogni realtà, l’ingenuità, la credulità sonocaratteri che li accomunano a Don Chisciotte; mentre èesclusivo della visione shakespeariana il tremendo risve-glio dall’errore e l’abisso di pena che li attende alla sco-perta, troppo tarda, della verità.

L’atteggiamento di Shakespeare verso la cavalleria èin realtà complicato e non del tutto coerente. Il declinodella cavalleria, che nei drammi storici egli descrive conpiena soddisfazione, piú tardi si trasfigura in tragediadell’idealismo: questo non perché il poeta si sia fatto piúbenevolo verso la cavalleria, ma perché ormai ha supe-rato anche il realismo «anti-cavalleresco», e il machia-vellismo in esso implicito. Si era visto dove aveva por-tato il dominio di questa dottrina. Marlowe era ancoraaffascinato dal Machiavelli, e il giovane poeta del Ric-cardo III evidentemente ne era piú entusiasta delloShakespeare maturo, per il quale il machiavellismo èdiventato un incubo, proprio come per i suoi contem-poranei. È impossibile definire la posizione di Shake-speare di fronte ai problemi sociali e politici del suotempo, senza tener conto dei diversi momenti del suosviluppo. Sullo scorcio del secolo, all’epoca della pienamaturità e del maggior successo, la sua visione delmondo muta radicalmente e con essa mutano del tuttoil suo giudizio sulla situazione sociale e il suo sentire difronte ai diversi ceti. Sono ormai scossi il primitivo con-senso alle condizioni del suo tempo, il suo ottimismoverso il futuro e, anche se tiene fede al principio del-l’ordine e continua ad apprezzare la stabilità e ad avver-sare l’ideale eroico della cavalleria feudale, tuttavia eglipare aver perduto ogni fiducia nell’assolutismo machia-vellico e nella spregiudicata economia di profitto. Si èvoluto mettere in relazione il nuovo pessimismo diShakespeare con la tragedia del conte di Essex, in cuifu implicato anche il protettore del poeta, Southampton;e altri dolorosi avvenimenti della storia del tempo, come

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 78

Page 79: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

l’inimicizia fra Elisabetta e Maria Stuarda, la persecu-zione dei puritani, la graduale trasformazione dell’In-ghilterra in stato poliziesco, la fine del regno – relati-vamente liberale – di Elisabetta e il nuovo assolutismodi Giacomo I, l’acuirsi del contrasto fra la monarchia eil ceto medio, incline al puritanesimo, sono stati indicaticome possibili cause di questo rivolgimento68. Certo, lacrisi che ne scuote l’equilibrio matura nell’autore unavisione morale di cui è tipica soprattutto la simpatia ched’ora in poi ispira il personaggio sconfitto nella vitapubblica assai piú che l’uomo fortunato o il vincitore.Bruto, l’uomo politicamente inetto e sfortunato, è par-ticolarmente vicino al cuore del poeta69. Una simileinversione di giudizi non può spiegarsi semplicementecon un mutamento di stato d’animo, un’esperienza sol-tanto privata, o una revisione puramente intellettuale diconvinzioni precedenti. Il pessimismo shakespeariano hauna portata che trascende l’individuo e reca i segni diuna tragedia storica.

L’atteggiamento di Shakespeare verso il pubblico delsuo tempo non è in fondo che un riflesso del suo orien-tamento sociale; ma il mutare delle sue simpatie si puòseguire meglio in questo gioco concreto di rapporti chenon nell’astratta generalizzazione. Possiamo dividere lasua carriera letteraria in fasi sufficientemente indivi-duate, a seconda che, fra il pubblico, egli dedica specialeattenzione a un ceto piuttosto che a un altro e ne asse-conda il gusto. L’autore di Venere e Adone e di Lucreziaè un poeta che s’attiene ancora completamente al gustoumanistico in voga, e lavora per gli aristocratici ambien-ti della corte, affidando la propria fama alla forma epica:evidentemente il dramma è per lui un genere inferiore,seguendo in questo le idee di corte, che preferiscono lalirica e l’epica e considerano il dramma, col suo piúlargo pubblico, una forma plebea. Quando, terminata laguerra delle Due Rose, i nobili inglesi presero a seguire

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 79

Page 80: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

l’esempio dei loro pari d’Italia e di Francia, dedicando-si alle lettere, in Inghilterra come negli altri paesi lacorte divenne il centro della vita letteraria. Aulica edilettantesca è la letteratura inglese del Rinascimento,a differenza di quella medievale, che era stata aulica soloin parte e coltivata per lo piú da poeti di mestiere.Wyatt, Surrey, Sidney sono illustri dilettanti, ma anchegli scrittori di professione subiscono per lo piú l’ascen-dente di colti aristocratici. Quanto all’origine di questiletterati, sappiamo che Marlowe era figlio di un calzo-laio; Peele, di un argentiere; Dekker, di un sarto; cheBen Johnson dapprima segue il mestiere del padre e fail muratore; ma sono relativamente pochi gli scrittorivenuti dai ceti piú modesti; la maggioranza viene dallagentry, dal ceto dei funzionari o dei ricchi mercanti70.Nessuna letteratura, per origine e tendenza, può dirsianimata da spirito di classe piú di quella elisabettiana,che mira principalmente a foggiare veri gentiluomini esi volge anzitutto ai circoli direttamente interessati aquesto scopo. Parve strano che, in un momento in cuil’antica nobiltà era in gran parte estinta e la nuova soloda poco s’era staccata dalla borghesia, si desse tanto pesoall’origine e alle maniere aristocratiche71; ma sappiamoche, appunto quando è recente, una classe nobiliare simostra molto piú esigente verso i suoi membri. Nell’e-poca elisabettiana la cultura letteraria è uno dei requi-siti piú importanti per un nobile. La letteratura ha gran-de voga ed è elegante parlare di poesia e discutere di pro-blemi letterari. Lo stile artificioso della poesia in vogaviene trasferito nella conversazione corrente; la reginastessa si esprime in quello stile affettato, e chi non safare altrettanto è ritenuto un ignorante, come uno chenon parli il francese72. La letteratura diventa un gioco disocietà. I componimenti epici e specialmente lirici, cioègli innumerevoli sonetti e canzoni degli illustri dilettanticircolano manoscritti nei loro ambienti; e non vengono

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 80

Page 81: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

stampati, per meglio sottolineare che l’autore non èpoeta di mestiere, non mette in vendita l’opera sua edesidera senz’altro limitarne la diffusione.

Un poeta epico o lirico, anche se poeta professiona-le, è qui apprezzato piú di un drammaturgo; gli è piúfacile trovare un protettore e può contare su un aiuto piúgeneroso. Eppure, l’esistenza materiale del drammatur-go, che scrive per i teatri pubblici, cari a ogni ceto, è piúsicura di quella del poeta che dipende da un protettoreprivato. I drammi, è vero, sono pagati male – Shake-speare non diventa ricco per i suoi drammi, ma perchéazionista di un’impresa teatrale – ma assicurano un’en-trata regolare, grazie alla continua richiesta. Cosí, quasitutti gli scrittori del tempo lavorano, almeno occasio-nalmente, anche per la scena; tutti tentano la fortuna nelteatro, sebbene spesso se ne vergognino – cosa tanto piústrana, in quanto il teatro elisabettiano trae origine dallavita di corte o da quella quasi di corte delle case aristo-cratiche. Gli attori girovaghi di provincia e quelli stabilidella capitale sono i diretti discendenti dei buffoni cheservivano in quelle case. Alla fine del Medioevo le gran-di famiglie signorili avevano propri attori, stabili oimpiegati occasionalmente, cosí come disponevano digiullari; in origine si trattava probabilmente delle stes-se persone. Durante le feste, soprattutto a Natale, o insolennità familiari, specialmente per nozze, recitavanocommedie, per lo piú di circostanza. Portavano la livreae le insegne del loro signore, esattamente come le altrepersone del seguito e della servitú. Questo rapporto diservizio formalmente si mantenne anche quando giulla-ri e mimi di casa avevano ormai costituito indipenden-ti compagnie teatrali. La protezione degli antichi signo-ri li metteva in certo modo al sicuro dall’ostilità delleautorità cittadine, e assicurava loro un’entrata supple-mentare. Il protettore infatti passava una piccola renditaannua e si valeva dei loro servigi, con un compenso

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 81

Page 82: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

aggiunto, ogni volta che, in occasione di una festa, vole-va organizzare in casa sua uno spettacolo teatrale73. Que-sti attori di palazzo e di corte formano dunque l’anellodi congiunzione fra il giullare o il mimo medievale e l’at-tore moderno. Le antiche famiglie infatti vennero apoco a poco estinguendosi, le grandi case via via sidisgregarono – i comici dovettero sostenersi da soli; mal’impulso decisivo alla formazione delle regolari compa-gnie teatrali venne tuttavia dal rapido sviluppo dellavita culturale sotto i Tudor e dal suo accentrarsi acorte74.

Già al tempo di Elisabetta comincia la caccia sfrena-ta al protettore. La dedica di un libro, e il compenso pertanto onore, diventano un affare d’occasione, che nonpresuppone il minimo attaccamento né vera stima. Gliscrittori gareggiano in smaccate adulazioni, ch’essi indi-rizzano, per giunta, a gente spesso completamente estra-nea a loro; frattanto i doni dei protettori diventanosempre piú meschini e sempre meno sicuri. L’anticovincolo patriarcale fra i mecenati e i loro protetti siavvia alla dissoluzione75. A questo punto anche Shake-speare coglie l’occasione per passare al teatro. È diffici-le dire se la decisione sia dovuta solo alla preoccupazio-ne di assicurarsi l’esistenza, o ad essa abbia contribuitoanche l’accresciuto prestigio del teatro, distogliendo l’in-teresse e la simpatia del poeta dai ristretti circoli ari-stocratici e orientandoli verso ambienti piú vasti; pro-babilmente la decisione nacque dall’insieme di questimotivi. S’inizia cosí la seconda fase dell’arte shake-speariana. Le nuove opere non hanno piú il tono idilli-co, classicheggiante e affettato dei primi componimen-ti, ma rispondono pur sempre al gusto dell’alta società.Sono in parte orgogliose cronache, scene grandiose divita politica che esaltano l’idea della monarchia; in partesono gaie commedie sfrenatamente romantiche, piene diottimismo e di gioia di vivere, che si svolgono in un

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 82

Page 83: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

mondo puramente fittizio dove le pene quotidiane sonoignorate. Sullo scorcio del secolo comincia il terzo perio-do dell’evoluzione shakespeariana: le tragedie. Il poetasi è assai allontanato dall’«eufuismo» e dal romanticismogiocoso dell’alta società; ma pare che si sia straniatoanche dalle classi medie. Le sue grandi tragedie nonsono destinate a un ceto particolare, ma al grande pub-blico composito dei teatri londinesi. Della gaiezza d’untempo non v’è piú traccia; anche le cosiddette comme-die di questo periodo sono piene di malinconia. Seguepoi l’ultima fase: un tempo di rassegnazione e di acque-tamento, con le tragicommedie che tornano all’intona-zione romantica. Shakespeare è sempre piú lontano dallaborghesia, che si fa di giorno in giorno piú miope egretta nel suo puritanesimo. Gli attacchi dell’autoritàcivile ed ecclesiastica contro il teatro si fanno sempre piúviolenti: attori e drammaturghi debbono cercarsi dinuovo protettori e patroni nell’ambiente della corte edella nobiltà, piegandosi sempre piú al loro gusto. Lacorrente rappresentata da Beaumont e da Flechter pren-de il sopravvento; in certa misura vi aderisce ancheShakespeare. Egli torna a scrivere opere, in cui non solopredominano i motivi romantico-fiabeschi, ma che permolti aspetti ricordano i balletti e le mascherate dellacorte. Cinque anni prima di morire, al culmine dell’ar-te sua, Shakespeare si ritira dal teatro e cessa intera-mente la sua attività di drammaturgo. Dobbiamo pen-sare che la piú grandiosa opera drammatica, che maipoeta abbia creato, sia stata un dono della sorte a unuomo il cui primo pensiero era quello di fornire merceesitabile alla sua impresa teatrale, e che perciò avrebbecessato di produrne una volta assicurata a sé e ai suoiun’esistenza tranquilla? O, piuttosto, si deve pensareche il poeta abbia cessato di scrivere quando sentí chenon c’era piú un pubblico a cui valesse la pena di rivol-gersi?

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 83

Page 84: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Comunque si risponda a questa domanda, sia statal’agiatezza, o invece il disgusto ad allontanare Shake-speare dal teatro, è assodato che per quasi tutta la suacarriera egli incontrò il vivo favore del pubblico, seb-bene nelle diverse fasi del suo sviluppo egli mostrasse dipreferire ora un ceto ora un altro e forse alla fine nonpotesse identificassi completamente con nessuno. Inogni caso, nella storia del teatro egli fu il primo grandepoeta – se non il solo – che seppe rivolgersi a un pub-blico vasto e in cui entravano, si può dire, tutti i cetisociali, e seppe incontrare pieno consenso. La tragediagreca era un fenomeno troppo complesso e troppi fattorieterogenei entravano nell’interesse che il pubblico viportava, perché si possa giudicare della sua sola effica-cia estetica: religione e politica contribuivano al suosuccesso almeno quanto l’arte. Il suo pubblico poi, limi-tato ai cittadini di pieno diritto, era piú omogeneo chenon quello del teatro elisabettiano; si aggiunga infineche le rappresentazioni erano spettacoli solenni, relati-vamente poco frequenti, cosí che la reale attrazionedella tragedia sulle moltitudini non fu mai veramentemessa alla prova. Il dramma medievale, d’altra parte, sepresentava condizioni sceniche e d’allestimento simili aquelle del teatro elisabettiano, non dispose di opereveramente importanti, e quindi il suo favore presso lemasse non costituisce per la sociologia dell’arte un pro-blema analogo a quello dei drammi di Shakespeare. Peri quali il vero problema non è che il piú grande poeta deltempo fosse anche il drammaturgo piú popolare, e chefra i contemporanei riscotessero il massimo successoproprio le opere che oggi amiamo di piú76, ma che il giu-dizio del grosso pubblico fosse questa volta piú giustodi quello della gente colta ed esperta. La gloria lettera-ria di Shakespeare raggiunse il culmine verso il 1598 ecominciò a diminuire proprio quando egli ebbe rag-giunto la piena maturità; ma anche allora il pubblico del

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 84

Page 85: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

teatro gli rimase fedele e non gli negò mai quel primatoche già prima gli aveva riconosciuto.

Contro l’opinione che considera quello di Shake-speare un teatro di massa, si è obiettato che la capacitàdelle sale di spettacolo a quell’epoca era relativamenteesigua77. Ma la piccolezza dei teatri – che, d’altronde, eracompensata dalla frequenza quotidiana delle rappresen-tazioni – non muta nulla al fatto che l’uditorio era com-posto dai piú diversi ceti della popolazione londinese. Ifrequentatori della platea non erano certamente i padro-ni assoluti del teatro, ma c’erano e non si potevano innessun modo trascurare. Inoltre erano abbastanza nume-rosi. I ceti superiori, se in proporzione al loro numerocomplessivo frequentavano molto numerosi il teatro,erano però sempre in minoranza rispetto ai popolaniche proporzionalmente lo frequentavano meno ma costi-tuivano pur sempre la stragrande maggioranza dellapopolazione. Questa conclusione è autorizzata anchedai prezzi d’ingresso, stabiliti principalmente in base allepossibilità dei meno abbienti78. In ogni caso era un pub-blico assai vario per censo, grado sociale, cultura cheShakespeare aveva di fronte; vi confluivano i clientidelle osterie, i colti rappresentanti dell’alta società e imembri delle classi medie, non specialmente colte, maneppure del tutto rozze. E se non era piú il pubblico deimimi ambulanti che stipava i teatri della Londra elisa-bettiana, era ancora il pubblico di un teatro popolare,proprio nel senso piú ampio che i romantici attribuiva-no al termine.

Questa coincidenza di qualità e popolarità nel dram-ma shakespeariano era dovuta a un rapporto intimo eprofondo o piú semplicemente a un malinteso? Sembra,comunque, che il pubblico gustasse, nei drammi diShakespeare, non solo i colpi di scena, l’azione impe-tuosa e cruenta, gli scherzi grossi e le sonore tirate, maanche i particolari poetici piú delicati e profondi; altri-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 85

Page 86: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

menti questi non avrebbero potuto occupare tanto spa-zio. Può darsi benissimo che il pubblico della platea nonsentisse in questi casi che la semplice suggestione dellevoci e dello stato d’animo generale, come può accaderein un pubblico appassionato e ingenuo. Ma sono que-stioni oziose, insolubili. Né maggiore senso ha doman-darsi se Shakespeare si servisse con buona coscienzaartistica o a malincuore di quegli effetti, che apparen-temente egli usava per amore degli uditori piú umili.Certo le differenze di cultura fra il pubblico non dove-vano esser cosí grandi, da dover presumere che solo i piúrozzi prendessero gusto all’azione violenta e agli scher-zi a doppio senso. Le diatribe di Shakespeare contro laplatea sono ingannevoli; senza dubbio c’entrava un po’di affettazione e fors’anche il desiderio di lusingare laparte piú distinta dell’uditorio79. Neppure la differenzafra teatri «pubblici» e «privati» sembra che fosse cosígrande come si credeva un tempo; l’Amleto ebbe suc-cesso negli uni e negli altri, e alle regole dell’arte classi-ca era indifferente il pubblico di entrambi80. Comunque,anche per Shakespeare, quel che noi intendiamo percoscienza artistica non si deve contrapporre alle esigen-ze pratiche del suo teatro nel modo reciso con cui fu con-trapposta spesso dalla vecchia critica81. Shakespeare nonscrive i suoi drammi perché voglia fissare un’esperienzao risolvere un problema; non è che in lui venga postodapprima il tema e in un secondo tempo vengano cer-cate la forma e le possibilità concrete di esecuzione. Cisono prima di tutto le esigenze del teatro ed egli si sfor-za di soddisfarle. Egli scrive i suoi drammi perché il suoteatro ne ha bisogno. D’altra parte, nonostante lo stret-to legame di Shakespeare con la vita del teatro, non sideve esagerare con la teoria che riassume nel «buon tea-tro» tutto il suo genio. È vero che i drammi erano anzi-tutto destinati a un teatro popolare, ma era un teatrodell’epoca umanistica, in cui si leggeva anche molto. È

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 86

Page 87: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

stato osservato che per lo piú i drammi shakespearianisuperano di troppo le due ore e mezzo normali per unospettacolo perché fossero rappresentati senza tagli(magari la rappresentazione saltava i passi lirici piú pre-gevoli?) La ragione di tale lunghezza è evidente: il poetanon pensava solo alla scena, ma anche alla pubblicazio-ne in volume82. Errate sono dunque le due concezioni,sia quella che fa risalire tutta la grandezza di Shake-speare alle esigenze del mestiere, e all’orientamentopopolare dell’arte sua, sia quella opposta che consideratutto quel che di trito, di cattivo gusto, di trasandato c’ènelle sue opere, una concessione fatta alla gran massa delpubblico.

Certo della grandezza di Shakespeare, come in gene-re dell’assoluto valore artistico, non si può dare sempli-cemente una spiegazione sociologica. Ma del fatto cheai tempi di Shakespeare esistesse un teatro popolare, cheaccomunava i piú diversi ceti nel godimento delle stes-se opere, di questo dobbiamo poterci rendere ragione.Ai problemi religiosi Shakespeare, come per lo piú idrammaturghi elisabettiani, è del tutto indifferente. Nési può parlare per il suo pubblico di un comune senti-mento sociale. La coscienza dell’unità nazionale comin-cia appena allora a formarsi e non influisce ancora sullacultura. Questo accomunamento dei vari ceti nel teatropuò avvenire solo grazie al dinamismo della vita socia-le, che mantiene fluide le divisioni di classe e, sebbenenon cancelli affatto la distinzione tra una classe e l’al-tra, permette che i singoli possano spostarsi da una cate-goria all’altra. Nell’Inghilterra elisabettiana le singoleclassi sociali presentano distinzioni meno nette che nelresto dell’Occidente; soprattutto le differenze culturaliqui sono minori che, ad esempio, nell’Italia del Rina-scimento. In Italia l’Umanesimo aveva segnato, tra ivari ambienti sociali, confini piú decisi che in Inghil-terra, paese simile per la struttura economica e sociale,

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 87

Page 88: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

ma «piú giovane», e si comprende cosí come nell’Italiarinascimentale non fosse potuta sorgere alcuna istitu-zione culturale paragonabile, per generale interesse, alteatro inglese. Questo risulta da un livellamento senzaesempi fuori dell’Inghilterra. E in questo senso l’analo-gia, spesso esagerata, fra la scena elisabettiana e il cine-matografo è realmente istruttiva. Al cinematografo si vaper vedere un film: colti o incolti, si sa quel che ciò signi-fichi e che cosa ci si debba aspettare. Oggi questo nonaccade per il dramma. Ma ai tempi di Elisabetta la genteandava a teatro, come oggi noi andiamo al cinemato-grafo; ed era sostanzialmente concorde nelle sue prete-se di fronte allo spettacolo, per quanto diverse questefossero in altri campi. Tale comunanza di criteri tra ivari ceti nel giudicare ciò che era divertente e commo-vente rese possibile l’arte di Shakespeare, anche se certonon la creò; ne determinò il carattere, se non la qualità.

Non solo il contenuto e le tendenze, ma anche laforma del dramma shakespeariano è legata alla struttu-ra politica e sociale dell’epoca. Essa nasce dall’espe-rienza fondamentale del realismo politico, che insegnacome l’idea pura, senza contraffazioni né compromessi,non sia attuabile in terra: la sua purezza deve esseresacrificata alla realtà, se non si vuole che questa riman-ga del tutto estranea all’idea. Certo questo dualismo diidea e mondo sensibile non è una scoperta d’ora: loconoscevano già il Medioevo e l’antichità classica. Forseall’epos omerico questo contrasto è ancor del tutto estra-neo, e neppure la tragedia greca dibatte propriamente ilconflitto di questi due mondi. Essa rappresenta piutto-sto la condizione cui sono costretti i mortali dall’inter-vento delle potenze divine. La situazione tragica nonnasce dal fatto che l’eroe si senta mosso dal sopranna-turale, né essa porta a un accostamento al mondo delleidee, a una piú profonda penetrazione dell’idea stessa.Le due sfere non si toccano neppure in Platone, che non

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 88

Page 89: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

solo conosce l’antagonismo fra idea e realtà, ma lo ponea fondamento del suo sistema. L’idealista d’inclinazio-ni aristocratiche di fronte alla realtà persiste in una pas-sività contemplativa e confina l’idea in una lontananzainaccessibile. Il contrasto fra mondo e oltremondo, fraesistenza corporea ed esistenza spirituale, fra incom-piutezza e perfezione dell’essere fu sentito nel Medioe-vo piú profondamente che in ogni altro tempo; e tutta-via la coscienza di tale contrasto non generò nell’uomomedievale alcun tragico dissidio. Il santo rinunzia almondo; non cerca di attuare il divino sulla terra, ma diprepararsi a vivere in Dio. Secondo la dottrina dellaChiesa, compito del mondo non è d’elevarsi all’oltre-mondano, ma d’esser lo sgabello sotto i piedi di Dio. Peril Medioevo non ci sono che distanze piú o meno gran-di da Dio, ma nessun conflitto è possibile con Lui. Daun tal punto di vista, sarebbe del tutto insensata unaposizione morale che volesse giustificare il contrastocon l’idea divina e dare ascolto alla voce del mondocontro la voce del cielo. Cosí si spiega come il Medioe-vo non abbia tragedia e come anche la tragedia classicasia fondamentalmente diversa da quel che noi intendia-mo per dramma a soluzione tragica. Solo l’età del reali-smo politico scopre la forma di dramma tragico corri-spondente alla nostra concezione e trasferisce il conflit-to dall’azione entro l’anima dell’eroe; infatti solo un’e-poca in grado di comprendere la problematica dell’agi-re realistico, direttamente ispirato dalla realtà, può attri-buire un valore morale alla condotta che ottempera alleesigenze del mondo, anche se contraria all’ideale.

L’anello di congiunzione fra i misteri medievali, prividi conflitto tragico e di movimento drammatico, e lenuove tragedie sono le moralités del tardo Medioevo. Inesse si esprime per la prima volta la lotta spirituale chenel dramma elisabettiano assurge a tragico conflitto dicoscienza83. Shakespeare e i suoi contemporanei arric-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 89

Page 90: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

chiscono la rappresentazione di questa lotta con altrimotivi: la fatalità del conflitto, l’assoluta impossibilitàdi una soluzione, la vittoria morale dell’eroe soccom-bente. Questa vittoria diventa possibile soltanto attra-verso la moderna concezione del destino, distinta dal-l’antica soprattutto per il fatto che l’eroe consente allapropria sorte e l’accetta come qualcosa che ha un suosenso. Tragico, nel senso moderno, diventa infatti undestino solo se accettato. È innegabile l’affinità spiri-tuale di quest’idea con il concetto protestante della pre-destinazione; se anche, come è probabile, non si trattadi dipendenza diretta, c’è comunque un parallelismoche illumina nel suo pieno significato il contemporaneoaffermarsi della Riforma e della tragedia moderna.

Nell’età del Rinascimento e del Manierismo si hanno,nei paesi civili d’Europa, tre forme di teatro piú o menoindipendenti: 1) la sacra rappresentazione, che si vaesaurendo dappertutto, salvo che in Spagna; 2) il dram-ma dotto, diffuso per ogni dove con l’Umanesimo, main nessun luogo popolare; 3) il teatro popolare, che dàluogo a forme diverse, che vanno dalla commedia del-l’arte al dramma shakespeariano, e che risultano ora piúora meno letterarie, ma sempre in qualche modo con-nesse con il teatro medievale. Il dramma umanisticoporta tre importanti innovazioni: trasforma lo spettacolomedievale, che era principalmente balletto e pantomima,in opera essenzialmente letteraria; isola, per aumentarel’illusione, la scena dallo spazio riservato al pubblico;infine sintetizza l’azione nello spazio e nel tempo, cioèsostituisce alla prolissità epica del Medioevo la sintesidrammatica del Rinascimento84. Di queste innovazioniShakespeare accoglie solo la prima, conservando, entrocerti limiti, la continuità fra palcoscenico e platea pro-pria del Medioevo, l’epica prolissità del dramma reli-gioso e il dinamismo della vicenda. In questo l’opera suaè piú conservatrice del dramma umanistico, né trova un

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 90

Page 91: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

vero seguito nel teatro moderno. Sia la tragédie classique,sia il dramma borghese del Settecento, e il dramma clas-sico tedesco, come pure il teatro verista dell’Ottocento– da Scribe e Dumas figlio fino a Ibsen e Shaw – sonopiú affini, almeno formalmente, al dramma umanisticoche al tipo shakespeariano, scarsamente rigoroso nellastruttura e relativamente modesto nell’illusione scenica.Questo trova nel film l’unico vero erede, anche se ilfilm, naturalmente, ne mantiene solo in parte i principîformali, quali la composizione aggiuntiva, l’azionediscontinua, il brusco susseguirsi delle scene, la grandelibertà e varietà nel trattare lo spazio e il tempo; maancor meno che nel dramma si può parlare per il film dirinunzia all’illusione scenica. La tradizione popolare delteatro medievale, ancor viva in Shakespeare e nei suoicontemporanei, è stata distrutta dall’umanesimo, dalManierismo e dal Barocco; negli autori piú tardi non nesopravvive che un pallido ricordo; quello che la ram-menta nel cinematografo evidentemente non è un’ere-dità shakespeariana, ma solo il risultato delle possibilitàdi una tecnica in grado di risolvere le difficoltà, su cuiil teatro shakespeariano ingenuamente o crudamentesorvolava.

Peculiare del teatro di Shakespeare è la stretta ade-renza alla tradizione popolare, e insieme l’evitare que-gli aspetti che porteranno poi al dramma borghese. Adifferenza di molti suoi contemporanei, non assume aprotagonisti figure borghesi, tratte dalla vita comune, eneppure è incline al sentimentalismo moraleggiante diquei drammaturghi. Già Marlowe introduce figure diprotagonisti come Barabas, l’usuraio, e Faustus, il dot-tore, che nel dramma umanistico avrebbero potuto esse-re tutt’al piú figure secondarie. Gli eroi di Shakespea-re, dai modi aristocratici anche quando appartengonoalla borghesia, costituiscono certamente, per la storiasociale, un regresso, anche in confronto a Marlowe. Già

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 91

Page 92: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

fra i contemporanei piú giovani di Shakespeare, ci sonodrammaturghi come Thomas Heywood e ThomasDekker, che descrivono nell’opera loro il mondo delleclassi medie e ne interpretano la mentalità. Scelgono iloro eroi fra mercanti e artigiani, dipingono la vita e icostumi familiari, ricercano effetti melodrammatici emirano a ricavare una morale, amano le tinte forti e gliambienti crudamente realistici, come bordelli, manico-mi e cosí via. A Woman Killed with Kindness diHeywood, è a quei tempi il paradigma della tragediaamorosa e «borghese»; l’eroe è un gentiluomo che al suoinfortunio coniugale reagisce in maniera niente affattoeroica né cavalleresca. È un lavoro a tesi, che si imper-nia sull’adulterio – questione scottante, a quanto pare,in quel tempo – come ’Tis a Pity She’s a Whore di Fordche tratta il tema popolare dell’incesto, o The Change-ling di Middleton che indaga la psicologia del peccato.In tutti questi drammi, fra cui anche l’anonimo lavoroa forti tinte Arden of Feversham, è tipicamente «bor-ghese» l’interesse per il delitto che, per l’uomo ango-sciosamente attaccato al principio dell’ordine, significasemplicemente il caos. In Shakespeare misfatto e pec-cato non assumono mai questa tinta criminale: i suoimalvagi sono fenomeni della natura e non potrebberorespirare nell’aria chiusa dei drammi borghesi diHeywood, Dekker, Middleton e Ford. E tuttavia ilcarattere fondamentale dell’arte shakespeariana è asso-lutamente naturalistico. Non solo nel senso che egli tra-scura i principî di unità, l’economia e l’ordine del dram-ma classico, ma anche perché lavora a una continuaespansione e complicazione dei suoi temi. Naturalisticosoprattutto in Shakespeare è il disegno dei caratteri, ladifferenziata psicologia delle sue figure e la misuraumana dei suoi eroi, pieni di contraddizioni e debolez-ze. Si pensi a Lear, vecchio stolido, a Otello, ragazzoneingenuo, a Coriolano, scolaretto testardo e vanitoso, ad

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 92

Page 93: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

Amleto, debole, asmatico e grasso, a Cesare, epilettico,sordo da un orecchio, superstizioso, vano, incoerente,suggestionabile, e pur cosí grande che nessuno può sot-trarsi alla sua forza. Shakespeare accresce il naturalismodei suoi personaggi attraverso quei suoi petits faits vraische realizza con una penetrazione da miniaturista, comela scena del principe Enrico, che dopo la battaglia ordi-na la birra, o di Coriolano che si asciuga la fronte suda-ta, o di Troilo che, dopo la prima notte d’amore, dice aCressida di guardarsi dall’aria fredda del mattino: «Youwill catch cold and curse me» («T’infredderai e mi male-dirai»).

Il naturalismo shakespeariano tuttavia ha limiti fintroppo evidenti. Sempre i tratti individuali vi si mesco-lano con quelli convenzionali, quelli ricercati con altriingenui, il lineamento piú raffinato con quello elemen-tare e crudo. Fra i mezzi espressivi di cui dispone, tal-volta sceglie oculatamente, conscio del proprio fine, maper lo piú agisce senza riflessione né senso critico. Il peg-gior errore della piú antica esegesi shakespeariana fu diaver voluto ogni volta ravvisare nei modi del poeta solu-zioni meditate, accuratamente predisposte e costruitecon sapienza, cercando specialmente di spiegare ognitratto di un carattere con intimi motivi psicologici,quando spesso questi tratti erano semplicemente ripre-si tali e quali dalle fonti, oppure erano stati scelti soloperché rappresentavano la soluzione piú semplice, piúcomoda e piú rapida di una difficoltà, che il dramma-turgo non reputava degna di maggior fatica85. Il con-venzionalismo della psicologia shakespeariana risaltasoprattutto nell’uso ripetuto di figure stereotipe, trattedalla letteratura precedente. Non solo le commedie gio-vanili conservano i tipi invariabili della commedia clas-sica e del mimo, ma è noto che la figura di Amleto, appa-rentemente cosí complicata e originale, è anch’essa unafigura tradizionale, il «melanconico», che era di gran

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 93

Page 94: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

moda e ricorreva frequentissimo nella letteratura deltempo. Ma il naturalismo psicologico di Shakespearepresenta dei limiti anche sotto altri riguardi. Il difettodi unità e di coerenza nel disegno dei caratteri, i cam-biamenti senza motivo e le contraddizioni nel loro svi-luppo, la descrizione e la spiegazione, che i personaggifanno di se stessi nel monologo o nel discorso «a parte»,la mancanza di prospettiva nei giudizi che essi danno sudi sé e sugli antagonisti, i loro commenti, sempre daprendersi alla lettera, i molti discorsi irrilevanti senzaalcun nesso con il carattere di chi li pronunzia, la disat-tenzione del poeta che a volte dimentica chi veramenteparli – se Gloster o Lear, anzi se Timone o Lear – e nondi rado fa dire parole che hanno una funzione puramentelirica, suggestiva e musicale, e spesso ancora parla eglistesso per bocca dei suoi personaggi: tutte queste sonoinfrazioni alle regole di quella psicologia di cui appuntoShakespeare è il primo grande maestro. Eppure la suasagacia e la sua profondità psicologica restano intatte,pur fra tante sbadataggini. I suoi caratteri – e anche que-sto lo accomuna a Balzac – hanno una verità interiorecosí penetrante, una sostanza cosí profonda, che purcontinuano a vivere e a respirare, nonostante le forza-ture e gli errori del disegno. Ma non c’è violazione dellaverità psicologica ricorrente tra gli altri elisabettiani chenon si ritrovi in Shakespeare; egli è incomparabilmentepiú grande di loro, ma non diverso. La sua grandezzanon ha nulla della perfezione irreprensibile dei classici.Non ha di loro il carattere esemplare, ma neppure l’o-mogenea unità né la monotonia. Si è sempre sentito esottolineato il carattere eccezionale del fenomeno shake-speariano e il contrasto fra il suo stile drammatico e laforma classica. A cominciare da Voltaire, anzi da John-son, si riconobbe che qui era all’opera una selvaggiaforza di natura, indifferente e irriducibile alle regole, chesi esprimeva in una forma drammatica totalmente diver-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 94

Page 95: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

sa dalla tragedia classica. Chiunque avesse il senso delledifferenze stilistiche vide che qui si trattava di due tipidi un unico genere; ma non sempre si riconobbe che ladiversità era d’ordine storico e sociologico. La differenzasociologia si palesa soltanto quando si cerca di spiegar-si perché delle due forme drammatiche l’una sia invalsain Inghilterra e l’altra in Francia, e come la composi-zione del pubblico abbia determinato là la vittoria deldramma shakespeariano, qui della tragédie classique.

Fu difficile comprendere il peculiare stile di Shake-speare, soprattutto perché ci si ostinava a vedere in luisemplicemente il poeta del Rinascimento inglese. Perspiegarsi questo equivoco occorre tener presente chealcuni tratti rinascimentali – individualistici e umanistici– esistono innegabilmente nell’arte sua, e d’altra partenel secolo scorso ogni letteratura nazionale dell’Occi-dente aveva l’ambizione di vantare un proprio movi-mento rinascimentale. E chi in Inghilterra avrebbe potu-to rappresentarlo piú degnamente di Shakespeare, la cuivitalità indomabile rispondeva benissimo all’idea cor-rente di Rinascimento? Restava tuttavia da spiegarel’arbitrio, la dismisura, l’esuberanza dello stile shake-speariano. Fu per questo oscuro residuo, cosí difficile daspiegare in quei termini, che, quando circa un cinquan-tennio fa si sottopose a revisione il concetto di Baroc-co, e la rivalutazione di quell’arte diede luogo quasi auna moda, molti aderirono di buon grado all’interpre-tazione del dramma shakespeariano come fenomenobarocco86. Se si considerano caratteristiche peculiari delBarocco pathos, irruenza, esagerazione, è facile eviden-temente fare di Shakespeare un poeta barocco. Tutta-via è impossibile istituire un concreto parallelo fra lamaniera di comporre dei grandi secentisti – Bernini,Rubens, Rembrandt – e quella di Shakespeare. Ad esem-pio, il riferimento a Shakespeare delle categorie delWölfflin – pittoricismo, profondità spaziale, scarsa chia-

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 95

Page 96: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

rezza, forma aperta – o si arresta a generalità insignifi-canti, o si fonda unicamente sull’equivoco. Natural-mente l’arte shakespeariana contiene anche elementibarocchi, come quella di Michelangelo; ma il creatore diOtello non è un artista barocco, come non lo è l’autoredelle tombe medicee. Sono entrambi casi a sé, in cui ele-menti del Rinascimento, del Manierismo e del Baroccosi mescolano in un modo tutto particolare; ma in Miche-langelo predomina il carattere rinascimentale, in Shake-speare la tendenza manieristica. Già l’indissolubile amal-gama di verità e convenzione induce a prendere comepunto di partenza il Manierismo per interpretare laforma shakespeariana. La legittimità di tale procedi-mento trova conferma anche nel costante miscuglio dimotivi tragici e comici, nella natura composita dei tropi,e nello stridente contrasto fra concreto e astratto, fraelementi sensuali e intellettuali che la sua lingua pre-senta. E altre conferme si possono trovare nella ridon-danza spesso forzata della composizione, come ad esem-pio la ripetizione del motivo dell’ingratitudine filialenel Lear, nell’accentuazione dell’aspetto illogico, imper-scrutabile, insensato della vita, nell’idea dell’esistenzaumana come finzione teatrale, sogno, stato di costrizio-ne e inibizione. Manieristico, e comprensibile solo sevisto attraverso quel gusto, è l’artificio, il lezio, l’affet-tazione, la smania di originalità della lingua di Shake-speare. Manieristico è il suo «eufuismo», la metaforaspesso sovraccarica e confusa, l’accumularsi delle anti-tesi, delle assonanze e dei giochi di parole, la predile-zione per lo stile complicato, strano, enigmatico. Manie-ristico è quell’elemento stravagante, bizzarro, parados-sale, da cui nessun’opera di Shakespeare è del tuttoimmune: e ne sono esempi il gioco erotico che nascenelle commedie dal travestimento maschile delle fan-ciulle, l’amante dalla testa d’asino nel Sogno d’una nottedi mezza estate, la figura di un negro come protagonista

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 96

Page 97: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

in Otello, l’arcigno personaggio di Malvolio ne La dodi-cesima notte, le streghe e la foresta in marcia del Mac-beth, le scene di pazzia in Lear e in Amleto, il sinistrotono da Giudizio Universale in Timone di Atene, la sta-tua parlante nel Racconto d’inverno, il mondo magiconella Tempesta, e cosí via. Tutto ciò fa parte dello stileshakespeariano, sebbene non esaurisca affatto l’arte delpoeta.

1 bellori, Vita dei pittori ecc., 1672; cfr. w. weisbach, Der Manie-rismus, in «Zeitschrift für bildende Kunst», 1918-19, vol. LIV, pp.162-63.

2 r. borghini, Il Riposo, 1584; Cfr. a. blunt, Artistic Theory in Italycit., p. 154.

3 w. pinder, Zur Physiognomik des Manierismus, in Die Wissenschaftam Scheidewege. Ludwig-Klages-Festschrift, 1932, p. 149.

4 m. DVO¤ÁK, Über Greco und den Manierismus, in Kunstgeschichteals Geistesgeschichte, 1924, p. 271.

5 id., Pieter Bruegel der Ältere, ibid., p. 222.6 w. pinder, Das Problem der Generation cit., p. 140; id., Die deut-

sche Plastik vom ausgebenden Mittelalter bis zum Ende der Renaissance,II, 1928, p. 252.

7 Ciò accade soprattutto per w. weisbach, Der Manierismus cit., p.162, e margarete hörner, Der Manierismus als künstliche Anschauung-sform, in «Zeitschrift für Ästhetik», vol. XXII, 1926, p. 200.

8 ernest lavisse, Histoire de France, V, 1, 1903, p. 208.9 ludwig pfandl, Spanische Kultur und Sitte des XVI. und XVII.

Jahrhunderts, 1924, p. 5.10 l. brieger, Die Grossen Kunstsammler cit., pp. 109-10.11 h. dollmayr, Raffaels Werkstätte cit., p. 363.12 h. a. l. fisher, A History of Europe, 1936, p. 525 [trad. it., Sto-

ria d’Europa, Bari 1938].13 Cfr. benedetto croce, La Spagna nella vita italiana del Rinasci-

mento, 1917, p. 241.14 richard ehrenberg, Das Zeitalter der Fugger, 1896, I, p. 415.15 franz oppenheimer, The State, 1923, pp. 244-45.16 Cfr. w. cunningham, Western Civilisation in its Economic Aspects.

Mediaeval and Modern Times, 1900, p. 174.17 r. ehrenberg, Das Zeitalter der Fugger cit., II, p. 320.

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 97

Page 98: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

18 henri sée, Les origines du capitalisme moderne, 1926, pagine 38-39.19 f. von bezold, Staat und Gesellschaft des Reformationszeitalters,

in Staat und Gesellschaft der neuern Zeit - Die Kultur der Gegenwart, II,5/4 1908, p. 91.

20 e. belfort bax, The Social Side of the German Reformation, II,The Peasant War in Germany 1525-26, 1899, pp. 275 sgg.

21 friedrich engels, Der deutsche Bauernkrieg, passim.22 walter friedländer, Die Entstehung des antiklassischen Stils in der

italienischen Malerei um 1520, in «Repertorium für Kunstwissen-schaft», vol. XLVI, 1925, p. 58,

23 georg simmel, Michelangelo, in Philosophische Kultur, 1919, 2a

ed., p. 159.24 Cfr. nikolaus pevsner, Gegenreformation und Manierismus in

«Repertorium für Kunstwissenschaft», vol. XLVI, 1925, p. 248.25 machiavelli, Il Principe, cap. xviii.26 Cfr. pasquale villari, Machiavelli e i suoi tempi, III, 1914, p. 374.27 albert ehrhard, Katholisches Christentum und Kirche West-Euro-

pas in der Neuzeit, in Geschichte der christlichen Religionen Kultur derGegenwart, I, 4/1, 1909, 2a ed., p. 313.

28 g. p. lomazzo, Idea del tempio della pittura, 1590, cap. VIII, 184,p. 263.

29 charles dejob, De l’influence du Concile de Trente, 1884.30 r. v. laurence, The Church and the Reformation, in Cambridge

Modern History, II, 1903, p. 685.31 émile mâle, L’Art religieux après le Concile de Trente, 1932, p. 2.32 j. schlosser, Die Kunstliteratur cit, p. 383.33 eugène müntz, Le Protestantisme et l’art, in «Revue des Revues»,

1900, marzo, pp. 481-82.34 Ibid., p. 486.35 gustave gruyer, Les Illustrations des écrits de Jérôme Savonarola

publiés in Italie au XVe et XVIe siècle et les paroles du Savonarola sur l’art,1879; josef schnitzer, Savonarola, II, 1924, pp. 809 sgg.

36 w. weisbach, Der Barock als Kunst der Gegenreformation, 1921;n. pevsner, Gegenreformation und Manierismus cit.

37 fritz goldschmidt, Pontormo, Rosso und Bronzino, 1911, p. 13.38 Da una lettera del pittore Giulio Clovio. Cft. h. kehrer, Kunst-

schronik vol. XXXIV, 1923, p. 784.39 e. panofsky, Idea. Ein Beitrag zur Begriffsgeschichte der älteren Kun-

stheorie, 1924 [trad. it., Idea, contributo alla storia dell’estetica, Firenze1952], p. 45.

40 g. p. lomazzo, Trattato dell’arte della pittura, scultura et architet-tura, 1584; id., Idea del tempio della pittura cit., 1590.

41 federico zuccari, L’idea de’ pittori scultori e architetti, 1607.42 e. panofsky, Idea cit., p. 49.

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 98

Page 99: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

43 giordano bruno, Eroici furori, in Opere italiane, ed. Paolo deLagarde, 1888, 1, p. 625.

44 n. pevsner, Academies of Art, 1940, p. 13.45 Ibid., pp. 47-48.46 Cfr. a. dresdner, Die Entstehung ecc. cit., p. 96.47 n. pevsnex, Academies of Arts cit., p. 66.48 j. schlosser, Die Kunstliteratur cit., p. 338; a. dresdner, Die Ent-

stehung ecc. cit., p. 98.49 oswald spengler, Der Untergang des Abendlandes, I, 1918, pp.

262-63.50 pomponius gauricus, De scultura, 1504; citato da e. panofsky,

Perspektive cit., p. 280.51 w. pinder, Zur Physiognomik des Manierismus cit.52 Cfr. e. von bercken - a. l. mayer, Tintoretto, 1923, I, p. 7.53 l. pfandl, Spanische Kultur ecc. cit., p. 137.54 o. grautoff, Spanien, in pevsner - grautoff, Barockmalerei in den

romanischen Ländern, in Handbuch der Kunstwissenschaft, 1928, p. 223.55 gustav glück, Bruegel und der Ursprung seiner Kunst, in Aus drei

Jahrhunderten europäischer Malerei, 1933, p. 154.56 Ibid., p. 163.57 Cfr. c. de tolnay, P. Bruegel l’Ancien, 1935, p. 42.58 Max Dvo≈ák e Wilhelm Pinder hanno accennato al carattere

manieristico delle opere di Shakespeare e di Cervantes, senza peròapprofondirne l’analisi.

59 j. f. kelly, Cervantes und Shakespeare, 1916, p. 20.60 miguel de unamuno, Vida de Don Quijote y Sancho, 1914.61 w. p. ker, Collected Essays, 1925, II, p. 38.62 w. cunningham, The Growth of English Industry and Commerce

in Modern Times: The Mercantile System, 1921, p. 98.63 e. m. w. tillyard, The Elizabethan World Picture, 1943, p. 12.64 t. a. jackson, Marx and Shakespeare, in «International Literatu-

re», 1936, n. 2, p. 91.65 Cfr. a. a. smirnov, Shakespeare. A Marxist Interpretation, in Cri-

tics Group Series, 1937, pp. 59-60.66 sergei dinamov, King Lear, in «International Literature», 1935,

n. 6, p. 61.67 Cfr. wyndham lewis, The Lion and the Fox, 1927, p. 237.68 max j. wolff, Shakespeare, 1908, 11, pp. 56-58.69 Cfr. john palmer, Political Characters of Shakespeare, 1945, p. viii.70 phoebe sheavyn, The Literary Profession in the Elizabethan Age,

1909, p. 160.71 david daiches, Literature and Society, 1938, p. 90.72 j. r. green, A Short History of the English People, 1936, p. 400.73 e. k. chambers, The Elizabethan Stage, 1923.

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 99

Page 100: Arnold Hauser - Storia Sociale Dell'Arte Rinascimento Manierismo

74 c. j. sisson, The Theatres and Companies, in A Companion toShakespeare Studies, ed. di H. Granville-Barker e G. B. Harrison, 1944,p. 11.

75 p. sheawn, The Literary Profession ecc. cit., pp. 10-12, 21-22, 29.76 alfred harbage, Shakespeare’s Audience, 1941, p. 136.77 j. dover wilson, The Essential Shakespeare, 1943, p. 30.78 a. harbage, Shakespeare’s Audience cit., p. 90.79 c. j. sisson, The Theatres and Companies ecc. cit., p. 39.80 h. j. c. grierson, Cross Currents in English Literature of the 17th

Century, 1929, p. 173; a. c. bradley, Shakespeare’s Theatre and Audien-ce, 1909, p. 364.

81 Cfr. robert bridges, On the Influence of the Audience, in TheWorks of Shakespeare, Shakespeare Head Press, vol. X, 1907.

82 l. l. schücking, Die Charakterprobleme bei Shakespeare, 1932, 3a

ed., p. 13.83 Cfr. allardyce nicoll, British Drama, 1945, 3 ed., p. 42.84 Cfr. hennig brinkmann, Anfänge des modernen Dramas in Deut-

schland, 1933, p. 24.85 Cfr. l. l. schücking, Die Charakterprobleme bei Shakespeare, pas-

sim; e. e. stoll, Art and Artifice in Shakespeare, 1934.86 o. walzel, Shakespeares dramatische Baukunst, in «Jahrbuch der

Deutschen Shakespeare-Gesellschaft», vol. LII, 1916; l. l. schücking,The Baroque Character of the Elizabethan Hero, in The Annual Shake-speare Lecture, 1938; wilhelm michels, Barockstil in Shakespeare undCalderón, in «Revue Hispanique», 1929, LXXV, pp. 370-458.

Arnold Hauser - Storia sociale dell’arte

Storia dell’arte Einaudi 100