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PERIODICO della icsART N. 6 - Giugno ANNO 2016 icsART

IcsART N.06 2016 Silvano Nebl

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Rivista di arte e cultura

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In copertina: SILVANO NEBL, Ostinata melodia di bellezza, 1989, particolare

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Copyright icsART Tutti i diritti sono riservatiL’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare

Intervista ad un artista Silvano Nebl

News dal mondo

pag. 4-5

pag. 6-19

Politiche culturali

Omaggio a Silvano Nebl

pag. 22-23

pag. 20-21

L’arte

Mercato dell’arte? Mark Grotjahn

Sphères Magique

icsARTsommario06Giugno 2016, Anno 5 - N.6

Storia dell’arte pag. 24-25Il microcosmo di Barbie - 3

pag. 29

pag. 28

pag. 32

pag. 30

pag. 31

Red Orange Brown Black Butterfly, 2005

Standard Lotus II, Bird of Paradise, 2012

La prospettiva è un punto di fuga rosso

Untitled, Lines on Black, 2004

Into and behind the green eyes, 2011

MARK GROTJAHN

MARK GROTJAHN

MARK GROTJAHN

Omaggio a MARK GROTJAHN

MARK GROTJAHN

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EDITORIALE

Omaggio a SILVANO NEBL

Questo mese icsART esce con un numero Spe-ciale: per la seconda volta (la prima riguardava Renato Pancheri), 'l'intervista' è virtuale poi-ché dedicata al noto pittore trentino Silvano Nebl scomparso il 18 giugno 1991, esattamente venticinque anni fa. Ci è sembrato importante ricordare questo artista nato e vissuto a Cles, innanzitutto per l'elevata qualità delle sue ope-re, come ben documentano le immagini che il-lustrano l'intervista e, in secondo luogo, perché troppo spesso ci si dimentica di pezzi importan-

ti della nostra storia locale essendo sempre oc-cupati a inseguire la grande cronaca della mo-dernità (e della mondanità). Abbiamo, quindi, voluto ripercorrere la storia e la carriera di questo importante artista assie-me alla sua famiglia, innanzitutto la moglie che è testimone diretta e lucida di tutta la vita, e i figli, in particolare Marcello, laureato in storia dell'arte, il quale coltiva con passione e compe-tenza la memoria artistica del padre. Le rispo-ste alle domande sull'attività dell'artista Silvano Nebl sono dunque il risultato della discussione collettiva della famiglia egregiamente riassunta

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POLITICHE CULTURALI

e sintetizzata dal figlio Marcello. E' opportuno dedicare questo omaggio di un artista scomparso ancora giovane proprio nel momento del suo riconoscimento a livello na-zionale, perché si tratta di un personaggio tut-tora ricordato da chi lo ha conosciuto nei suoi vari ruoli ma, purtroppo, assai poco dalle isti-tuzioni preposte alla valorizzazione del patri-monio culturale trentino. Ci riferiamo a musei e gallerie civiche che tendendo a sottovalutare gli artisti cosiddetti "tradizionali" sebbene più vicini al pubblico, preferendo promuovere au-tori sperimentali e di nicchia complessivamente abbastanza slegati dalle realtà locali. Invece, sa-rebbe necessario recuperare e mantenere viva una storia che è sì locale ma non provinciale perché l'arte, se è vera arte, non è mai provin-ciale. E, nel caso di Nebl, non si può non rico-noscere la verità implicita nella sua ricerca. in secondo luogo, è importante offrire a chi non lo conosce, in particolare le nuove generazioni di pittori, la possibilità di confrontarsi con un vir-tuoso sia del pennello che del pastello.Ciò non significa dover privilegiare a tutti i costi il "local" a scapito del "global", ma solamente valorizzare il contributo di artisti capaci di la-sciare il proprio segno personale. Silvano Nebl è uno di quei pittori che, coerentemente con il tipico carattere trentino del suo tempo, non ha mai urlato le sue ragioni ma ha preferito lasciar parlare le sue opere. Nel suo caso, l'intervento del critico è un di più che poco aggiunge a ciò che ognuno è in grado di 'sentire' autonoma-

A destra: SENZA TITOLO, 1990, pastello a olio su carta, 49x32 cm

A sinistra: LAGO DI SANTA GIUSTINA, 1986, olio su tela, 50x70 cm (collezione privata)

mente di fronte a dipinti che parlano il linguag-gio della pittura universale. Anche se i temi rap-presentati sono specifici del nostro territorio di montagna, il loro messaggio è immediatamen-te compreso perché vi si coglie il piacere inte-riore e l'adesione etica ed estetica che il pittore voleva comunicare. Nebl, in fondo, è uno degli ultimi rappresentan-ti di quella concezione romantica dell'arte che si è estinta con l'avanzare di nuovi ideali che dif-fidano del naturalismo e della bellezza in nome del mito ingenuo della Modernità.

Paolo Tomio

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Intervista su SILVANO NEBL

In basso: SENZA TITOLO, 1990, pastello a olio su carta, 32x49 cm

A sinistra: RIFLESSI DI UNA CATTEDRALE DOLOMI-TICA, 1990, pastello a olio su carta, 49x32 cm

Osservando con attenzione le sue opere, non si può non apprezzare la freschezza e la modernità dei luminosissimi olii e dei vellutati disegni a pastello con cui Silvano Nebl ha cantato le lodi della sua montagna e della sua terra. In ogni dipinto si intuisce un amore profondo, quasi viscerale, per la natura che lo circondava perché, di questa realtà egli era in grado di cogliere l'aspetto più in sintonia con l'animo umano come in una quiete pacificata. Si capisce bene che Nebl si sentiva un tutt'uno con il mondo naturale e che da lì traeva la sua forza tranquilla. L'artista amava la natura ma era anche in grado di rappresentarla con una tecnica pittorica personale perfettamente coerente con la complessità delle sue forme e dei suoi colori sempre mutevoli e cangianti. Per lui non si trattava solo di un dipinto ad olio o di un pastello su carta ma dell'intima necessità di rappresentare un momento particolare di comunione spirituale con le bellezze della natura sempre protagonista di tutte le sue opere come a dimostrare che solo dentro di essa si trova il senso della vita. Da autodidatta, Nebl aveva ideato un linguaggio in cui figurazione e astrazione riuscivano a convivere per comunicare le sue emozioni: la sua tecnica di scomposizione dei colori era concettual-mente simile a quella dei pittori divisionisti ma la sua capacità di entrare nello spirito degli elementi naturali, la luce filtrata dalle foglie multicolori, i riflessi dell'acqua nei laghi di montagna ma anche nelle città di mare, i vasti paesaggi come i luoghi più segreti ed emblematici della sua valle, era assolutamente personale e riconoscibile. Se il fine dell'arte è quello di dare emozioni e piacere per contribuire a migliorare l'uomo, Silvano Nebl è riuscito nel suo impegno.Paolo Tomio

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La vita di Silvano Nebl, almeno da giovane, non è stata facile: come ha inciso sul suo carattere?

Nel 1949, all’età di quindici anni, Silvano Nebl rimane orfano del padre Catullo. Una morte tragica e improvvisa che lascia Silvano solo con la madre anziana e non autosufficiente. Silvano coltiva la campagna di famiglia e accudisce la madre fra molte difficoltà. Il suo temperamento forte e deciso permette di affrontare la vita con coraggio e con una sempre più viva ammirazio-ne per lo stupore della natura. E’ proprio nella contemplazione della natura che Silvano trova la forza per affrontare il futuro e poi nella pittu-ra stessa per potersi confrontare ed immergersi in essa.

Quando, pur dovendo coltivare i terreni di fami-glia, ha cominciato a dedicarsi alla pittura?

Silvano si dedica già da piccolo al disegno e alla pittura. Proprio osservando un acquerello ese-guito all’età di dodici anni, il critico d'arte, pit-tore e docente dell'Accademia di Bologna prof. Italo Cinti, nei mesi estivi a Cles per le vacanze, decide di seguire il giovane Silvano e di dare il proprio insegnamento durante i soggiorni in valle di Non. Silvano affina così la propria tecni-ca trovando nella pittura ad olio la sua massima vocazione. A partire dagli anni Cinquanta dipin-ge con continuità e porta sempre con sé carta e penna per schizzare paesaggi montani o vedute urbane di Trento e Rovereto.

Il lavoro dell'agricoltore si svolge a contatto con LAGO DI TOVEL, 1988, olio su tela, 60x80 cm(collezione privata)

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SENTIERO NEL BOSCO, 1973, olio su tela, 50x40 cm(collezione privata)

VAL DI CEMBRA, 1991, pastello a olio su carta 64x49 cm (collezione privata)

la natura: ha avuto dei riflessi sul suo modo di concepire l'arte?

Silvano amava la campagna, la vedeva come momento di unione ancestrale fra uomo e na-tura; il suo amore per il paesaggio e per la natu-ra era chiaro in ogni istante e per questo trova-va nella pittura e nella rappresentazione intima della natura un momento di pace e riflessione.

Quali sono state le correnti artistiche o gli artisti che lo hanno influenzato?

Due correnti hanno influenzato particolarmen-te la pittura di Silvano: l’impressionismo e l’e-spressionismo. Di fatto lo stile elaborato nel corso degli anni è un neodivisionismo in cui i giochi di luce rimandano all’impressionismo francese mentre la pennellata rapida e decisa si avvicina a certe sperimentazioni dinamiche del futurismo. Silvano aveva scelto di espri-mersi all’interno di un ambito stilistico tradi-zionale nonostante amasse tutta l’arte, anche la più astratta e l’informale e nonostante l’arte pittorica vivesse proprio tra gli anni Sessanta e Settanta, a livello internazionale, un momento di forte crisi con la ribalta dell’arte povera, della pop art e dell’arte concettuale. Negli anni co-munque la sua pittura si è sempre più mossa verso l’astrazione senza mai abbandonare del tutto l’immagine, l’aspetto della natura al quale era fortemente legato.

Nel corso della sua carriera ha attraversato pe-riodi espressivi diversi? Quali tecniche ha utiliz-zato?

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ta con la pittura murale, lasciando numerose grandi opere su parete in varie località trentine. Nel 1990, complice anche la malattia che non permetteva a Silvano di lavorare facilmente con la pittura a olio, crea opere fra le più interes-santi e gestuali della propria carriera utilizzan-do carboncini a olio e tempere.

Ha avuto modo di conoscere artisti locali o na-zionali?

I rapporti con artisti locali e nazionali sono sta-ti molti, alcuni particolarmente forti. Rapporti spesso cercati e fortemente voluti seguendo il proprio desiderio di conoscenza e condivisione. Il primo fondamentale contatto è stato quello giovanile, già citato, con il docente dell’acca-demia di Bologna Italo Cinti, vero mentore per Silvano. Importanti sono state poi la frequenta-

Silvano ha amato cimentarsi con diversi medium artistici durante la propria carriera, tenendo co-munque come punto fermo la pittura ad olio e rimanendo in un ambito figurativo, arrivando solo negli ultimi anni a lambire l’astrazione. Dal punto di vista tecnico, nei primi anni Settanta, per un certo periodo, ha aggiunto nei suoi qua-dri importanti note materiche miscelando sab-bia al colore. Contemporaneamente ha iniziato ad affiancare alla pittura lavori in carboncino e soprattutto opere a stampa su rame. Grazie all’amico Carlo Bonacina, risiedente per lunghi periodi a Cles proprio in un’abitazione vicina a quella di Silvano, ha infatti appreso le tecniche di stampa fornendo anche il proprio studio di un torchio. Negli anni Ottanta produce poi diverse serie di serigrafie dedicate a scorci di Cles e si cimen-

VENEZIA, 1988, olio su tela, 60x80 cm(collezione privata)

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zione di Carlo Bonacina e l’amicizia con Othmar Winkler (che ha lasciato anche dei ritratti scul-torei di famiglia), con Paolo Valorz e con l’arti-giano/artista Luciano Zanoni. Nel 1985 Silvano è entrato nel Gruppo di Artisti Trentini ‘La Cer-chia’ con i quali, e in particolare con Mariano Fracalossi, Lino Lorenzin, Annamaria Rossi Zen, Marco Berlanda e Carla Caldonazzi ha stretto un fortissimo legame e condiviso decine di col-lettive in Italia ed in Europa. Nel 1990 infine, l’entrata come socio accade-mico nel GISM di Milano, ha dato la possibilità a Silvano di confrontarsi con numerosi grandi nomi nazionali e di stringere una forte amicizia con il critico Raffaele De Grada e la moglie pit-trice Maria Luisa Simone.

RISPECCHI A CAREZZA, 1979, olio su tela, 40x50 cm (courtesy Comune di Cles)

Era interessato a quello che avveniva nell’arte contemporanea?

L’interesse per l’arte contemporanea era sem-pre forte come l’amore verso la cultura e la co-noscenza in genere. La conoscenza delle più ag-giornate forme d’arte non ha fatto nascere però il desiderio in Nebl di rivoluzionare il proprio linguaggio ma solo di portarlo con naturalezza verso gradi di astrazione via via più elevati.

Come si può definire il suo stile? Quali sono le caratteristiche che lo rendono riconoscibile?

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di origine divisionista, sottopone anche le più ardite costruzioni coloristiche all’economia del tono come non volesse far sfuggire il nucleo pit-torico all’emozione primaria delle vegetazioni nel loro corso stagionale, i rossi autunnali, il blu delle ruote dei tacchini, i grigi verdi delle prima-vere imminenti’. Continua De Grada scrivendo di aver ‘conosciuto tanti pittori che dipingono boschi e laghi, Umberto Lilloni per esempio, ot-timi artisti. Ma se si confronta un bosco di Lillo-ni con uno di Nebl, quello del pittore parmense

Lo stile pittorico di Silvano è definito come neo divisionismo: il suo modo di operare è estre-mamente riconoscibile per i colori puri stesi a tasselli musivi, secondo sequenze e gradazioni che creano, nella visione d’insieme, un effetto plastico. Il grande critico Raffaele De Grada de-scrive perfettamente il suo stile scrivendo che ‘quasi temesse l’anarchia dell’informale, Nebl controlla la pennellata con la segmentazione

OSTINATA MELODIA DI BELLEZZA, 1989, olio su tela, 60x50 cm (collezione privata)

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LUCE TRA LE FOGLIE D'IPPOCASTANO, 1975olio su tela, 80x60 cm (collezione privata)

sembra un’antica stampa colorata. Di fronte a un quadro di Nebl si ha invece il senso di ab-bandonare la campagna abitata per inserirsi all’interno di un bosco, in uno spazio remoto dal mediocre brusio dell’umanità’.

La natura, in tutte le sue forme, si può dire che sia sempre centrale nelle sue opere?

Senza dubbio al centro dell’opera di Silvano c’è la rappresentazione della natura; spesso però questa descrizione non è fine a se stessa ma è pretesto per riflettere sulla condizione umana, sulla vita e sulla morte. Il tema dei fiori è spesso appunto metafora della vita come nei cicli degli anni Settanta intitolati ‘Ciclo vitale’ e la rappre-

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rappresentazione austera e drammatica del-l’’Ecce Homo’.

Anche se la sua sembra una pittura 'en plein air', so che dipingeva in studio.

Esattamente. Silvano amava le lunghe cam-minate nella natura che andava ammirando, assorbiva sensazioni e scattava centinaia di fo-tografie per cogliere l’attimo in cui la luce è al massimo dell’efficacia chiaroscurale. In studio poi dipingeva lavorando di getto con una stra-ordinaria rapidità: preparava sempre la tela con una base di color vinaccia (che traspare fra le tessere a olio), definiva poi il disegno con un carboncino di colore bianco ed infine passava all’uso del colore. Come ha scritto Fiorenzo De-gasperi in occasione della retrospettiva di Pa-lazzo Assessorile del 2001, il lavoro sulla tela è ‘totalmente giocato sugli stilemi cromatici e, innanzitutto, sulla luce. Il valore della luce è

sentazione delle superfici limpide dei laghi al-pini degli anni Ottanta è nato per affrontare la tematica dello specchio (inganno e rivelazione) e dell’acqua fonte di vita.

Mi sembra che non fosse particolarmente inte-ressato alla figura umana?

La rappresentazione della figura umana non è tema centrale dell’opera di Silvano. Come gran parte degli artisti si è però confrontato con essa sia in studi a matita e pastello giovanili, sia nei primi anni Settanta quando apre un ciclo di opere a olio e a carboncino sul ritratto, in par-ticolare fissando gli atteggiamenti e gli sguardi segnati di anziani e contadini. Nel 1983 infine lavora scolpendo nel legno al-cuni visi (‘Volto di donna’, ‘Sguardo’, ‘Fumato-re’) raggiungendo un notevole risultato nella

LE SCALETTE, 1985, olio su tela, 50x60 cm(collezione privata)

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un dato fondamentale della pittura di Silvano Nebl. E’ attraverso il costante dialogo della luce con l’ombra che scaturisce l’opera intesa non come momento statico ma dinamico, in conti-nua evoluzione e mutazione’.

Quando nasce il suo caratteristico tema dei ri-flessi dell'acqua in cui si raggiunge il massimo dell’astrazione?

Il ciclo delle ‘Acque dipinte’ ha caratterizzato l’ultimo decennio dell’operato di Silvano. E’ il ciclo più armonico e completo ed anche il più stilisticamente equilibrato che mio padre abbia offerto prima della sua morte. Ci preme anche qui citare le parole di Fiorenzo Degasperi che scrive come questo ciclo ‘si dilunga per anni e non è esclusivo. Nel senso che l’artista continua ad affrontare i temi legati alla natura morta e al paesaggio con la stessa intensità e serietà che lo contraddistingue. Ma nelle acque trova la sua specificità, il luogo eletto per far valere tutta la VENEZIA, 1988, olio su tela, 50x70 cm

(collezione privata)

sua bravura impaginativa. Vi trova soprattutto il senso del movimento, della dinamicità. Torren-ti, cascate, vortici d’acqua, vento che increspa l’onda. Tutte le opere hanno questo comune denominatore: il loro essere frementi, spumeg-gianti, vive, che a loro volta trasmettono vita’. ‘Acque dipinte’ rappresenta un ciclo che diviene testamento artistico di Silvano: anche durante la malattia non lo abbandona e affronta il tema del riflesso, dello specchio, anche attraverso il carboncino su carta rendendo il lavoro sempre più luminoso e astratto, a tratti gestuale.

Ha sempre avuto anche un rapporto stretto con il territorio della valle che ha rappresentato in numerosi paesaggi?

Silvano ha avuto un rapporto stretto non solo con la valle di Non (in particolare con la val di Tovel e le Dolomiti di Brenta) ma anche con al-

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LARICI DORATI, 1983, olio su tela, 80x60 cm(collezione privata)

ONDE CONCENTRICHE, 1990, pastello e tempera su carta, 50x70 cm

tre valli trentine che lo hanno catturato per ma-gia e armonia, in particolare con la Val di Fas-sa ricca di boschi e la Val di Cembra dal ruvido profilo.

Era un artista aperto e attivo che ha esposto molto anche fuori del Trentino, ottenendo criti-che positive a livello nazionale?

Silvano ha iniziato ad esporre fuori dai confini regionali già alla fine degli anni Sessanta. Del 1969 è la prima partecipazione all’estero con una collettiva di sessanta paesaggisti europei a Bruxelles e del 1970 le prime personali extrare-gionali (alla Galleria Giulio Romano di Mantova ed alla Galleria Vicolo Gomma di Rimini). Negli anni si susseguono poi le esposizioni di rilevan-za fra le quali l’importante partecipazione alla mostra ‘Gli artisti d’Italia a Parigi’, presso il mu-

nicipio della capitale francese del 1979, la per-sonale di Milano alla Galleria Bolzani del 1986, quindi la mostra organizzata dall’Istituto Italia-no di Cultura assieme a Luciano Zanoni nella Galerie Claudiana di Innsbruck del 1989.Dalla metà degli anni Settanta la pittura diviene l’attività principale di Silvano.

Tuo padre è stato anche molto impegnato nella sua comunità, sia nella cultura che nel sociale?

E’ vero. Dal 1967 al 1973 è stato Presidente del Consorzio Frutticoltori di Cles e fondatore del primo magazzino frutta, nel 1977 è stato fra i fondatori della Pro Cultura Centro Studi Nonesi e dal 1980 al 1983 è stato Presidente della Pro Loco di Cles.

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SILVANO NEBL (Cles, 1934 - 1991) Nasce a Cles il 5 ottobre 1934. L’innata sensibilità per la delicatezza degli aspetti del reale (peculiarità che lo accomuna al nonno fotografo Egidius) si coglie già nelle sue opere giovanili, come nell’acquerello raffigurante una chiesetta di montagna eseguito all’età di dodici anni. Gli iniziali esperimenti pittorici degli anni quaranta vengono appoggiati dagli insegnamenti del pittore e critico d’arte bolognese Italo Cinti che a Cles passa i mesi estivi per le vacanze. Alla morte improvvisa e tragica del padre Catullo nel 1949 Nebl si dedica alla coltivazione dei terreni della famiglia. L’età avanzata e i problemi di salute della madre Giovanna non gli permettono una giovinezza facile; fortunatamente egli riesce a trovare nella pittura e nel rapporto diretto con la natura un momento di pace e riflessione, uno stacco netto dalle fatiche giornaliere. Comincia così verso la fine degli anni Cinquanta a dedicarsi con più continuità all’arte, affinando la sua tecnica pittorica; nel 1968 allestisce la prima mostra personale, a Cles, nel Palazzo Assessorile. Tra il 1969 e il 1973, periodo nel quale comincia a sviluppare in modo analitico e profondo il tema del paesaggio, dipinge spesso nei suoi quadri anche figure di contadini intenti al lavoro nei campi, sguardi intensi di anziani che fumano la pipa: questo è l’unico momento del suo percorso artistico in cui l’uomo entra direttamente nelle sue opere. Dalla fine degli anni Sessanta l’amore per l’arte e per la sua terra si fonde con il desiderio concreto di dedicarsi anche al bene della comunità ricoprendo diverse

cariche, dalla presidenza del Consorzio Ortofrutticolo di Cles a quella della Pro Loco del capoluogo anaune.Dal 1974, terminato il ciclo di opere sul ritratto, Nebl si dedica esclusivamente alla rappresentazione della natura e del paesaggio inoltrandosi con più decisione in una ricerca e in una poetica nettamente più personali. Nel frattempo riesce a riscuotere un certo successo e a fare della pittura una occupazione che lo porterà a poter considerare il lavoro nella campagna come secondario; molte soddisfazioni vengono raccolte nelle svariate mostre personali e nelle collettive che lo fanno conoscere anche fuori dall’ambiente regionale e soprattutto gli permettono di confrontarsi con artisti italiani e stranieri. In quegli anni sono da ricordare le personali di Modena al Centro Studi Muratori (1973), di Venezia alla Galleria d’Arte Il Riccio (1974), di Bologna alla Galleria d’Arte Portici (1975), di Trieste alla Galleria d’Arte Tribbio 2 (1976).Durante la seconda metà degli anni Settanta Nebl vede nelle valli trentine, nei fiori del bosco, nei vigneti, nelle ali variopinte delle farfalle spunti per poter dimostrare la raggiunta maturità nell’uso del colore, per poter liberarsi in sapienti giochi di luce; i temi sviluppati sul fiore (“Ciclo vitale”, 1977) e sulla farfalla (“Farfalle attratte e avvinte”, 1977) sono anche l’occasione per poter riflettere sulla condizione umana, divenendo metafore di una realtà che da Nebl non viene mai vista come negativa e opprimente. Del 1977 è la prima personale all’estero presso lo Steigenberger Hotel di Costanza, in Germania, mentre del 1979 l’importante partecipazione all’esposizione ‘Gli artisti d’Italia a Parigi’, presso il municipio della capitale francese.Con l’inizio degli anni Ottanta, quando entra a far parte del gruppo di artisti trentini “La Cerchia”, Nebl inaugura la serie delle “Acque dipinte”, il ciclo “più completo, maturo, stilisticamente equilibrato ed armonico” (Fiorenzo Degasperi).E’ con questo ciclo di opere che Silvano Nebl trova il successo pieno prima nella personale di Milano alla Galleria Bolzani (1986), quindi nella mostra organizzata dall’Istituto Italiano di Cultura assieme a Luciano Zanoni nella Galerie Claudiana di Innsbruck (1989)”. Nel 1990 ha l’onore di entrare come “socio accademico” nel “Gruppo Italiano Scrittori di Montagna – Accademia di Arte e Cultura Alpina”; con il GISM ha la possibilità di partecipare a quelle che saranno le sue ultime due esposizioni (mostre collettive di Milano e di San Vigilio di Marebbe).Il 20 gennaio 1991, pochi mesi prima della scomparsa di Silvano Nebl, il grande critico d’arte milanese Raffaele

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De Grada descrive così l’opera del pittore clesiano: “…E’ tendenza antichissima dei poeti di fornire l’idea di pace dell’animo nella contemplazione della natura. Questo stesso senso di immacolata perfezione della natura è perseguito da Nebl nei suoi quadri rettangolari che si allungano dalle superfici del lago verso la parete della montagna con una serie di pennellate strette che costituiscono diaframmi ottici come si elevasse un muro di ombre e luci senza spazi intercorrenti. Il pittore guarda dal basso, dal piano del lago, verso l’alto della montagna come un fedele che misuri il superbo colonnato di una cattedrale gotica. Nella nostra vita cittadina ciò che più dispiace perdere al mondo è questo amore della montagna che si manifesta soprattutto nell’emozione che dà un torrente nel liberarsi delle acque come suono e come impulso di bianchi spumeggianti. Quasi temesse l’anarchia dell’informale, Nebl controlla la pennellata con la segmentazione di origine divisionista, sottopone anche le più ardite costruzioni coloristiche all’economia del tono come non volesse far sfuggire il nucleo pittorico all’emozione primaria delle vegetazioni nel loro corso stagionale, i rossi autunnali, il blu delle ruote dei tacchini, i grigi verdi delle primavere imminenti… Ho conosciuto tanti pittori che dipingono boschi e laghi, Umberto Lilloni per esempio, ottimi artisti. Ma se si confronta un bosco di Lilloni con uno di Nebl, quello del pittore parmense sembra un’antica stampa colorata. Di fronte a un quadro di Nebl si ha invece il senso di abbandonare la campagna abitata per inserirsi all’interno di un bosco, in uno spazio remoto dal mediocre brusio dell’umanità. Quando ci si immette nella sua figurazione – pittura o incisione che sia – è come ci si spalancasse un portone che ci introduce in un paese d’Arcadia, quella del Trentino, dei suoi laghetti e delle sue montagne, dei suoi boschi e dei suoi vigneti”.Il 18 giugno 1991, nel pieno dell’attività e del successo che giorno dopo giorno gli veniva riconosciuto, una grave malattia porta Silvano Nebl in quel mondo fatto di luce che tante volte aveva raffigurato nei suoi quadri.Nel 1992 il gruppo di artisti trentini de ‘La Cerchia’ omaggia Silvano Nebl con due esposizioni a lui dedicate, al Palazzo Trentini di Trento e al Palazzo Assessorile di Cles. Nel 2001, a dieci anni dalla morte, la Pro Cultura-Centro Studi Nonesi organizza una vasta antologica presso il Palazzo Assessorile di Cles.Negli ultimi anni opere di Nebl sono state esposte in numerose mostre sull’arte trentina del Novecento, fra le quali la mostra del 2005 al Palazzo della Regione sulla ‘Collezione di opere d’arte della Regione Autonoma Trentino Alto Adige’ e l’esposizione del 2011 ‘Un tempo nell’arte’ presso la Torre Mirana di Trento.

icsART N. 6 2016Periodico di arte e cultura

della icsART

Curatore e responsabile Paolo Tomio

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Untitled (Red Butterfly II Giallo MARK Grotjahn P-08 752), 2008, olio su tela, 185x138 cm, Christie's New

York 2012, venduto a $ 4.170.500 (€ 3.273.500)

MERCATO DELL’ARTE ?

MARK GROTJAHN (1968), Untitled (Into and behind the green eyes of the Tiger Monkey face 43.18), 2011, olio e cartone montato su tela, 122x 94 cm, Sotheby’s New York 2015, venduto a $ $ 6.522.000 (€ 5.812.834) Vedi a pag. 28.Mark Grotjahn è un giovane pittore e scultore americano (di origine tedesca) che vive a Los Angeles, poco conosciuto al di fuori degli Stati Uniti ma arrivato inspiegabilmente a quotazioni elevatissime nelle aste di questi ultimi anni. Pa-gare sei milioni e mezzo di dollari per una tela di dimensioni piuttosto limitate del 2011, sti-

mata da Sotheby dai 2 ai 3milioni di dollari, per di più di un autore vivente appena approdato a un nuovo stile pittorico dopo aver cambiato più volte quelli precedenti, è difficile da compren-dere almeno che non sia estraneo il fatto che la sua galleria sia Gagosian. A tutt'oggi le opere del pittore possono esse-re suddivise in almeno tre stili completamente diversi tra di loro: i dipinti mimetici e materici "dei segni e disegni" (vedi a sinistra), le opere astratte delle 'Butterflies' impostate sul rigore geometrico della prospettiva (vedi a destra e a pag.30), e infine, il figurativo e quasi gestua-le di volti elementari simili a maschere (vedi a pag.29). Perciò non è semplice parlare di un au-tore così disinvoltamente polivalente.A partire dal 1997 Grotjahn ha proposto per molti anni il suo 'trademark form' (marchio) semplice e immediatamente riconoscibile che egli identificava come 'Butterfly' (farfalle), for-me regolari a stesure piatte del colore composte da linee radianti convergenti su uno o più punti di fuga, esattamente come le linee di costruzio-ne utilizzate nelle prospettive centrali per cre-are l'illusione di oggetti nello spazio. L'artista ha esplorato tutte le combinazioni offerte dalle

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Untitled (Butterfly Giallo II 782), 2008, olio su tela, 122x96 cm, Sotheby's New York 2013, venduto a $ 2.105.000 (€ 1.628.880)

Untitled (Three-Tiered Perspective), 1999, olio su tela su pannello, 152x122 cm, Christie's New York 2013, venduto a $ 1.445.000 (€ 1.072.600)

MARK GROTJAHN

'Butterflies' passando sia per delle sperimen-tazioni praticamente monocromatiche (vedi in basso) sia, all'opposto, per le 'Three-Tiered Per-spective', prospettive a più livelli (vedi a destra), composizioni cromaticamente molto ricche, di intricati angoli radianti che alludono a molte-plici immagini apparse nella storia della pittura moderna, come quelle del Costruttivismo stori-co e l'Optical Art degli anni '60.Nel 2008, in seguito a un incidente alla spalla, Grotjahn si è orientato verso delle modalità espressive radicalmente diverse con il ciclo di Facce abbastanza inguardabili: il pittore spiega che, mentre le dipingeva, pensava a babbuini o scimmie, riconoscendo di essere stato influen-zato inconsapevolmente dall'arte africana o da artisti come Picasso che, a loro volta, ne erano stati influenzati.Con le ultime opere denominate con suggesti-vi e interminabili titoli che hanno avuto inizio a partire dal 2011, è avvenuto il passaggio ai cartoni materici prodotti con una tecnica che spezza a tratti il segno eseguita quasi esclusi-vamente a spatola. Nei nuovi dipinti corrono fasci di righe come corde che si intrecciano e si sovrappongono l'un l'altra creando dei fiumi di impasti colorati simili a una foresta lussu-

reggiante in cui sembra di intuire presenze in-quietanti. Il processo della pittura rende la su-perficie stratificata complessa, densa, tattile e cangiante a seconda della distanza dal dipinto. Non sono chiare le motivazioni di questi repen-tini cambiamenti tecnici e linguistici che hanno poco o nulla in comune tra di loro, comunque, il mercato li ha premiati e ora non rimane che attendere ulteriori future evoluzioni.

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LA FORMA DI DIO

Tutte le forme pure sono perfette ma nessuna può eguagliare la perfezione della sfera, il soli-do che possiede caratteristiche geometriche, fi-siche e formali assolutamente uniche. La sfera, infatti, è sempre stata considerata un oggetto magico perché è l'unico solido che è sempre uguale a sè stesso da qualsiasi punto lo si guar-di e, anche se finito, non avendo un inizio e una fine, è percorribile illimitatamente. Come il cer-chio da cui deriva (la sfera è un solido di rotazio-ne generato da un cerchio che ruota intorno al proprio diametro), essendo sprovvista di angoli e di spigoli simboleggia l’armonia grazie all’as-senza di opposizioni.Osservandola e toccandola si possono intuire alcune proprietà di questa forma liscia e perfet-ta, seducente alla vista e gradevole al tatto che sembra in grado di concentrare in sé, allo stesso tempo, il concetto di infinitamente grande e in-finitamente piccolo. Infatti, ha sempre rappre-sentato simbolicamente nell'immaginario degli uomini il "Tutto": la "sfera" celeste come anche la perfezione di Dio.

Si sa che già Parmenide paragonava il mondo a una sfera sempre uguale a sè stessa nello spa-zio e nel tempo, chiusa e finita, dove, per gli an-tichi greci, il finito era sinonimo di perfezione. L'ipotesi del filosofo collima suggestivamente con la Teoria della relatività di Einstein il qua-le riteneva che l'universo, sebbene illimitato, fosse uno spazio curvo ripiegato su se stesso e chiuso all'infinito, ovvero, una sfera. Questa idea dellA perfezione della sfera pog-gia anche su considerazioni più scientifiche in quanto, dal punto di vista geometrico è il solido più "intelligente" poiché racchiude il maggiore volume con la minore superficie esterna, co-erentemente con la logica innata della natura di ottenere la massima economia delle risorse. Ciò spiega perché a tale forma tendano molti oggetti fisici, dagli immensi corpi celesti alle aeree e trasparenti bolle di sapone in cui la ten-sione superficiale tende a raggiungere lo stato di equilibrio tra le forze interne e quelle ester-ne. Anche se, forse, è un approccio più artistico quello che permette di penetrare nei segreti

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LA FORMA DI DIO SPHÈRES MAGIQUE

più affascinanti di questa magica Sphaera. Le Industries françaises de verre (l'Associazione delle aziende francesi del vetro) hanno voluto testimoniare nella mostra "Sphères Magique" la sorprendente e inaspettata bellezza di uno dei loro prodotti, le minuscole e comunissime biglie di vetro. Questa installazione molto ori-ginale permette ai visitatori di scoprire l'univer-so infinito e invisibile nascosto al loro interno che solo la fantasia dei bambini è sempre stata capace di immaginare. Il gioco con le biglie di vetro, infatti, è stata una delle attività all'aria aperta più praticate dai bambini nei cortili e nelle strade di mezzo mondo ma oggi, quelle piccole sfere colorate, sono ricercate quasi solo da collezionisti e nostalgici. Eppure racchiudo-no nella materia trasparente forme organiche affascinanti e colori dalle mille sfumature, dei veri e propri mondi luminosissimi dai disegni assolutamente fantastici che nessuna altra tec-nica artistica è in grado di eguagliare. Le decine di gigantesche sfere di vetro (del diametro di circa 120 cm) esposte alla mostra,

sono state ottenute riproducendo in una scala 10 volte più grande le normali biglie da gioco; i complessi e sofisticati procedimenti utilizza-ti per realizzare sfere di vetro decorato in pa-sta di quel diametro e conseguente peso, non sono stati resi pubblici perché hanno richiesto la soluzione di enormi problemi tecnologici e l'applicazione dell'abilità e l'impegno di tutti gli artigiani-artisti esperti del settore. Grazie alle straordinarie dimensioni dei globi mai raggiun-te finora, il rapporto con l'osservatore viene stravolto perché questi si sente sprofondare nel mondo liquido delle sfere come in uno spazio senza fine dai mille disegni e riflessi cangianti. Le enormi biglie decorate e colorate riescono a coniugare le caratteristiche di perfezione astrat-ta e assoluta specifiche della sfera alle preroga-tive sempre imprevedibili proprie del vetro, un materiale anch'esso magico per la sua proprie-tà di creare fenomeni ottici connessi alla forma curva ed esaltare qualsiasi variazione delle luci e delle ombre producendo sempre nuovi effetti simbolici ed evocativi meravigliosi.

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STORIA DELL’ARTE

E' praticamente impossibile ripercorrere lo svi-luppo dei modelli sempre nuovi e i continui cambiamenti a cui la Barbie Doll è stata sottopo-sta in 57 anni. E' interessante, invece, approfon-dire alcuni fatti che hanno contribuito alle sue

trasformazioni, ad esempio quando le Barbie sono state adeguate ai tempi rispecchiando l'e-voluzione sociale e culturale e prendendo atto della crescente importanza dei cittadini statuni-tensi di colore: in fondo, pur sempre 30 milioni di consumatori. Nel 1968 ha fatto il suo debut-to Christie che è considerata la prima Barbie di colore nonostante le caratteristiche caucasiche ("Barbie dipped in chocolate", "immersa nel cioccolato", secondo i neri). E' solo nel 1980 che è messa in vendita "Black Barbie" (vedi a sinistra), una graziosa bambola afro-americana dai caratteri somatici però ancora poco verosi-mili a cui seguiranno poi, nel corso dei decenni successivi, numerose Barbie di colore sia ame-ricane sia provenienti da altri paesi. Uno dei cambiamenti più radicali introdotti è scaturito dall'accusa mossa alle Barbie di istiga-zione all'anoressia a causa delle dimensioni del loro corpo che, secondo molti critici, avrebbe-ro contribuito a far crescere nelle giovanissime utenti, l'impossibile desiderio di assomigliare all'ultra sottile bamboletta. Le pesanti e lunghe polemiche che ne sono seguite hanno convinto la Mattel ad allargare nel 1997 il giro vita della bambola e rendere più realistiche le proporzio-ni del suo corpo. Al di là delle giuste critiche su un certo gusto stereotipato, le Barbie hanno sicuramente raggiunto anche elevatissimi livelli qualitativi nelle finiture e nel realismo espres-sivo diventando per bimbe, ragazzine (e madri) un'icona di bellezza e di eleganza, influendo sul gusto di intere generazioni e funzionando come modello di un canone di perfezione irraggiungi-bile (Vedi immagini). I visi riprendono spesso i personaggi dello spettacolo più amati e i vestiti e gli accessori sono copiati o disegnati da grandi stilisti; confrontando le trasformazioni dell'ab-bigliamento delle Barbie è possibile ricostruire

IL MICROCOSMO DI BARBIE - 3

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STORIA DELL’ARTE

con esattezza i vari periodi storici della società occidentale. Nel corso di oltre mezzo secolo di vita Barbie si è progressivamente emancipata assumendo ruoli sociali sempre più importanti: astronau-ta (1965), dottoressa (1988), pilota da corsa (1998) fino a presentarsi come candidata Pre-sidente degli Sati uniti nel 2004. La grande no-vità riguarda il restyling delle Barbie forse più importante di sempre avvenuto quest'anno quando sono stati presentati tre nuovi modelli: ‘Curvy’ (formosa), ‘Petite’ (piccola) e ‘Tall’ (alta) vedi a destra in basso. Anche se è ancora pre-sto per comprendere quali saranno le reazioni dei consumatori di fronte a questa rivoluzione, comunque si devono apprezzare sia la volontà della Mattel di essere 'politically correct', sia il suo coraggio e la lungimiranza commerciale per essere stata capace di rimettere in discussione delle certezze consolidate. Forse, ancora una volta, Barbie riuscirà a cogliere ed esprimere i cambiamenti in atto nella società americana prima di tanti esperti. Non tutta la storia di Barbie, però, è stata indo-lore: tutt'altro. La produzione di modelli simili ma dalle forme più sensuali e provocatorie da parte della concorrenza ha dato inizio a lunghe e milionarie battaglie legali sul copyright che sono state un primo segnale di crisi del setto-re. Inoltre, nel 2002, la Mattel ha chiuso la sua ultima fabbrica negli Stati Uniti esternalizzando la produzione in Cina ma, cinque anni dopo, ha dovuto richiamare 18 milioni di pezzi che ave-vano contravvenuto alla normativa americana a causa dei rivestimenti superficiali contenenti piombo. Quando nel 1959 Ruth Handler, ave-va copiato-inventato la sinuosa mini bambola, non poteva certo immaginare che di quel nuo-vo giocattolo sarebbero state vendute oltre un

miliardo di pezzi e, tanto meno, l'impatto antro-pologico che esso avrebbe avuto sulla cultura di massa occidentale. Oggi si può affermare che, senza ombra di dubbio, Barbie, nel suo "picco-lo", ha cambiato la Storia.

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News dal mondo

pag. 29

pag. 28

pag. 32

pag. 30

pag. 31

Red Orange Brown Black Butterfly, 2005

Standard Lotus II, Bird of Paradise, 2012

La prospettiva è un punto di fuga, 2015

Untitled, Lines on Black, 2004

Into and behind the green eyes, 2011

Giugno 2016, Anno 5 - N.6

MARK GROTJAHN

MARK GROTJAHN

MARK GROTJAHN

Omaggio a MARK GROTJAHN

MARK GROTJAHN

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MARK GROTJAHN, Untitled (into and behind the green eyes of the Tiger Monkey face 43.18), 2011, 122x94 cm, Sotheby’s N.Y. 2015, venduto a $ $ 6.522.000 (€ 5.812.834)

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MARK GROTJAHN, Untitled, Lines on Black, 2004 olio su tela 153x127 cm, Phillips New York 2013

venduto a $ 1.805.000 (€ 1.347.500)

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MARK GROTJAHN, Untitled, Red Orange Brown Black Butter-fly 560), 2005, matita colorata su carta, 150x122 cm, Sothe-by’s New York 2014, venduto a $ 1.325.000 (€ 965.900)

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MARK GROTJAHN, Untitled (Standard Lotus No. II, Bird of Paradise Tiger Mouth), 2012, olio su cartone, 185×136 cm,

Christie New York 2013, venduto a $ 6.510.000 (€ 5.001.500)

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PAOLO TOMIO, Omaggio a MARK GROTJAHN La prospettiva è un punto di fuga rosso, 2015fine art su Dibond, 75x52 cm

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